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apr

Bestemmiare lo Spirito

Anima dannata, busto in cera di scuola lombarda, XVII secolo. Milano, Pinacoteca Ambrosiana.
Anima dannata, busto in cera di scuola lombarda, XVII secolo. Milano, Pinacoteca Ambrosiana.

"Qualunque peccato
 o bestemmia
verrà
perdonata
agli uomini, ma
la bestemmia
contro lo Spirito
non verrà
perdonata"

(Matteo 12,31)

Questa frase di Gesù, già di sua natura sorprendente, si fa quasi sconcertante nel suo prosieguo che suona così: «A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro» (12,32). Per sciogliere l’imbarazzo di queste dichiarazioni partiamo innanzitutto dalla realtà della “bestemmia” che, nel linguaggio biblico, ha un’accezione differente da quella comune per noi. Il famoso comandamento: «Non nominare il nome di Dio invano », certo, indirettamente può essere applicato alla bestemmia come imprecazione infamante contro la divinità, ma il suo valore primario va in ben altra direzione, marcata da quell’ “invano”.

In ebraico il termine rimanda alla “vanità” dell’idolo; quindi in causa è la degenerazione della religione e l’arrogarsi da parte dell’uomo di decidere a suo piacimento quale sia il vero Dio, modellandolo a proprio vantaggio e appropriandosi, così, di una tipica qualità divina. Perciò la «bestemmia contro lo Spirito» è un peccato superiore a una semplice parolaccia o insulto contro la divinità. È un attacco radicale e consapevole alla realtà intima e profonda di Dio rappresentata dal suo Spirito. Non è un peccato di debolezza come quello dell’adultera che può pentirsi ed è perdonata da Cristo (Giovanni 8,1-11). È, invece, una sfida cosciente scagliata contro Dio.

È a questo punto che dobbiamo interpretare l’applicazione successiva. Da un lato, si afferma la possibilità di remissione del peccato di negazione nei confronti del Figlio dell’uomo. La giustificazione è nel fatto che la sua dignità è per così dire velata dalla sua apparenza umana che può generare incertezza, sospetto o reazione negativa. Si ricordi, per esempio, la replica di Natanaele all’apostolo Filippo che lo invitava a conoscere Gesù di Nazaret: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?» (Giovanni 1,46).

D’altro lato c’è, invece, l’atteggiamento soprattutto degli scribi e dei farisei che vedono gli atti gloriosi di Cristo, i suoi miracoli, le liberazioni dal male demoniaco, ma chiudono coscientemente gli occhi della mente e del cuore, perché il riconoscimento di questa “diversità” di Gesù infrangerebbe il loro sistema di potere e le loro elaborazioni teologiche. Essi, dunque, negano l’evidenza delle opere che lo Spirito di Dio manifesta in Cristo: la «bestemmia contro lo Spirito » è, allora, il rifiuto consapevole della verità conosciuta come tale, è il rigetto cosciente della parola e dell’opera di Gesù, pur sapendola vera e santa, per proprio interesse “blasfemo”.

In questa luce, è comprensibile la conclusione logica: a costoro non è possibile concedere il perdono «né in questo mondo né il quello futuro», perché manca il presupposto fondamentale del pentimento e della confessione della colpa. Essi si mettono fuori dell’orizzonte della salvezza di propria scelta. Il commento ideale a tale dichiarazione di Gesù è in queste parole di quella grandiosa omelia che è la Lettera agli Ebrei: «Se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per quel peccato, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli» (Ebrei 10,26-27).

Pubblicato il 19 aprile 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 19/04/2012 19:27

Il peccato contro lo Spirito dell'Amore è gravissimo perché lo Spirito Santo è la fonte della vita. E’ dallo Spirito che è generato il Santo nel seno di Maria, è lo Spirito Santo che rivela il mistero dell'Agnello che toglie il peccato del mondo. Dice il Battista: ' Ho visto lo spirito di Dio scendere dal cielo come una colomba e posarsi su di Lui. Io non lo conoscevo...e ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio' (Gv 1,33-34); è lo Spirito di Dio la sorgente della salvezza, della pace e della gioia sin dal principio, quando aleggiava sulle acque ( Gen 1,2). Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale) in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole "che alcuno perisca ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2 Pt 3,9). La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 19/04/2012 13:38

Nel momento in cui si riconosce che anche gli appartenenti a religioni non cristiane possono trovare la salvezza eterna dopo la morte, appaiono illuminanti queste parole del Vangelo. L’IO, il nostro essere uomini, la nostra anima nonché la nostra mente e la nostra coscienza sono in comunicazione con il Dio vivente tramite lo Spirito che tutto ricrea facendoci rinascere dall’alto e facendoci diventare persone nuove come ricorda il Vangelo di San Giovanni. Questo essere in relazione con Dio tramite lo Spirito Santo che parla alla coscienza di qualunque uomo, credente o non credente, è l’essenza della vita religiosa e morale di qualunque essere umano. Ecco che il peccato contro lo Spirito è rifiuto della propria stessa coscienza morale ed è rifiuto di qualunque relazione positiva e costruttiva con Dio tramite il Suo santo Spirito. Ne seguono opere malvagie ed una sostanziale sequela del Maligno anziché opere sante fatte in Dio. Ne consegue anche un rifiuto radicale e contro natura del nostro essere figli Dio, Sua immagine e somiglianza. Perciò, il peccato contro lo Spirito Santo, come lo vedo io, è destinato a portarci alla dannazione eterna. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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