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La senape e il gelso

Il gelso di Raffaello Sorbi (1885-1890), olio su tavola. Collezione privata.
Il gelso di Raffaello Sorbi (1885-1890), olio su tavola. Collezione privata.

"Se aveste fede quanto un granello di senape,
potreste dire a questo gelso:
Sdràdicati e va' a piantarti nel mare!
Ed esso vi obbedirebbe"
(Luca 17,6)

Gli apostoli si accostano a Gesù e gli rivolgono un appello profondamente spirituale (non sempre accadeva così): «Accresci in noi la fede!». E Cristo risponde con questa frase provocatoria nella sua paradossalità. Egli non vuole certamente proporre un modello di fede magica o legata a facoltà prodigiose o a gesti clamorosi e spettacolari. I suoi stessi miracoli erano considerati piuttosto come “segni” oppure “opere” di una salvezza ulteriore offerta, tant’è vero che Gesù si premurava di compierli spesso ai margini della folla e con l’imposizione del silenzio, evitando quindi ogni apparato pubblicitario, come farebbero i maghi.
La frase citata è, in verità, una tipica espressione del linguaggio orientale che ama i colori accesi, i simboli forti, le espressioni radicali per imprimere meglio nell’uditorio un messaggio o una lezione. Anzi, il parallelo presente negli altri evangelisti è ancor più “esagerato” rispetto alla formulazione di Luca. Matteo, ad esempio, sulla scia di Marco (11,23) ha quest’altra immagine ben più imponente: «Se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: Spòstati da qui a là! Ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile» (17,20).
E la frase è ripetuta altrove (Matteo 21,21). Luca, invece, opta per una realtà più modesta, l’albero di sykáminos, come si dice in greco, cioè il “gelso”, ed è l’unica volta che questa pianta entra in scena in tutto il Nuovo Testamento. L’applicazione è semplice e acquista una forza ulteriore nel contrasto tra il microscopico granello di senape – che Gesù aveva già usato come simbolo della piccolezza, ma anche della potenza intima del regno di Dio (Matteo 13,31-32) – e l’albero frondoso e maestoso del gelso.

La fede ha in sé un’energia segreta la cui efficacia è tale da rendere il fedele capace di superare anche prove apparentemente invalicabili. Il detto di Gesù nella redazione di Luca è passibile di un’altra lettura con una sfumatura differente che è messa in luce da alcune traduzioni così concepite: «Con la fede che voi avete, pur piccola come un granello di senape, se diceste a un gelso: Sràdicati e va’ a piantarti nel mare, esso vi obbedirebbe». In altri termini, Gesù si riferirebbe alla fede concreta degli apostoli in quel momento, una fede, sì, piccola e simile a un granellino, ma sempre efficace per la sua forza intima. Sta di fatto che – sia come riferimento alla situazione presente dei discepoli, sia come appello generale ideale – la frase è una celebrazione della grandezza e della potenza della fede.

Pubblicato il 05 aprile 2013 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 06/04/2013 11:49

Per fede non bisogna intendere la semplice credenza nel potere divino, ma la sequela di Gesù e l’adozione dello stile di vita che gli è proprio. Solo mediante una fede forte e autentica è possibile adeguarsi al vangelo, le cui esigenze vanno contro i comportamenti abituali degli umani almeno tanto quanto una pianta che si sradica e va a piantarsi in un altro luogo. Nella sua risposta Gesù si riferisce non alla quantità della fede, come avevano chiesto gli apostoli, ma alla sua autenticità. Naturalmente Gesù non parla di miracoli nel senso che questo termine ha assunto successivamente, cioè di opere che trasgrediscono le leggi della natura. Al contrario egli si riferisce a opere in cui si rivela una carica immensa di amore e di coraggio, di umiltà e di impegno tenace al servizio degli altri. Chi ha una fede autentica non potrà mai venir meno, nonostante i suoi limiti e le sue debolezze, di fronte agli ostacoli e alle sofferenze disseminate sul suo cammino. Sull’esempio di Gesù, che va verso Gerusalemme, il luogo del suo dono totale, il credente sarà capace di andare fino in fondo nella sua fedeltà a lui e al suo messaggio. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 05/04/2013 18:03

Siamo tutti alla ricerca di un senso alla vita. Anche se raggiungiamo delle vette professionali o di ricchezza terrena, il nostro cuore può non esserne appagato. Aspettiamo tutti una grande rivoluzione nella nostra vita, che poi è un mutamento dello sguardo sulle cose e sulle persone. Un cambiamento radicale può avvenire solo nella fede in Cristo, forse anche come “cristiani anonimi” come teorizzava Karl Rahner. La coscienza retta può essere un seme che diventa il grande albero nella fede. Ma rimane un mistero anche psicologico come la fede operi nella nostra anima, rivoluzionandone lo sguardo sul mondo, su noi stessi. Nella mortifera notte che a volte accompagna la nostra anima, si erge potente la voce di Cristo che grida: “abbiate fede!”. Cristo ci dice che è con noi fino alla fine del mondo (Matteo 28, 20). Questa presenza può essere invocata nella lotta spirituale per ritrovare il Cristo che abita dentro di noi e che combatte per noi contro le forze delle tenebre. Non è Egli Onnipotente? Ecco perché la fede stessa è onnipotente! La montagna ed il gelso rappresentano, forse, presenze negative che abitano anch’esse nel nostro intimo e che possono essere rimosse dalla fede nel Signore. Per un rinnovamento interiore inaspettato che solo da Dio possiamo aspettarci. La montagna che si sposta ed il gelso che si sradica possono essere simboli potenti oggetto della nostra stessa preghiera! Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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