Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
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Una stalla in cui dormire

L’Inps, l’Istat e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno pubblicato in questi giorni il terzo Rapporto sulla Coesione sociale relativo al periodo 2011/2012 dal quale emerge un quadro allarmante sulla condizione di povertà di molti italiani: a rischio una persona su tre.

Il rapporto parla d’incremento del tasso di disoccupazione, aumento della condizione di povertà per le famiglie numerose e per quelle con membri aggregati. In leggero miglioramento le condizioni economiche degli anziani. A Milano e Roma si concentra il 70% dei quasi 50 mila senza fissi dimora. “Mamma , hai visto? Cosa fa quel signore per terra?”

Genitori che passeggiano con i loro figli nelle grandi città si saranno sentiti ripetere più volte questa domanda. Non è facile spiegare a un bambino che ti guarda con occhi increduli che qualcuno tutte le notti dorme per strada su un cartone. Sono proprio i bambini quelli che faticano a normalizzare ciò che normale non è: che degli uomini possano perdere la dignità in un angolo di strada.

Cosa possiamo fare noi per chi è in difficoltà? Come uscire dalla retorica e passare alla pratica?

Mi hanno raccontato in questi giorni una piccola storia che mi ha molto colpita. Noi abitiamo nei pressi dell’aeroporto internazionale della Malpensa. Siamo circondati da strutture alberghiere sorte come funghi per accogliere i viaggiatori in transito e in uno di questi era prenotata una stanza da un famiglia di Roma. Causa imprevisti la famiglia ha dovuto annullare all’ultimo il viaggio e ha chiamato l’hotel nella speranza di ottenere la cancellazione della prenotazione. I tempi utili per la disdetta però erano ormai trascorsi e quindi la stanza sarebbe stata comunque addebitata al cliente. Dopo qualche esitazione allora, il cliente ha deciso di confermare la prenotazione e, terminata la chiamata all’hotel, ha telefonato al centro Caritas più vicino all’aeroporto comunicando la disponibilità di una camera pagata nel suddetto albergo, della quale però nessuno di loro avrebbe potuto godere. I volontari disponevano di una lista di persone in condizioni di indigenza e tra queste, una donna senegalese con due figli, sistemata in un monolocale senza luce e riscaldamento per il mancato pagamento delle bollette. Hanno disposto che un volontario accompagnasse la donna con i bambini nell’albergo offrendo loro la possibilità di trascorrere una notte al caldo, di lavare i figli e di nutrirsi con un abbondante colazione il mattino seguente.

 È evidente a tutti che questa non può essere la soluzione del problema e resta la gravità che una donna con due bambini possa vivere in queste condizioni. Quella notte confortevole però ha significato molto per questa famiglia, è stata una piccola boccata d’ossigeno in un’esistenza molto dura e poi ha evitato inutili sprechi. I complimenti vanno alla famiglia molto intraprendente che ha avuto la bellissima idea di contattare la Caritas. A me non sarebbe mai venuto in mente. Una cosa è certa: mi trovassi d’ora in poi nelle stesse condizioni proverei a fare la medesima cosa. Questa storia ci insegna a essere creativi nel fare il bene, per coltivare la speranza che nessuno debba più nascere in una stalla. Auguro di cuore un sereno S.Natale a tutti, ringraziandovi per l’anno trascorso insieme.

Ascoltate questa bellissima canzone delle Zecchino
Goccia dopo goccia nasce un fiume
un passo dopo l'altro si va lontano
una parola appena e nasce una canzone
da un ciao detto per caso un'amicizia nuova.
E se una voce sola si sente poco
insieme a tante altre diventa un coro
e ognuno può cantare anche se è stonato
da niente nasce niente, questo si.


(Goccia dopo goccia, 37° Zecchino d’oro 1994, E.Di Stefano e F.Fasano) http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=tJ8CAeXoh4I  

Pubblicato il 22 dicembre 2012 - Commenti (1)
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Chi ben litiga…

“Le CHIAVI???? Dove le hai messe?” 



