26
feb

Verdi, requiem scritto da un genio del teatro

Verdi era un uomo credente o ateo? Il Requiem è musica sacra o musica “teatrale”? Sono tanti gli interrogativi che accompagnano la lunga storia di un capolavoro, concepito nella sua prima stesura in memoria di Gioachino Rossini e poi completato per la morte di Alessandro Manzoni. Eppure è facile, ascoltandola, capire che Giuseppe Verdi nella sua Messa da Requiem cerca il divino. Gli pone domande. E si pone di fronte al mistero della morte. Come nel famosissimo incipit del Dies Irae:

E’ musica scritta da un genio del teatro, che abbandona il melodramma, ma non la bellezza del canto. Puntiglioso come pochi altri compositori della Storia, egli sottolineò questi aspetti nelle molte lettere che accompagnarono la difficile gestazione della Messa: fino alla prima nella chiesa di S. Marco, concessa benché la partitura prevedesse due donne soliste. Il Requiem di Verdi –vero banco di prova per i grandi interpreti - annovera molte esecuzioni leggendarie. Opera sconvolgente e piena di interrogativi, inquietante e poeticissima, come dimostra la sublime melodia dell’Offertorio che qui ascoltiamo dalla voce di Beniamo Gigli, con la direzione del grande Tullio Serafin.


Giorgio Vitali

Pubblicato il 26 febbraio 2013 - Commenti (0)
26
feb

Manzoni, Verdi e Hayez nella Milano dell’800


Francesco Hayez, Crocifisso con la Maddalena, 1825-1827, Milano, Museo Diocesano
Amburgo, Hamburger Kunsthalle

Verdi, Milano, Manzoni. Questi tre nomi hanno in comune una contemporaneità geografica e culturale: siamo nel capoluogo lombardo, nel clima artistico e sociale del Risorgimento. Nel 1848 con le sue gloriose cinque giornate Milano si liberava dal giogo austriaco. Qualche anno dopo, e siamo nel 1873, a Milano moriva Alessandro Manzoni,il grande romanziere che nei Promessi Sposi aveva coniugato gli ideali risorgimentali ai valori cristiani. Per celebrare l’anniversario della sua morte Giuseppe Verdi (1813-1901) compone e fa eseguire nella chiesa milanese di san Marco la Messa da requiem (22 maggio del 1874). Il grande compositore, nativo di Busseto, aveva già composto il Nabucco e la famosa trilogia nazional-popolare: Rigoletto, Trovatore e Traviata. 

 

Per gli ideali risorgimentali Verdi rappresentava nella musica quel mondo che Manzoni esprimeva in letteratura. Accanto a loro, a completare il terzetto nazional-popolare, Francesco  Hayez che in pittura rappresentò quegli ideali che segnarono l’immaginario collettivo del nostro Ottocento. Sullo sfondo la città di Milano con il conservatorio Giuseppe Verdi, il teatro Manzoni e l’Accademia di Brera dove Hayez insegnò per mezzo secolo, dal 1822 al 1879. Suo è il celebre ritratto di Manzoni dipinto nel 1841 e che si trova a Brera. Sempre nella pinacoteca milanese è conservato il celebratissimo Bacio di Hayez (1859) icona dell’amore romantico e passionale.

 

Tornando alla Messa da Requiem di Verdi i critici notano che sull’elemento religioso prevalgono sentimenti terreni come il dolore, il terrore, l’angoscia, la speranza e l’attesa del giudizio. In parallelo Francesco Hayez, affrontando un tema religioso come Crocifisso con la Maddalena descrive la donna come un’eroina risorgimentale e romantica che langue ai piedi di un Gesù crocifisso di cui è senz’altro, segretamente, innamorata.  

