Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
23
mag

Il razzismo nello sport si combatte a scuola

Negli ultimi anni si sono verificati in Europa più di venti episodi gravi di razzismo nell’ambiente dello sport. Nella cultura moderna lo sport ha fatto della lotta alla discriminazione, non solo quella etnica, uno dei valori più alti contribuendo allo sviluppo di un concetto privo di pregiudizi. È la mancanza di un’educazione culturale che spinge l’individuo ad assumere atteggiamenti discriminatori. Bisogna iniziare dalla scuola, insegnando ai più piccoli il rispetto verso gli altri e sviluppando la conoscenza reciproca. Giovanni Paolo II, il “Papa sportivo”, ricordava al Giubileo del 1984 che «lo sport può recare un valido apporto alla coesistenza di tutti i popoli al di sopra di ogni discriminazione di razza, di lingua e di nazioni».

Angelo P. - Lecco

Gli sportivi, da parte loro, per la vasta popolarità di cui godono hanno una grande responsabilità, nel bene e nel male, con i loro atteggiamenti durante e al di fuori delle attività sportive. Tante campagne di solidarietà promosse da un noto personaggio dello sport hanno un’immensa forza trainante, perché i “tifosi” tendono a imitare i comportamenti del proprio idolo. Lo sport in quanto tale, quando si attiene ai princìpi della lealtà e della correttezza, è un volano e un moltiplicatore di “buoni sentimenti”. Per questo andrebbero stroncati sul nascere tutti quei fenomeni che “sporcano” lo sport. Tra questi, l’inciviltà e l’ignoranza rozza dei presunti tifosi che approfittano del tifo sportivo per sfogare il peggio dei loro istinti, con cori razzisti che dovrebbero indignare tutti.

Pubblicato il 23 maggio 2013 - Commenti (1)
10
ott

Immigrati, quanti luoghi comuni

La retorica sull’immigrazione è davvero stomachevole. Si tira in ballo il razzismo per creare sensi di colpa. In realtà, è solo questione di equità. Il problema delle carceri affollate non esisterebbe se non ci fosse un trentacinque per cento di detenuti extracomunitari. Perché il Governo non si attiva per fare scontare il carcere nei loro Paesi d’origine? Neppure nella ricca America è garantita l’assistenza sanitaria gratuita a chi è appena arrivato, come avviene da noi. Le case popolari sono assegnate di preferenza agli extracomunitari. Il sessanta per cento degli aiuti pubblici va agli immigrati. Per non parlare dei costi della sicurezza aggravati dalla criminalità d’importazione. Solo una minima parte di immigrati contribuisce con le tasse al benessere del Paese. La maggioranza o non lavora o lavora in nero. Tante associazioni cattoliche e sindacali percepiscono dallo Stato cento euro al giorno per ogni immigrato. Prima che generosi dovremmo essere giusti. Al ministro Riccardi questo non interessa.La sua generosità, infatti, è a carico dei contribuenti!

Luca T.

Se la retorica sull’immigrazione è stomachevole, lo è ancor di più l’insieme di pregiudizi e luoghi comuni, come quelli assemblati in queste poche righe. Colpa anche dei mass media che danno un quadro negativo e allarmante del fenomeno migratorio. I dati reali (non la propaganda) ci dicono invece il contrario. L’Italia senza gli stranieri sarebbe in ginocchio. Ancor più in crisi, in ogni settore. Il loro contributo alla ricchezza nazionale supera il dieci per cento. Non ci stanno rubando nulla.