Mi butto giù dal letto, corro in sala, cerco la giacca. Sono lì, nella tasca. “Tieni”. Escono tutti di corsa. Appena in tempo. Mi infilo le ciabatte. La giornata è ufficialmente iniziata.



 In casa nostra la prima sveglia del mattino è gestita da mio marito. Nella suddivisione dei compiti lui mi regala un po’ di sonno in più. A lui tocca il giro delle elementari, a me quello della materna. Dieci minuti dopo è di ritorno. Stamattina lavora a casa. “Io sento che questa storia delle chiavi mi fa impazzire. È come se quattordici anni di matrimonio s’incenerissero. Mi sento travolto dalla rabbia. Non è possibile che tutte le volte sia così. E dai… cosa ti ci vuole?”.



“Tutte le volte… non mi sembra proprio che sia così tutte le mattine…”



“Spesso, troppo spesso. È possibile che non sei capace di metterle a posto?”



“Tu non hai idea di tutte le cose che metto a posto. Non so cosa dirti. D’ora in poi mi alzo con voi tutte le mattine, così le cerco io. Stamattina ci ho messo un attimo a trovarle”.



 “Tu ci metti un attimo, io non sono bravo come te. Io inizio a guardare in giro e non trovo niente e dentro mi monta la rabbia -Possibile che non puoi stare più attenta?-”



“Guarda che non capita solo a me. Una volta è capitato anche a me di cercare le chiavi e di trovarle nella tua giacca”.



“Adesso non puoi venirmi a dire questa cosa? Hai in mente quante volte siamo stati per ore a cercare in giro le chiavi che tu hai lasciato in giro?”



“E tutte le volte che tu lasci in giro le scarpe? O i libri? Io metto a posto senza dirti niente”.



E nella mente mi si accende in automatico una lista lunga chilometri di tutte le cose per cui lui dovrebbe essermi grato, i crediti che potrebbero giustificare qualsiasi smarrimento di chiavi. “Io pago tutte le bollette. Non mi sembra che devi preoccuparti molto per quelle.” La lista si è accesa anche nella sua mente. “Io vorrei anche ricordami delle chiavi, ma so che poi non ce la faccio, alla fine mi succede di lasciarle in giro. Tu ricordamelo la sera. Oppure no, svegliami tutte le mattine presto”.



“Io non so perché mi sballa così il non trovare le chiavi. Stamattina ci pensavo. So che nelle faccende pratiche non sono un granché. Non ho la tua creatività che anche sotto stress fai faville. Io vado in blocco. Portare i bambini a scuola, è una cosa che mi piace fare, me la so gestire, sono contento di farti dormire un po’ ancora perché so che poi non ti fermi più. Ecco, non trovare le chiavi mi fa sentire incapace. L’idea di doverti urlare all’ultimi minuto “Le chiavi?” per me è un fallimento. La rabbia è per la tristezza di non farcela da solo”.



Dopo dieci minuti di parole e emozioni diverse per la prima volta sento dentro una voglia fortissima di cambiare. Dal difendere la mia possibilità di sbagliare, ora ho solo voglia di non far più sentire mio marito inadeguato. Sento la sua fatica. Le sue parole mi hanno acceso dentro una lampadina: dal sentirmi furibonda per la sua reazioni esagerata, ho solo una gran voglia che le chiavi siano a posto. Per me è stata una svolta.



Piccola, ma una svolta. La sera, sulla porta d’ingresso ho appiccicato un cartello a forma di cuore con la scritta CHIAVI e ho piantato un chiodo sotto al citofono con le chiavi appese. E la mia promessa di fedeltà all’impegno. Per la prima volta sento di potercela fare. 







E voi come gestite le vostre litigate con chi vi è prossimo? Cosa vi fa stare bene e cosa invece vi affatica? Che cosa avete imparato dalla discussioni? Che consigli potete condividere? Aiutiamoci a litigare bene.



 



Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 06 dicembre 2012 - Commenti (0)
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