Sano di Pietro (1406-1481), San Girolamo nel deserto. Parigi, Louvre (Scala).
"Quale padre tra
voi...se il figlio
gli chiede
un uovo,
gli darà
uno scorpione?"
(Luca 11, 11-12)
La frase completa di Gesù, che ora
prendiamo in considerazione, comincia
con un’immagine piuttosto
chiara per descrivere l’amore del Padre
celeste che si preoccupa dei suoi figli,
anche se non sempre come essi vorrebbero
a causa dei loro pensieri non del
tutto perfetti. Si ha, infatti, questa
espressione: «Quale padre tra voi, se il
figlio gli chiede un pesce, gli darà una
serpe al posto del pesce?».
L’immagine
ha un suo senso: l’anguilla, ad esempio,
assomiglia molto a una biscia, così
come molti pesci sottili e flessuosi evocano
la forma e il movimento delle serpi.
L’evangelista Matteo aggiunge a questa
un’altra figura, altrettanto coerente:
«Chi di voi, al figlio che gli chiede un
pane, darà una pietra?» (7,9). Un ciottolo
levigato e una pagnotta possono assomigliarsi.
Ma che senso ha, invece, il paragone
che Luca introduce tra un candido e rotondeggiante
uovo e un animaletto nerastro
com’è il nostro scorpione? Ebbene,
la risposta è ancora una volta, come
in altri casi, da cercare nell’ambiente
naturale in cui Gesù vive e parla.
Egli, infatti, ama evocare (e le sue parabole
ne sono una testimonianza illuminante)
pesci, pecore, cagnolini, uccelli,
serpi, avvoltoi, tarli, asini e altri elementi
del paesaggio in cui i suoi uditori
operano, naturalmente non fermandosi
alla zoologia, interessandosi anche
della botanica (semi, zizzania, grano,
viti, fichi, senapa, gigli, querce, canneti
e così via).
Ora, lo scorpione (’akrab in ebraico,
skorpíos in greco) è presente nella Terrasanta
e in Siria in una dozzina di specie
diverse dai vari colori, gialli, bruni, neri,
rossi, a strisce e soprattutto biancastri.
Questi ultimi, che possono raggiungere
anche i 15 centimetri di lunghezza,
quando s’arrotolano su sé stessi nascondendosi
nelle pietraie del deserto, assumono
appunto la forma di un piccolo
uovo e possono, perciò, trarre in inganno
e, quindi, colpire col loro aculeo velenoso,
che però non è mortale anche
se doloroso e fastidioso. Ecco, allora,
spiegata la comparazione di Gesù che
perde, in questo modo, la sua apparente
paradossalità o incongruenza.
A questo punto vorremmo aggiungere
l’applicazione del paragone che
è sorprendentemente diversa in Matteo
e Luca. Il primo evangelista, infatti,
più direttamente conclude: «Se voi,
che siete cattivi, sapete dare cose buone
ai vostri figli, quanto più il Padre
vostro che è nei cieli darà cose buone
a quelli che gliele chiedono» (Matteo
7,10). Luca, invece, ha: «...quanto più
il Padre vostro del cielo darà lo Spirito
Santo a quelli che glielo chiedono»
(11,13).
Ancora una volta si dimostra
come gli evangelisti non sono meri
verbalizzatori delle parole di Gesù, ma
cercano di scavarne e scovarne il senso
profondo e l’applicazione vitale:
ora, il dono dello Spirito Santo, che
trasforma l’intero essere del fedele,
non è forse la “cosa buona” per eccellenza?
Pubblicato il 21 febbraio 2013 - Commenti (4)