Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
20
apr

"A scuola mi prendono in giro!"

“Mamma, a scuola continuano a chiamarmi secchione!”
“Mi spiace tesoro mio. Non devi vergognarti se sei bravo a scuola. Tu fai il tuo dovere!”
“Ma i miei compagni mi prendono in giro tutti i giorni, lo fanno dalla prima e dopo quattro anni mi sono proprio stufato. Ieri lo hanno scritto anche sulla lavagna”.
“E la maestra cosa ha fatto?”
“Ha cancellato in fretta tutto e mi ha detto di non stare ad ascoltarli, ma io non ci riesco. Io li sento benissimo, li sento tutti i giorni.”
“Piangi? Ti fa proprio male questa cosa!?”
“Mmh mmh”
“E tu cosa rispondi a chi ti prende in giro?”
“Gli dico che sono degli asini, che sono invidiosi perché non capiscono niente! E loro continuano... Mi dicono che mi arrabbio proprio come un secchione.”
“È proprio una brutta situazione! Proviamo a vedere cosa potresti fare per cambiare le cose…”
“Potrei dare un bel pugno sul naso a Paolo, inizia sempre lui a prendermi in giro!”
“Oppure?”
“Potrei dargli un calcione nel sedere, così impara!”
“Pensi che così le cose cambierebbero?”
“Non lo so, di certo anche lui sentirebbe male, almeno per un po’. Peccato che è cintura marrone di judo e non potrei più presentarmi a scuola…”
“Io credo che tu debba tentare un’altra strada. Ascoltami bene: dovresti far vedere a Paolo e a quelli che ti prendono in giro che cosa provi, dovresti fargli toccare e vedere la tua tristezza”.
“Non so, non mi sembra una grande idea… si metterebbero a ridere…”
“Prova, fallo con me, fai finta che io sia Paolo. La maestra ti ha appena consegnato un compito con un bel voto e io (Paolo) ti dico: -Ecco il solito secchione!- Tu cosa mi rispondi?”
“E tu sei il solito stupido!”
“Così mi fai solo venire voglia di continuare a prenderti in giro. Riprova!”
“Smettila, è sbagliato prendere in giro gli altri!”
“Così penso che parli proprio come la maestra. Ritenta. Pensa a cosa ti rende triste”.
“È difficile… Io sono triste perché vorrei tanto che Paolo fosse mio amico, ma a lui non interesso. Lui pensa che io sia noioso e preferisce giocare con gli altri. Vorrei tanto fargli cambiare idee, a volte vorrei anche aiutarlo quando in matematica la maestra gli dice che non capisce niente…”.
“Amore, ma sei stato bravissimo a dire queste cose, se solo Paolo le sapesse, se lui vedesse quello che provi…”
“Boh, non so…”
“Credi che lui sia felice di andare male a scuola?”
“Non penso, nessuno lo sarebbe.”
“E allora digli che hai voglia di essere suo amico, che quando lui ti dice secchione ti fa molto male perché pensi che lui non lo voglia essere. Paolo probabilmente si sente davvero un asino ai tuoi occhi e si difende come può”.
“Devo pensarci un po’ su. Certo non avevo mai pensato a Paolo così. Forse non è poi così male essere un secchione.”

Le piccole o grandi ingiustizie che coinvolgono i nostri figli ci toccano nel profondo e risvegliano in noi l’istinto di protezione. Aiutare i ragazzi a vedere nella mente dell’altro e a dare parola alle loro emozioni può essere un buon inizio per affrontare una situazione di bullismo in una logica di non violenza. Raccontateci le vostre esperienze e fatiche. Tantissimi auguri di Buona Pasqua a tutte le mamma e non solo.

