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Con i farmaci a tavola

Cibo e farmaci a volte possono non andare d’accordo. È un problema che tocca coloro che assumono regolarmente medicine. È accertato che chi assume farmaci di tipo   anticoagulante, come i cardiopatici, deve evitare verdure a foglia larga, tipo lattuga e spinaci, perché possono interferire sull’azione anticoagulativa. Infatti, è sicuro che alcuni princìpi attivi possano influenzarsi reciprocamente, dando luogo a “interazioni”, cioè  fenomeni che possono ridurre l’effetto di una sostanza e potenziarne un’altra, oppure provocare sintomi spiacevoli, quali nausea, vomito o bruciori di stomaco. Lo stesso tipo di interazioni riguarda anche gli alimenti. Ecco perché è importante verificare non solo se un determinato medicinale deve essere assunto a stomaco pieno oppure lontano dai pasti, ma anche evitare, se espressamente indicato, l’assunzione di particolari cibi o bevande che potrebbero modificare il risultato.
Le bevande a base di cola ed energizzanti come il  caffè contengono caffeina e possono interferire con gli antipertensivi (in particolare beta-bloccanti) o potenziare l’effetto di antiasmatici (beta-agonisti). I formaggi stagionati contengono una particolare sostanza, la tiramina, che durante l’assunzione di farmaci  antidepressivi o per il morbo di Parkinson (i cosiddetti Mao-inibitori) può scatenare  pericolosi e improvvisi aumenti della pressione arteriosa sanguigna.
Assumere il succo di pompelmo almattino accelera l’attività del fegato, che trasforma ed elimina talvolta troppo velocemente i farmaci; pertanto è sconsigliato assumere questo succo durante le terapie, in particolare con i calcio-antagonisti, utili nell’ipertensione arteriosa.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Parkinson, la dieta che può aiutare

Nel morbo di Parkinson seguire una giusta e adeguata dieta permette di migliorare gli  invalidanti effetti collaterali della malattia (tremori e scatti improvvisi). Chi scrive, già da  molti anni assieme al collega Pincus della Jefferson University di Philadelphia, ha validato un regime alimentare basato su una dieta ipoproteica (non più di 7 grammi di proteine) a pranzo e poi normoproteica a cena. Ciò è dovuto al fatto che i pasti possono interferire  con l’efficacia dei farmaci per questo morbo.
La Levodopa è un amminoacido neutro che, per essere assorbito e arrivare al cervello, ha bisogno di essere aiutato metabolicamente, ma se si ferma già nello stomaco viene degradato dagli enzimi gastrici e si inattiva parzialmente. Infatti, più a lungo rimane nello stomaco e più è degradato, perdendo così la sua efficacia. Bisogna, quindi, assumere i cibi che aumentano la velocità di svuotamento dello stomaco come, ad esempio, proteine, carboidrati e fibre, mentre i grassi rallentano molto lo svuotamento gastrico. Anche la stipsi, però, può influire sfavorevolmente sulla quantità di farmaco assorbito, per cui è necessario cercare di avere un regolare transito intestinale.
La difficoltà da parte del paziente nel seguire questo regime dietetico è data dall’eccessivo contenimento della quota di proteine tra la prima colazione, lo spuntino di metà mattina e poi, infine, il pranzo. Si tratta di momenti in cui la presenza di latte e  latticini, al mattino e di carne, pesce uova, formaggi e verdure a pranzo, fa aumentare la quantità di proteine, tanto da superare abbondantemente i 7 grammi del mattino che noi abbiamo previsto. In questo modo si ottiene un minore assorbimento della Levodopa che comporta un aggravamento di tremori e scatti frequenti che invece diminuiscono  sensibilmente se non si superano i 7 grammi di proteine. Tutto ciò dimostra che una dieta adeguata può migliorare l’efficacia della Levodopa.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)

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Cibo e Salute

Giorgio Calabrese

Giorgio Calabrese è un nutrizionista dell'Università Cattolica

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