Annunciazione alla fontana di Toros di Taron (secolo XIII-XIV), Ms 6289 f 143r, 1323, miniatura armena, scuola di Glajor (Sinuia). Matenadaran, Erevan, Armenia.
"L'angelo le disse:
« Rallègrati, piena di grazia:
il Signore è con te»".
(Luca 1,28)
Appena ascoltiamo queste righe di Luca,
si affollano nella mente tante immagini
che l’arte cristiana ha dispiegato su
muri, tele, tavole, pietre durante i secoli per
rappresentare l’annunciazione dell’angelo a
Maria, mentre nelle nostre orecchie sembra
echeggiare una delle tante Ave Maria che la
musica ha intessuto di armonie. Può, però,
stupire che proprio quella prima frase angelica
non contenga nella versione proposta
quell’“Ave” o almeno quel “Ti saluto” tradizionale
a cui siamo abituati da sempre, soprattutto
attraverso la recita del rosario.
Di per sé il greco originale, cháire, potrebbe
ammettere anche una simile resa; ma
l’evangelista, in filigrana, vuole far affiorare
l’eco di un’altra voce, quella dei profeti e
del loro invito alla gioia messianica rivolto
alla “figlia di Sion”, cioè a Gerusalemme personificata
e, quindi, a tutto il popolo dell’alleanza.
Così, ad esempio, canta il profeta Sofonia:
«Rallègrati, figlia di Sion, il re di Israele, il
Signore è in mezzo a te...» (3,14). Nel grembo
della figlia di Sion, sede del tempio e della casa
di Davide, Dio entra in dialogo col suo popolo.
Nel grembo di Maria, la nuova figlia di
Sion, il Signore si rende presente in maniera
piena e perfetta nel suo Figlio.
In questa linea si spiega anche l’appellativo
successivo che, in greco, conserva lo stesso
verbo del “rallègrati”, cháirein: infatti, si ha il
participio passivo kecharitoméne, che ha per
soggetto sottinteso Dio. Il significato genuino
sarebbe, perciò, «tu che sei stata riempita
della grazia» divina. Maria è la sede dell’effusione
suprema della grazia (cháris) del Signore,
perché in lei è presente Dio stesso nel Figlio
che lei concepisce e genera. San Bernardo,
in una sua pagina famosa, spingerà retoricamente
Maria ad accettare questo dono:
«L’angelo aspetta la tua risposta, Maria! Stiamo
aspettando anche noi, o Signora, questo
tuo dono che è dono di Dio. Sta nelle tue mani
il prezzo del nostro riscatto...».
Il primato è, dunque, divino; Maria – come
scriverà sant’Ambrogio – non è il Dio del
tempio, ma il tempio di Dio. In lei brillano in
pienezza la grazia divina, la volontà salvifica
del Signore, il suo amore redentore. Maria è
la nuova arca dell’alleanza, avvolta nella nube,
segno del mistero di Dio (Esodo 40,35):
«Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza
dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra
», le dice l’angelo Gabriele (Luca 1,35). In
lei si ha, dunque, la presenza definitiva di
Dio nella storia umana. Il racconto dell’annunciazione
è, quindi, squisitamente teologico
e cristologico.
Una nota in appendice. La tradizionale
preghiera mariana dell’Ave Maria ha, comunque,
la sua radice proprio nel testo lucano
e ha una sua prima, simbolica testimonianza
nella stessa grotta di Nazaret detta
dell’“Annunciazione”, sede di un culto giudeo-
cristiano fin nei primi secoli. Su una
delle pareti si è scoperto un graffito con questa
invocazione in greco, XAIPE MAPIA, che
è appunto il “Rallègrati Maria”, trasformatosi
nel latino Ave Maria del rosario, la preghiera
diffusa fin dal Medioevo e ancora viva
nei nostri giorni come la più popolare
orazione mariana.
Pubblicato il 04 dicembre 2012 - Commenti (2)