Pubblicato il 20 aprile 2011 - Commenti (0)
12
apr

Allattamento: non è mai troppo tardi

Lucia mi confida di essere incinta. Mi complimento con lei e subito ci mettiamo a parlare di parto e allattamento. Le chiedo: “Tu hai allattato Luca” (il suo primo figlio?)
Ride: “Direi di sì” E mi racconta una storia che vorrei condividere con voi.
“È stato tutto molto complicato. Luca è nato alla trentaseiesima settimana, pesava poco più di due chili. Mi hanno fatto il cesareo perché … Ho provato subito ad attaccarlo, non appena almeno mi è stato possibile farlo dopo l’intervento. Lui era tanto piccolo. Ciucciava un po’ e poi subito dormiva, era sfinito. Io lo attaccavo di continuo ma Luca smetteva presto di mangiare, faticava ad attaccarsi. Un’ostetrica mi ha cercato di spiegare come metterlo, cosa fare ma lui continuava a perdere peso. Dopo il calo fisiologico, tardava a crescere anche di pochi grammi e così il pediatra mi ha dimesso con l’aggiunta. Ho iniziato a dargliela già in ospedale. Luca dal biberon riusciva a mangiare, sembrava gradire quel cibo più facile da conquistare. Sono tornata a casa molto triste. Io ci tenevo moltissimo ad allattare e improvvisamente mi accorgevo di non sapere come riuscire a farlo. Mi trovavo costretta a nutrirlo con il latte artificiale e l’unica cosa che mi restava da fare era continuare ad attaccarlo tutte le volte anche al mio seno. Lui ciucciava poco, ma comunque ci provava. Ho iniziato a usare il tiralatte per evitare di produrne meno. Lo facevo tutti i giorni e più volte al giorno, così potevo dare al mio bambino un po’ del mio latte e continuare a tenere accesa la speranza di poterlo allattare. Poi sono arrivate le ragadi, il tiralatte e le poppate lunghe e poco fruttuose mi hanno regalato parecchi tagli dolorosissimi. Ho pazientato, accettando di buttare il latte che si mischiava al sangue. Con qualche consiglio con una visita al consultorio le ferite si sono rimarginate e Luca ha continuato a giocare con i miei seni pieni di latte senza capire come godere di quel ben di Dio. Avevamo quasi trovato un nostro equilibrio, tra biberon e tentativi di allattamento, quando a rendere il gioco più difficile mi è venuta la mastite. Ho dovuto prendere l’antibiotico e anche in questo caso il mio latte è finito nel lavandino per qualche giorno. Poi la svolta. Un giorno di primavera siamo andati con amici in una fattoria. C’erano un sacco di animali ma non sapevo che tra questi avrei incontrato quello che avrebbe cambiato la nostra quotidianità. Nel porcile ho visto un’enorme scrofa buttata a terra con tanti piccoli maialini che le correvano addosso per attaccarsi ai suoi capezzoli a ciucciare il latte. Tutto sembrava così facile sia per i piccoli sia per la mamma. Mi sono detta: “Se ci riesce lei è possibile che io non ci riesca?”

Luca aveva già quattro mesi e nel frattempo era cresciuto parecchio e si era fatto un bimbo energetico e curioso. Tornati a casa, invece di preparare il suo biberon, mi sono sdraiata sul letto e ho appoggiato su di me il mio bambino. Lui ha iniziato ad alzare la testa per provare a cercare il mio seno. Ha fatto parecchi tentativi senza riuscire ad agganciare niente, nonostante la mia collaborazione, ma nessuno di noi aveva fretta. Poi, all’ennesimo movimento del collo, il miracolo: si è attaccato a me come non mai, ci siamo guardati, o forse l’ho guardato solo io, e ho capito che ce la potevamo fare, che finalmente il nostro appuntamento era arrivato e da quel momento in poi non saremmo più stati in ritardo. Ho sognato per giorni di allattare in modo esclusivo mio figlio ma ho dovuto aspettare quattro mesi per riuscire a farlo davvero. Quella sera è stata la nostra seconda nascita, e per due mesi sono stata io la sua unica fonte di cibo. Non potevo crederci, finalmente anch’io riuscivo ad allattare. A sei mesi ho svezzato Luca ma ho continuato ad allattarlo fino all’anno di vita, meravigliandomi ogni volta di questo meraviglioso incontro”.

Pubblicato il 12 aprile 2011 - Commenti (2)
04
apr

L'altra faccia del fast-food

Questa settimana vorrei consigliarvi un documentario uscito qualche anno fa, ma sempre di grande attualità. In casa nostra ha creato una piattaforma di confronto tra grandi e piccoli sul tema dell’alimentazione. L’abbiamo visto con i nostri figli e ne siamo rimasti da subito tutti molto coinvolti. È la storia di un uomo (il regista del film) che decide per trenta giorni di mangiare colazione, pranzo e cena nel fast food più famoso del mondo. “Che sballo!” hanno detto i nostri pargoli, “trenta giorni di paradiso!” “Non potremmo anche noi fare lo stesso?” ha chiesto il più grande. È stato bellissimo vederli seguire le vicende del protagonista, le sue indagini, osservare le reazioni del suo corpo ai tutti quei pranzi succulenti, e vedere i nostri figli aprirsi a un pensiero divergente. Ci hanno fatto un sacco di domande e hanno voluto rivedere più volte parti del film. Hanno voluto anche prestarlo ai loro amici, farlo vedere in giro. Questo non ha modificato di molto la loro passione per i fast food e le patatine fritte, ma ha allargato gli elementi su cui discutere per concordare con loro regole e tempi per goderne senza farsi del male. Il documentario di chiama: Super Size Me, di Morgan Spurlock. Documentario, durata 98 min. - USA 2004.

Le informazioni contenute nel documentario sono moltissime: il potere della pubblicità nella scelta dei cibi più desiderati, l’epidemia di obesità che colpisce tutte le società moderne, i cibi consumati nelle mense scolastiche, gli effetti del grasso sul nostro corpo, quante calorie sono presenti nelle porzioni supersize. Vi consiglio vivamente la visione di questo film, sarà un’esperienza che non scorderete più e soprattutto non potrete più fare a meno di osservare che i bocconcini di pollo sono a forma di stivaletto.

Condividete nel blog la vostra esperienza in tema di educazione alimentare con i figli e soprattutto raccontateci come riuscite a conciliare gusto e salute nella scelta dei cibi che arrivano sulla vostra tavola. Sono gradite ricette! Buona settimana.

Ps. Aspetto i commenti di chi vedrà o ha già visto Super Size.

Pubblicato il 04 aprile 2011 - Commenti (0)
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