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 26 febbraio 2013 - Commenti (0)
20
feb

Mozart: la Messa dell'Incoronazione

Molti capolavori della storia della musica non trovano spiegazioni storiche certe sulla loro genesi. Ed ancora più misteriosi sono i titoli a loro attribuiti. L’”Incoronazione” a cui fa riferimento una delle più famose ed amate Messe di Mozart per esempio potrebbe essere riferita non all’ascesa al trono di un sovrano, ma alla consacrazione di un’immagine della Vergine. Ma quel che rimane essenziale per noi che ne ammiriamo la bellezza melodica e che rimaniamo rapiti dalla profondità dell’ispirazione è un altro aspetto: molto evidente in questo straordinario frammento

La Messa di Mozart è pensata e scritta per conquistare il cuore, l’attenzione, l’ammirazione del pubblico. Con un termine che non ha nulla di negativo, potremmo dire che è “popolare”. E questo capolavoro, eseguitissimo fino ai nostri giorni, coronò anche un sogno del grande direttore Herbert von Karajan: lo volle infatti dirigere in San Pietro, durante la celebrazione eucaristica del Papa. Accadde nel 1985, con Giovanni Paolo II.
E l’emozione fu grande ed è ancora percepibile in questo video di quella storica esecuzione:

 

Giorgio Vitali

Pubblicato il 20 febbraio 2013 - Commenti (0)
20
feb

Una messa dedicata all’icona della Madonna

L'icona della Vergine.
L'icona della Vergine.

La prima della Messa in do maggiore cosiddetta “dell’Incoronazione,  composta dal ventitreenne Wolfang Amadeus Mozart fu eseguita il 20 giugno 1779 nel Santuario di Maria Plain. Il posto suggestivo situato a Bergheim su una collina a 4 chilometri dalla città offre uno splendido panorama su Salisburgo e le Alpi austriache.

Il santuario, nominato basilica minore nel 1951, è meta di pellegrinaggi da tutta l’Austria e di passeggiate fuori porta da parte dei salisburghesi. L’occasione per comporre questa Messa fu l’anniversario dell’Incoronazione (1751) dell’icona della Vergine qui conservata e ritenuta miracolosa per aver salvato la città durante la Guerra di Successione nel 1744.

Nel dettato musicale Mozart si allontana di canoni della Messa barocca e utilizza un linguaggio più popolare, anticipando addirittura alcuni passaggi poi sviluppati qualche anno dopo nel Flauto magico (1791).  Nel 1781, insofferente al ristretto clima cultura salisburghese, Mozart si trasferirà a Vienna dove morirà prematuramente nel dicembre del 1791.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 20 febbraio 2013 - Commenti (0)
13
feb

Vivaldi, musica per gli ultimi di Venezia

Gli Ospedali della Venezia del XVIII secolo offrivano la loro ospitalità ad orfani, bambini abbandonati e poveri. L’attività musicale che vi si svolgeva era intensissima. Ed Antonio Vivaldi fu chiamato dal Pio Ospedale della Pietà fra il 1713 ed il 1719 ad offrire un contributo, rimasto decisivo nella storia della musica.
Le giovani ospiti degli ospedali erano oggetto di ammirazione e di un passaparola che richiamava addirittura visitatori forestieri. Il cronista Charles de Brosses così ne parlò: “La musica eccezionale è quella degli Ospedali dove le “putte” cantano come gli angeli e suonano il violino, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto”. Ecco una ricostruzione di quelle atmosfere, con l’esecuzione di una delle pagine del cd:

Il contesto che ne ha propiziato la composizione fa comprendere la dimensione intima e poco mondana della straordinaria musica sacra di Vivaldi. Che è stata riscoperta solo nel secolo XIX: con la sua poesia, ma anche con una carica spirituale che fa prorompere il canto.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 13 febbraio 2013 - Commenti (0)
13
feb

Vedutismo veneziano al tempo di Vivaldi

Antonio Canaletto, Lo sposalizio del mare, Mosca, museo Pushkin (immagine Scala)

Antonio Vivaldi (1678-1741), grande violinista e compositore veneziano, soprannominato il “prete rosso” per via della sua chioma fulva, anche se all’età di 28 anni, pur restando molto devoto, non esercitò più l’ufficio ecclesiastico per motivi di salute.
Negli anni tra il 1713 e il 1719 lo troviamo impegnato a scrivere le sue Corali sacre per il Pio Ospedale della Pietà, dove le giovani orfanelle venivano istruite con grande serietà professionale al canto e alla musica strumentale.
Siamo in un’epoca in cui Venezia, nonostante il suo inarrestabile declino economico e politico, nel campo delle arti eccelleva. Per la musica ricordiamo Benedetto Marcello e Tommaso Albinoni. Per la pittura Antonio Cataletto, Francesco Guardi, Bernardo Bellotto e Giambattista Tiepolo. Senza dimenticare per il teatro Carlo Goldoni. Ma qual era l’immagine di Venezia più amata dal turismo d’oltralpe?
Patinata e iperrealista come nei quadri di Cataletto? Oppure languida e sfuocata come in quelli di Guardi, con le sue vedute e i suoi capricci? Limpida e oggettiva, oppure fantasmagorica ed evanescente?
Entrambi i modi ci parlano di una città unica al mondo, dove possono convivere appunto il cristallizzato vedutismo di Canaletto e il guizzante impressionismo coloristico di Guardi. il Settecento riesce così ancora oggi a stupirci e questo equilibrio tra emozione e ragione trova nella musica di Vivaldi uno stimolo potente ad esercitare entrambe le facoltà per sentirsi più uomini.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 13 febbraio 2013 - Commenti (0)
06
feb

