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«È un fantasma!»

Gustave Doré (1832-1883), Gesù cammina sulle acque, incisione.
Gustave Doré (1832-1883), Gesù cammina sulle acque, incisione.

"Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare… I discepoli, sconvolti, urlarono: «È un fantasma!»".

(Matteo 14,25-26)

La celebre scena di Gesù che avanza sulle acque agitate del lago di Tiberiade (detto “mare” secondo il linguaggio biblico) crea un certo imbarazzo nel lettore moderno, anche credente. Sappiamo, infatti, che Cristo evita intenzionalmente i prodigi taumaturgici, rifugge dalle magie spettacolari, teme che lo si scambi per una “star” degli eventi miracolosi, tant’è vero che spesso egli compie le guarigioni in disparte dalla folla, imponendo il silenzio ai beneficiari. E allora, come spiegare questo atto così clamoroso, peraltro riferito non solo da Marco (6,45-52), la fonte primaria di Matteo, ma anche dal più tardo Vangelo di Giovanni (6,16-21)?

La scena si svolge – se stiamo all’originale greco del Vangelo – «alla quarta veglia» della notte, cioè nell’ultima delle quattro fasi in cui essa era divisa, ossia fra le tre e le sei. Abbiamo, quindi, ancora il segno della tenebra, che è nella Bibbia un simbolo negativo. Analogo è il valore del “mare” che, come è noto, nella Sacra Scrittura incarna il caos, il nulla, il male, tant’è vero che il Giovanni dell’Apocalisse, quando s’affaccerà sulla nuova creazione, scoprirà che «il mare non c’era più» (21,1). Similmente il vento tempestoso è emblema di terrore e di distruzione. Tutta la scena è, quindi, all’insegna della negatività.

Gesù si leva solenne su questo orizzonte, che è agli antipodi della terra, della luce, della quiete, quasi come il Creatore agli inizi stessi dell’atto creativo descritto dalla Genesi. Egli, perciò, compie nei confronti dei discepoli una sorta di azione simbolica simile a quelle che i profeti – soprattutto Geremia ed Ezechiele – manifestavano al loro uditorio, accompagnandole con una spiegazione religiosa. Facile è l’equivoco di chi interpreta la scena come un evento magico o preternaturale. È ciò che accade ai discepoli terrorizzati che urlano: «È un fantasma!».

È per questo che, subito dopo, Gesù spazza via la loro sensazione attraverso due frasi illuminanti che decifrano l’atto nel suo significato teologico e non magico o spettacolare. La prima è da scoprire nell’originale e non nella versione che suona così: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (14,27). In realtà, in greco si ha: egó eimi, «Io sono!». Ora, questa è la versione del nome che Dio rivela a Mosè al Sinai: «Io sono colui che sono!» (Esodo 3,14), nome abbreviato già in quell’occasione in «Io sono ». L’espressione, variamente interpretata, ci ricorda comunque che Dio è una persona (“Io”) la quale esiste e opera (il verbo “essere”).

Ebbene, in quel momento Cristo svela ai discepoli con questo atto eccezionale la sua realtà intima, nascosta dal velo della sua umanità. È un po’ quello che accadrà sul monte della Trasfigurazione: egli ora si presenta in una teofania, cioè in un segno rivelatore della sua divinità di Signore del cosmo e della storia. L’altra frase esplicativa è quella rivolta in finale a Pietro: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (14,31). Per comprendere l’evento del cammino sulle acque – come anche gli stessi miracoli – è necessario un canale di conoscenza ulteriore rispetto a quello dei sensi e della pura e semplice ragione, ossia la via della fede e dell’adesione al mistero divino.

Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 10/05/2012 20:38

La visione del Maestro che cammina sull'acqua, ricorda l' apparizione del Risorto, nella narrazione di Luca, anche allora i discepoli, sconvolti e pieni di paura, credettero di vedere un fantasma, ma la voce del Maestro li rassicurò:" Perché siete turbati?...sono proprio io!". (Lc.24,37-39) Il significato dell'improvvisa prodigiosa apparizione di Cristo che cammina sull'acqua sembra un fatto insolito; sappiamo, infatti, che Gesù non compie mai miracoli spettacolari, ma solo gesti straordinari, si, ma che hanno lo scopo di offrire, con la salvezza fisica, quella spirituale, e, questa volta, il Maestro non ha da guarire, né da sfamare nessuno. Si trattava di riuscire a camminare, indenne, tra le onde dell'esistenza, tra le insidie del male. Questo, infatti, significano le acque agitate, tra le quali si deve camminare, senza affondare, senza venir tragicamente travolti. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 10/05/2012 12:43

Mi limito a parafrasare e reinterpretare alcuni punti del commento del Cardinale Gianfranco Ravasi, altrimenti non saprei sinceramente cosa aggiungere. E’ un passo, mi pare, molto difficile da decifrare. Anche la Chiesa ha un buon samaritano che la soccorre nei momenti di difficoltà ed è Gesù. Il Signore cammina sulle acque, così disegnando un ponte simbolico tra lui e i discepoli. Il primo simbolo che noto è che il ponte che unisce Cristo alla Chiesa è mediato dalla divinità, dalla natura divina di Cristo. Il senso mi pare quindi essere che il Signore viene in soccorso alla Chiesa con la Sua divinità. Pensiamo a tutti i miracoli che Gesù compie a favore della Chiesa, primo fra tutti ispirare i santi Concili con lo Spirito Santo! C’è poi un secondo simbolo: il Signore, Creatore di tutto ciò che esiste, è anche dominatore delle leggi della natura da Egli stesso create. Non si può capire Gesù se non se ne comprende la natura divina. Perché? Perché bisogna sempre cercare la potenza di Dio nei momenti di difficoltà, come fece Mosè quando incontrò Dio sul Sinai per ricevere da Dio stesso le Tavole della Legge. Mi pare bellissimo il paragone che fa il Cardinale Gianfranco Ravasi con la Trasfigurazione. Dio Figlio e Dio Creatore sono complementari. Non c’è speranza cristiana che tenga, terrena o celeste, senza la natura divina di Gesù che è alla base anche della Sua Resurrezione. La barca di Pietro rema con il vento contrario e Gesù lo fa cessare (Marco 6, 51). Gesù compie quindi il miracolo di guidare la Storia degli uomini e della Chiesa ponendo le premesse perché la Chiesa stessa raggiunga il suo scopo finale, anche escatologico. Infatti, il Vangelo di Giovanni annota che “rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti” (Giovanni 6, 21). La Chiesa necessita del miracolo di Gesù come la folla necessita per nutrirsi dei pani e dei pesci moltiplicati da Gesù stesso nel contesto di un diverso miracolo. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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