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Pergolesi: uno Stabat Mater commovente

26 anni. Sono bastati a Giovanni Battista Pergolesi per regalare alla musica italiana ed al mondo intero alcune gemme nelle quali si riconosce un genio che guarda negli occhi pochi altri geni: Mozart, Monteverdi, Bach, Beethoven. E la domanda sorge spontanea: cosa ci avrebbe lasciato se fosse vissuto più a lungo?
L’ascolto del suo Stabat Mater non cesserà mai di sconvolgerci e commuoverci. Perché è una delle pagine più toccanti che siano mai state scritte. Ogni battuta musica ci proietta nella sofferenza della Passione:

Sensazioni che si provano anche all’ascolto del suo Salve Regina. In entrambi i casi il termine che è stato più frequentemente usato è “perfezione”. Perché Pergolesi, in quelle che secondo molti storici sono le ultime composizioni della sua breve vita, raggiunge la sintesi alla quale tutti i grandi aspirano: scrive pagine “nuove” per assecondare la sete di musica di committenti e pubblico, riuscendo ad infondere nelle stesse il suo genio, ma soprattutto la sua anima.
E, nel caso dello Stabat o del Salve Regina possiamo parlare di un “miracolo” che si produce in chi ascolta: la percezione di soffrire, sperare, contemplare con gli occhi ed il cuore dell’Autore.



Giorgio Vitali

Pubblicato il 08 maggio 2013 - Commenti (0)
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Il pianto di Maria interpretato da Pergolesi

Bartolomeo Riccio (1500-1571/3) Crocifissione Siena Coll. Chigi Saracini

L’Addolorata, la Madonna dei sette dolori, la Madonna delle sette spade. Immagini che l’arte ha fatto proprie nei secoli e che richiamano le parole profetiche dell’anziano Simeone rivolta a Maria che nel tempio presentava il Bambino Gesù per la circoncisione: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca 2,35).
Prima dell’arte visiva però venne l’arte della parola: il celebre testo Stabat Mater scritto da Jacopone da Todi a esprimere il dolore della Vergine Maria sotto la croce davanti al Figlio morente.
Scriveva Jacopone: “Fammi o Vergine provare i tuoi stessi dolori”. Per il fedele si tratta di immedesimarsi nel dolore di Maria, di riviverlo in sé. Sono parole il cui impatto emotivo viene moltiplicato dalla musica dei grandi compositori che si sono cimentati con lo Stabat mater.
In particolare la versione di Giovanni Battista Pergolesi è tra le più famose e fu realizzata negli ultimi anni di vita del compositore nato a Jesi nel 1710 e morto giovanissimo di tubercolosi nel 1736 all’età di 26 anni. Iniziata a Napoli, l’opera venne completata nel convento dei cappuccini di Pozzuoli dove Pergolesi viveva sotto la protezione del duca di Maddaloni.
Si tratta di un brano per soprano, contralto, archi e basso commissionato dalla Confraternita di San Luigi di Palazzo sotto il titolo della Vergine dei dolori.
In quel periodo Pergolesi musicò anche quattro antifone mariane: il Salve regina, Regina Cieli, Ave Regina Coelorum e Alma Redemptoris Mater. Pergolesi venne sepolto a Pozzuoli nella fossa comune della Cattedrale di San Procolo.

Alfredo Tradigo

Pubblicato il 08 maggio 2013 - Commenti (0)

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