Don Sciortino

di Barbara Tamborini

Barbara Tamborini, psicopedagogista, autrice di libri sull'educazione. Ha 4 figli.

 
29
mar

Prenderli per mano sul cammino della fede


Ma tutte le religioni credono nel Paradiso e nell’Inferno?
Mamma, io ho paura che quando moriamo poi non ci ritroviamo più!
Andremo in cielo col nostro corpo? Ci ricorderemo di chi siamo stati sulla terra?
Veramente Gesù è salito in cielo? E anche sua mamma? Volavano?
Il cielo dove vanno i morti è quello che noi vediamo qui in alto o ce n’è un altro?
Io ho paura che poi tutto finisca.

Come far incontrare le domande dei nostri figli con l’esperienza della fede?
Come avvicinare gli eventi della settimana Santa alle emozioni dei bambini, alle paure che sentono nella pancia?

Le domande e i dubbi nella mente dei bambini nascono da soli, compaiono all’improvviso e non si mettono a tacere, almeno per un po’.
Un bambino piange di fronte alla morte di un criceto e di un pesciolino rosso e nella sua testa fa capolino la scoperta che quello stato è per sempre. Non è come nei cartoni animati. Vi guarda per la prima volta con la consapevolezza che neanche voi avete poteri magici per non morire.
E noi che risposte diamo alle domande dei nostri bambini? Noi che magari abbiamo tante ferite nel cuore, tante domande a cui cerchiamo di dare senso, tanti dubbi. Che volto di Dio siamo capaci di testimoniare credibilmente?

La prima volta che ho provato a rispondere a queste domande dei miei figli mi sono sentita ridicola. Mi sembrava di raccontare una favola, sentivo il rumore delle mie parole e le verità che credevo pietre angolari mi sono sembrate piume in balia del vento. “Poi ci troveremo tutti e ci riconosceremo” e pensavo a quanti piedi hanno calpestato la terra dall’origine del mondo ad oggi. “Gesù è salito in cielo” per la prima volta le parole che nel Credo corrono veloci mi hanno lasciata incerta e stupefatta. Per me questo è stato un nuovo punto di partenza, l’occasione di provare la fede col fuoco, di ricercare la roccia a cui ancorare tutto. In questi giorni di Passione e Risurrezione cerco una volta ancora le parole per dire la mia fede.

Attorno alla croce deve essere davvero successo qualcosa di inaudito. Se quegli uomini che avevano tradito, che non sapevano vegliare, che erano scappati, hanno trovato il coraggio di urlare al mondo la loro fede, qualcosa di grandioso deve essersi piantato nel loro cuore. Qualcosa di molto più forte della paura di morire. La loro fede è diventata certezza, forte come le spade. Lasciavano tutto, vivevano in comunione l’uno con l’altro. Hanno urlato così forte che ancora oggi la loro testimonianza continua fino ai confini della terra. Ancora oggi abbiamo la grazia di gioire per una fumata bianca che regala al mondo un uomo che riempie di speranza il nostro cuore.

Con questi sentimenti nel cuore, proviamo a metterci in ginocchio per guardare negli occhi i nostri figli, proviamo a infondere in loro la fiducia nella vita, regaliamo loro la voglia di stringerci gli uni agli altri per avvicinare il cielo alla terra.

Buona Pasqua e se vi va raccontate come condividete con i vostri figli questi misteri di fede.

Un caro saluto a tutti.

Pubblicato il 29 marzo 2013 - Commenti (0)
21
mar

Bambini e cellulari

È un dato di fatto: molte famiglie oggi fanno fatica ad arrivare a fine mese. Ciò nonostante i soldi spesi per l’acquisto di tecnologie di ultima generazione sembrano non risentire della crisi. 

Un’indagine svolta da Eurispes e Telefono Azzurro (2012) su un campione di 1.100 bambini e 1.523 ragazzi rivela che il 62% dei bambini (con meno di 12 anni) italiani ha un cellulare personale che utilizza per diverse ore al giorno per giocare, mandare sms, telefonare, fare foto, ma anche per collegarsi a internet e usare social network. Il 44,4 % dei bambini acquisisce un cellulare tra i 9 e gli 11 anni mentre il 17,6 % ne ha uno prima dei 7 anni. Il telefonino viene utilizzato fino ad un'ora al giorno dal 21,9% dei ragazzi, da una a due ore al giorno dal 14,7%, da due a quattro ore dal 14,5% e mai dal 7,2%. Solo l'1,2 per cento dei ragazzi italiani non ha un cellulare. Mio figlio dodicenne è tra questi. Lui il cellulare non l’ha mai chiesto e noi ci siamo guardati bene dal proporglielo.

