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Gesù Figlio di Adamo

I precursori di Cristo con santi e martiri del Beato Angelico, 1423-1424, particolare di predella d’altare. Londra, National Gallery (immagine Scala).
I precursori di Cristo con santi e martiri del Beato Angelico, 1423-1424, particolare di predella d’altare. Londra, National Gallery (immagine Scala).

"Gesù aveva circa trent’anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli..."

(Luca 3,23)

Gesù sta per entrare sulla scena pubblica. È un trentenne residente a Nazaret, considerato figlio di Giuseppe: è proprio dall’espressione «come si riteneva» che nasce la definizione di “padre putativo” assegnata allo sposo di Maria nei confronti del figlio legalmente da lui assunto in carico.
È appunto all’inizio della predicazione di Cristo che l’evangelista Luca decide di tracciare il suo albero genealogico, così come aveva fatto Matteo (1,1-17) all’inizio, però, della vita fisica del Bambino. Le differenze tra le due genealogie sono talmente tante da suscitare più di una perplessità.

Perplessità che un po’ si diradano tenendo conto del valore più simbolico-spirituale che storico-documentario di un simile genere letterario. Infatti, attraverso gli anelli genealogici (77 in questo caso), non si vuole tanto delineare con rigore scientifico la sequenza dei discendenti, quanto il legame che l’anello terminale ha con figure di una storia più ampia e con personaggi o vicende emblematiche.
È per questo che Matteo, adottando una genealogia “discendente”, parte da Abramo come radice della figura di Gesù ebreo secondo la carne. Luca, invece, che scrive a cristiani di prevalente matrice pagana, sceglie la via “ascendente” e fa risalire Gesù fino ad Adamo, cogliendo così la sua fraternità con l’intera umanità.
In sintesi, potremmo dire che le genealogie evangeliche di Cristo hanno lo scopo di esaltare l’incarnazione del Figlio di Dio sia nella storia umana (Adamo) sia in quella messianica della salvezza (Abramo e Davide).
Si traccia, quindi, un’identità più religiosa che storica, anche se ovviamente si assumono per l’edificazione della serie genealogica varie figure reali che hanno contrassegnato la vicenda del popolo al cui interno Cristo è inserito.
Le due versioni genealogiche di Matteo e Luca non sollecitano di per sé un’analisi storiografica, se non in sede critica, perché la loro meta è quella di offrire la carta d’identità non anagrafica, bensì teologica del personaggio centrale.

Egli è contemporaneamente «figlio di Adamo, figlio di Dio», come dicono gli ultimi anelli dell’ascesa nei secoli fatta da Luca (3,38). La rilevanza di Cristo, quindi, non è destinata solo al popolo ebraico, ma si stende universalmente anche sulla storia umana, al di là del percorso all’interno del tempo di un popolo preciso, come è Israele.
Una nota curiosa riguarda l’eventuale nonno “ufficiale” di Gesù. Se, infatti, leggiamo la sequenza di Matteo, abbiamo il nome di un certo Giacobbe («Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria»); Luca, invece, ci presenta un Eli non meglio noto («Giuseppe, figlio di Eli»).
Il bisnonno è, però, comune a entrambe le genealogie, sia pure con una lieve variante di nome: Mattan per Matteo (1,15), Mattat per Luca (3,24). Diversità e coincidenze che confermano la fluidità storica di questo e di altri alberi genealogici offerti dalla Bibbia.

Pubblicato il 10 gennaio 2013 - Commenti (3)

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Postato da Teresi Giovanni il 15/01/2013 16:08

Il Messia promesso proveniva dalla stirpe di Abramo (si veda Genesi 21:12 e Galati 3:16) e dalla stirpe di Davide (si veda Salmi 132:11 e Atti 2:29-30). Quindi, dato che Gesù era il Messia, non poteva che provenire dalla stirpe di Abramo e di Davide. Ed era così. Matteo 1:1 esprime molto questa verità con estrema chiarezza: Matteo 1:1 “ … genealogia di Gesù Cristo, FIGLIO DI DAVIDE, FIGLIO DI ABRAHAMO” Le genealogie di Gesù Cristo non sono un’enumerazione storica ma sono UNA PROVA CHE GESÙ È IL MESSIA, IL CRISTO, IL PROMESSO. In Lui Dio adempì non solo la Sua promessa ad Abrahamo e a Davide (Genesi 21:12, Salmi 132:11) ma anche la Sua promessa a tutta l’umanità (Genesi 3:15) che dopo la caduta aspettava colui che avrebbe rettificato la situazione: il Cristo. Giovanni Teresi

Postato da gio54 il 13/01/2013 17:57

le due genealogie di Gesù, quella secondo Matteo e quella secondo Luca, dimostrano che il Cristo è inserito sia all'interno della discendenza del popolo eletto sia all'interno della storia dell'intera umanità, a prescindere dalla sua elezione. E' per questo che grazie ad esse, per quanto possano apparire aride e prolisse, si riesce a capire che il messaggio di salvezza è indirizzato a tutti gli uomini e non solo a un ristretto gruppo, in quanto il Figlio dell'uomo si è incarnato nel seno di una Vergine, assumendo la nostra natura umana per redimere tutto il genere umano, allontanatosi dal Padre che, nonostante tutto,grazie al suo infinito amore vuole che tutti si salvino e siano degni della vita eterna

Postato da Teresi Giovanni il 11/01/2013 08:35

Quando Gesù riceve il Battesimo è proclamato dal Padre "Figlio Prediletto"; quindi Gesù è il Figlio di Dio. La genealogia che segue risale fino ad Adamo, per sottolineare non solo l'appartenenza di Cristo all'umanità, ma l'universalità della salvezza da lui portata al mondo. Nello stesso tempo, rivendica a Gesù di essere il Messia discendente di Davide. Le genealogie di Matteo e di Luca sono parzialmente diverse a motivo della diversa prospettiva teologica di Luca e Matteo e sono comunque indipendenti. Il fatto della diversità delle genealogie è un fattore che attesta l'autenticità dei Vangeli. I due evangelisti, non elencando gli stesi antenati, (Matteo nomina forse gli eredi al trono e Luca la discendenza di Giuseppe) attestano che non si sono copiati e/o messi d'accordo. L'Angelo riassicura Giuseppe e gli rivela che sarà lui, Giuseppe a dare il nome e il titolo legale di "Figlio di Davide" ovvero del "Bambino e sua Madre" (Mt 2:11,13,14,20,21). Giovanni Teresi

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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