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Parkinson, la dieta che può aiutare
Nel morbo di Parkinson seguire una giusta e adeguata dieta permette di migliorare gli invalidanti effetti collaterali della malattia (tremori e scatti improvvisi). Chi scrive, già da molti anni assieme al collega Pincus della Jefferson University di Philadelphia, ha validato un regime alimentare basato su una dieta ipoproteica (non più di 7 grammi di proteine) a pranzo e poi normoproteica a cena. Ciò è dovuto al fatto che i pasti possono interferire con l’efficacia dei farmaci per questo morbo.
La Levodopa è un amminoacido neutro che, per essere assorbito e arrivare al cervello, ha bisogno di essere aiutato metabolicamente, ma se si ferma già nello stomaco viene degradato dagli enzimi gastrici e si inattiva parzialmente. Infatti, più a lungo rimane nello stomaco e più è degradato, perdendo così la sua efficacia. Bisogna, quindi, assumere i cibi che aumentano la velocità di svuotamento dello stomaco come, ad esempio, proteine, carboidrati e fibre, mentre i grassi rallentano molto lo svuotamento gastrico. Anche la stipsi, però, può influire sfavorevolmente sulla quantità di farmaco assorbito, per cui è necessario cercare di avere un regolare transito intestinale.
La difficoltà da parte del paziente nel seguire questo regime dietetico è data dall’eccessivo contenimento della quota di proteine tra la prima colazione, lo spuntino di metà mattina e poi, infine, il pranzo. Si tratta di momenti in cui la presenza di latte e latticini, al mattino e di carne, pesce uova, formaggi e verdure a pranzo, fa aumentare la quantità di proteine, tanto da superare abbondantemente i 7 grammi del mattino che noi abbiamo previsto. In questo modo si ottiene un minore assorbimento della Levodopa che comporta un aggravamento di tremori e scatti frequenti che invece diminuiscono sensibilmente se non si superano i 7 grammi di proteine. Tutto ciò dimostra che una dieta adeguata può migliorare l’efficacia della Levodopa.
Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)