L’altro giorno è tornato a casa da scuola con la brutta di un tema: Scrivi un testo su vantaggi e svantaggi del cellulare e sull’utilizzo che ne fai. – "Guarda mamma che traccia ho scelto”.

Leggo: …Parto col dire che io non ho il cellulare e sono ancora vivo…. Se c’è una persona che mi convince a non prendere il cellulare è mia cugina (15 anni): lei lo ha ricevuto in quinta elementare e fino alla prima media è rimasta come prima, ma dalla seconda in poi ha iniziato a vivere attaccata al telefonino messaggiando in ogni momento della giornata… tira fuori il cellulare anche mentre giochiamo a calcio o mentre stiamo parlando… (devo ricordarmelo quando urlo a mia nipote che siamo stufi di averla con noi sempre con il telefonino in mano).

Aggiunge che forse fra un po’ litigherà anche lui per averlo. E noi come reagiremo? Cosa gli risponderemo? La terza media, per me e mio marito è sempre stata la soglia minima per la contrattazione ma l’altro giorno, ho sentito chiara la tentazione di mettere subito in mano un telefonino a mio figlio. Doveva andare agli allenamenti organizzati dalla scuola e non faceva in tempo a tornare a casa per pranzo. Si era organizzato con un gruppo di amici per prendere una focaccia al bar e poi andare insieme in palestra. “Poi ci fermiamo un po’ al campo a giocare a pallone, tornerò per le sei”.

Tutto un giorno senza contatti. Tanti spostamenti senza la possibilità di sentirsi, di verificare che tutto sia a posto. Non solo: nelle scorse settimane, come periodicamente accade, si è sparsa la voce tra i ragazzi della presenza di un uomo sospetto nei pressi della scuola. Tante voci diverse, poche informazioni, nei ragazzi tanta paura e confusione. Fino a ieri mi era facile dire che mio figlio poteva tranquillamente fare a meno del cellulare.

Oggi è più complesso trovare le motivazioni profonde a questa scelta. Eccone qualcuna.
Ogni volta che lavoro a scuola con ragazzini di dieci anni scopro che l’accesso a materiale pornografico è molto facilitato da cellulari sempre connessi. Con noi educatori non hanno nessun problema ad ammettere che gli è già capitato di imbattersi in immagini e video sessualmente espliciti, magari durante una gita o a casa di un amico. Il cellulare è spesso il mezzo che rende ciò molto semplice.

Molti ragazzi hanno profili Facebook ben prima dei tredici anni imposti dal social network e col loro cellulare scattano e pubblicano foto loro e di amici senza particolari attenzioni alla privacy. Molti genitori dichiarano di non avere accesso ai cellulare dei figli. Spesso si dicono incapaci di regolamentarne l’uso e osservano impotenti il loro ragazzo che trascorre molto tempo a messaggiare e/o a scaricare app gratuite per nuovi giochi.

Qual è quindi l’età giusta per mettere in mano un cellulare a un figlio? Il tema non è semplice e credo che non esistano risposte valide a priori per tutti. Una cosa è certa, quando sarà il momento, sceglieremo un cellulare di prima generazione e cioè senza accesso a internet. In casa nostra ci sono pc sempre connessi in cucina, che possono essere utilizzati liberamente.

La nostra presenza è il miglior filtro
. Molti genitori purtroppo, per motivi di lavoro sono costretti a stare fuori casa per molte ore. In questi casi le regole e le restrizioni sono ancora più necessarie. La rete è piena di trappole e mettere nella mani di un figlio un cellulare che le può attivare tutte senza nessuna fatica è giocare una partita troppo sbilanciata. E pazienza se mio figlio si arrabbierà un po’ se il suo cellulare non sarà proprio al passo coi tempi, mi sembra un fatica tollerabile per lui e per noi.

Voi come la pensate? A che età pensate sia giusto dare a vostro figlio un cellulare? Che esperienze avete a tale proposito? Un caro saluto e aspetto i vostri consigli per chiarirmi le idee.

Per saperne di più su questa sfida evolutiva: A. Pellai, E ora basta!, Kowalski, 2010  

Pubblicato il 21 marzo 2013 - Commenti (1)
05
mar

Una scuola di cucina - parte prima

Mamma cosa c’è oggi per pranzo?
Tante cose buone.
E cioè?
Fidati, cose buone.
Dici sempre così e poi…  


E poi? E poi succede spesso che dopo essere stata parecchio in cucina a scegliere, pulire, tagliare, lavare, impastare, cuocere e tanto altro ancora, il commento è lo stesso: “Oh no! Perché hai fatto questo?” Grazie al cielo non va sempre così. A volte preferisco andare sul sicuro e di fronte a una pizza appena sfornata i commenti sono in genere positivi (anche se qualcuno chiede perché non la compriamo invece di farla in casa).