Pubblicato il 10 ottobre 2012 - Commenti (8)
23
ago

Tra accattoni e veri poveri

In un Comune in provincia di Alessandria, il sindaco ha firmato un’ordinanza che vieta ogni forma di accattonaggio su tutto il territorio comunale. Sì, ogni forma. E non solo quella molesta o dove si sfruttano minori o animali. Peccato, però, che chiedere l’elemosina non sia un reato. L’ha fatto per ragioni di consenso elettorale, sulla scia di quelle pratiche xenofobe della Lega, che fa parte della stessa coalizione. Sono già stati arrestati due accattoni, ma nessuno si preoccupa di dove andranno. L’importante è che scompaiano dalla città. Ma perché non si guardano in faccia le persone? Perché non si ascoltano le loro storie? Perché non si dialoga per risolvere insieme i problemi? Certo, è più facile avere il consenso con un’azione demagogica, piuttosto che impegnarsi nella ricerca di una soluzione. È più facile inventare nuovi reati, piuttosto che fare prevenzione e cura sul territorio. Come credente mi chiedo: ci dice ancora qualcosa il Vangelo che ogni domenica ascoltiamo a Messa? Chiedere l’elemosina è un diritto: si può abolire? Possiamo far finta di non vedere il mendicante, ma non possiamo non vedere che la povertà esiste ancora e avanza sempre più. Girarsi dall’altra parte non aiuta nessuno. Neppure noi. Mi sembra che si vada verso una società sempre più egoista, dove si è forti con i deboli e deboli con i forti. Sbaglio?

Andrea Z.

Non è successo solo in un Comune dell’Alessandrino, ma in più paesi d’Italia i sindaci hanno vietato di chiedere l’elemosina sul loro territorio. Anche qui, occorre distinguere i veri poveri da coloro che sfruttano minorenni o persone storpiate di proposito per illeciti affari. La malavita che lucra sfruttando i buoni sentimenti della gente, va stroncata. Non ci sono dubbi. Ma allontanare i poveri per ragioni di consensi elettorali o di decoro dell’ambiente, dalle piazze o anche dai sagrati delle chiese, è altra cosa. Nulla vale più della dignità di una persona. Anche se sporca o coperta di stracci. Nell’attenzione ai poveri i cristiani dovrebbero essere “maestri”. Un esempio per la società civile. Basterebbe rileggersi il Vangelo. In particolare, Matteo capitolo 25.

Pubblicato il 23 agosto 2012 - Commenti (5)
05
gen

L'Italia degli xenofobi

«E se hai la pelle nera, amico guardati la schiena, io son stato marocchino, me l’han detto da bambino, viva, viva il Senegal...».  Così cantava Pino Daniele, nel suo pezzo O’ scarrafone. E continuava: «Questa Lega è una vergogna, noi crediamo alla cicogna, e corriamo da mammà...».

Non le scrivo per lodare un cantautore napoletano, ma perché questa canzone, composta in tempi “non sospetti”, era premonitrice di una realtà disarmante, che mi fa vivere e lavorare in una città dove si spara ai “negri”.

Proprio così. Il “pazzo” di Pistoia aveva un obiettivo preciso: i “negri” che lavorano a Firenze. Ebbene, Mor e Modou non potranno mai più “correre da mammà”, perché sono morti. Certo, uccisi per mano di un pazzo. Ma i discorsi del bar, il giorno dopo, sono del tono: «Quante storie per un matto!». Si tende a minimizzare.

Negli ultimi dieci anni, abbiamo sentito parlare solo di respingimenti, espulsioni, tram per soli stranieri, classi ghetto nelle scuole. Siamo diventati razzisti?

Antonio - Firenze

Derubricare l’omicidio dei due senegalesi, venditori ambulanti in un mercato di Firenze, come l’opera di un pazzo è voler sfuggire alla realtà. E ignorare che per anni si è fatta una becera propaganda contro le persone di colore. Con una forza politica che ha lucrato consensi sulla paura dello straniero. E ha preso una serie di provvedimenti dalla fantasia contorta. Come, un esempio tra tanti, togliere l’acqua dalle fontane pubbliche per impedire che ne facciamo uso gli immigrati. Clima xenofobo, sfociato spesso in razzismo. Purtroppo, con il complice silenzio di chi avrebbe dovuto alzare la voce e non l’ha fatto. Avallando così una progressiva degenerazione civile ed etica del Paese.

Pubblicato il 05 gennaio 2012 - Commenti (28)
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