Beethoven e la "Missa" che conduce a Dio

La Missa solemnis, unica nella sua grandezza, appartiene al mondo della fede cristiana. E’ preghiera nel senso più profondo della parola. Ci conduce alla preghiera, ci conduce a Dio”. Sono le parole con le quali Benedetto XVI ha spiegato il capolavoro di Beethoven ai partecipanti della XX Giornata mondiale della Gioventù del 2005. Pochi musicologi hanno saputo offrire una sintesi tanto profonda di questo monumento di bellezza, dolore, dolcezza e speranza che, sono sempre le parole dal Papa, “esprime la sofferenza per Dio”, ed il nostro tentativo di afferrarLo. Sin dall’incipit straordinario del Kyrie la Missa ci tocca nel profondo.

Così carica di interrogativi, ma così intensa da farci comprendere la dedica che Beethoven appose sulla partitura: “dal cuore per giungere al cuore”. Ci volle molto tempo prima che la Missa, scritta per l’amico ed allievo Arciduca Rodolfo ma non completata in tempo, venisse eseguita. Oggi più che mai giunge ancora “al nostro cuore”, con i suoi episodi sublimi: come il Benedictus affidato alla dolcezza del violino: un colpo di genio di un autore ormai prigioniero della sordità:


Giorgio Vitali

Pubblicato il 06 febbraio 2013 - Commenti (0)
06
feb

Gli artisti romantici davanti all'infinito


Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818,
Amburgo, Hamburger Kunsthalle (immagine Scala)

Ludwing van Beethoven (1770-1827) iniziò a comporre nel 1818 la Messa solenne che avrebbe dovuto essere eseguita per l’elezione ad arcivescovo di Olmuz del suo carissimo amico, l’arciduca Rodolfo d’Austria. La composizione però si protrasse oltre il previsto e l’opera fu rappresentata per la prima volta a san Pietroburgo nel 1824: Beethoven era presente ma aveva perso gran parte della sua capacità uditiva (tre anni dopo sarebbe venuto a mancare). Lo stile della Missa è quello dell’ultimo periodo in cui Beethoven compose quel capolavoro che è la Nona Sinfonia con l’Inno alla gioia, esplosione di certezza  in cui il suo linguaggio artistico si faceva sempre più radicale nel piegare la musica ad esprimere la fede in Dio.

All’impeto solitario ed eroico di Beethoven possiamo accostare l’opera di un pittore romantico Friedrich Caspar David, in cui il senso della natura e la religiosità si esprimono in tutta la sua opera, ma soprattutto nel Viandante sul mare di nebbia, dipinto nel 1818, lo stesso anno in cui Beethoven iniziava a comporre la Missa solemnis. La solitaria figura dell’uomo che in cima alla montagna sta davanti all’infinito è quasi un manifesto del nascente romanticismo tedesco  e rappresenta  l’immagine più emblematica del pittore di origine danese, ma che lavorò in Sassonia. L’immagine del viandante di spalle potrebbe in qualche modo evocare la figura solitaria del geniale compositore viennese. La sua eroica solitudine si sposa con  la montagna, simbolo di elevatezza oltre le passioni umane e luogo di rivelazione del sacro.

Il sentimento dell’uomo davanti  all’infinito evoca anche un’altro grande e geniale poeta, questa volta italiano, Giacomo Leopardi che proprio in quegli anni,  quando era poco più che ventenne (e siamo nel 1819) nella sua amata Recanati scriveva L’infinito.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 06 febbraio 2013 - Commenti (0)

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Classica divina

Famiglia Cristiana, in collaborazione con Il Sole 24 Ore, presenta

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