Altre volte invece scelgo la strada in salita, perché sono convinta che sia quella giusta, perché credo nel valore della varietà, perché il gusto va educato e per tanti altri buoni motivi che mi spingono a sopportare le smorfie di disapprovazione che leggo evidenti sulle facce dei miei figli (grazie al cielo quasi sempre non su quella di mio marito). Di fronte a creme di verdure, cavoli di qualsiasi natura, cereali che non siano grano o riso, la domanda è: “Ma perché tu devi sempre fare nuovi esperimenti? Non puoi cucinare sempre la pasta al pomodoro che a noi piace tanto?”

In effetti mi risparmierei parecchie fatiche: un po’ di acqua che bolle, pasta, un sugo pronto, e voilà il pranzo è servito. Sono certa che potrei andare avanti per settimane senza sentire un lamento.  Se poi per finire offrissi affettati e formaggi verrei incoronata subito regina della cucina: “Sei una cuoca bravissima!” In effetti in casa nostra non va così. Io mi ostino a proporre tanti cereali (a volte integrali a volte no) frutta e verdura, legumi, e poi tutto il resto con moderazione. Quando andiamo a cena dai nostri più cari amici, i miei figli adorano le scaloppine al limone preparate con un panetto di burro, sognano bis e tris di quella morbidezza saporita. Io gioisco con loro di quell’eccezione, proprio perché tale resterà. La sfida in cucina è infrangere queste associazioni: CIBO SANO = SCHIFEZZA e CIBO GOLOSO = ALIMENTI DI BASSA QUALITA’ NUTRITIVA.

Per fare questo mi è venuta un’idea, a partire da un fatto successo qualche tempo fa a casa nostra: nostro figlio maggiore (12 anni) si è offerto spontaneamente di preparare la cena con i fratelli “Però decidiamo noi cosa cucinare”. Ho dato un ok incondizionato e la macchina dei preparativi si è avviata. Lui ha cercato su internet delle ricette. Ecco il menù: pasta con i wurstel, millefoglie di verdura, tortini alle carote e mandorle.

Io ho contribuito solo nel mettere a disposizione gli strumenti necessari alle preparazioni. II risultato è stato sorprendente. Mi sono accorta che tante regole implicite della nostra tavola erano state messe in pratica senza bisogno di dire niente. Non avevano esagerato con i wurstel, il secondo era eccellente (mi sono salvata la ricetta), per non parlare del dolce. E tutti hanno mangiato tutto con molta soddisfazione, verdure comprese! Qual è stato l’ingrediente segreto? Facile. Mettere le mani in pasta. Se i bambini cucinano quello che c’è nel piatto è più buono.

Da questo presupposto mi è venuta un’idea: e se si organizzasse una scuola di cucina nelle case? Se genitori e figli imparassero insieme a usare cibi insoliti, poco noti e magari anche sorprendentemente buoni? Per fare questo però serve qualcuno che metta a disposizione il proprio sapere e chi meglio di un chef che fa della buona cucina la propria missione?  Così ho contattato il cuoco del miglior ristorante della mia città e gli ho detto se era disponibile a questo esperimento: guidare un piccolo gruppo di genitori e figli, nella cucina di una casa privata per realizzare una ricetta che concretizzasse i seguenti criteri:

Dieta mediterranea; Regionalità (nel nostro caso Lombardia); Stagionalità degli ingredienti; Utilizzo di cibi spontanei reperibili in natura (se possibile); Prodotti locali; Preferenza di alimenti di origine vegetale e/o secondo le proporzioni della piramide alimentare; Costi contenuti; Realizzabile con strumenti di uso comune. Lo chef ha dato la sua disponibilità gratuita. E ora si passa alla pratica. Quale ricetta ci proporrà? Cosa ne uscirà? Può una cucina casalinga reggere a un tale esperimento? E soprattutto: come commenteranno i figli la ricetta? Riuscirà a far apprezzare ingredienti sani e nutrienti di solito rifiutati?

A breve la risposta. Intanto aspetto vostri racconti su quanto il tema alimentazione è per voi caldo. Vi riconoscente in queste sfide? Un caro saluto a tutti.  

Pubblicato il 05 marzo 2013 - Commenti (0)
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati