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Lo spirito impuro

Teschio di capra, 1957, di Georgia O’Keeffe (1887-1986). San Antonio, Texas, McNay Art Museum.
Teschio di capra, 1957, di Georgia O’Keeffe (1887-1986). San Antonio, Texas, McNay Art Museum.

"Quando lo spirito impuro esce dall’uomo,
si aggira per luoghi deserti
cercando sollievo, ma non ne trova. Allora dice: «Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito»
".

(Matteo 12,43-44)

Gesù con queste parole sembra “sceneggiare” una storia diabolica, introducendo elementi dal sapore mitico. Innanzitutto precisiamo subito chi sia il protagonista, denominato “spirito impuro” (o “immondo”). La locuzione ricorre spesso nei Vangeli (ad esempio, in Marco 11 volte) ed è l’equivalente del “demonio”. Alla base c’è il concetto biblico rituale della “purità” che riguardava il tempio e la vita religiosa: quanto vi si opponeva era ritenuto “impuro”, cioè profano, sottratto all’orizzonte divino e, quindi, in qualche modo ostile a Dio. L’apice supremo di questa “impurità” è ovviamente Satana.

Ora, lo “spirito impuro”, nel racconto di Gesù, è rappresentato mentre viene espulso da una “casa”, ossia dal cuore di una persona che l’ha scacciato attraverso la conversione. Eccolo, allora, vagare nel deserto. Questo tratto è per noi sorprendente perché ha il sapore di qualcosa di fiabesco e, appunto, di mitico. In realtà, c’è una spiegazione legata alla cultura dell’antichità biblica. Il deserto è, in pratica, un mare di sabbia e, come il mare è il simbolo del nulla, del caos, così anche le aree desertiche raffigurano l’assenza della vita, dell’esistenza, della fecondità. Nasce, così, l’idea che esse siano popolate di demoni.

Quando si celebra il grande rito dell’espiazione comunitaria nella solennità del Kippur, il capro che reca su di sé i peccati del popolo e che viene quindi detto “di Azazel”, nome di un demonio dell’antica tradizione popolare cananea ed ebraica, viene allontanato nel deserto. Là egli porta le colpe di Israele perché vi si estinguano (si legga, al riguardo, il complesso rituale del Kippur nel capitolo 16 del libro del Levitico). Inoltre, nella Bibbia si evocano talora i se‘irîm, di per sé “i capri”, ma in realtà si tratta dei “satiri”, ossia di misteriosi esseri o geni zoomorfi che si assembrano e vagano nei luoghi desertici o nelle città in rovina. Il profeta Isaia, quando maledice Babilonia, la città dell’oppressione, annunzia che essa sarà ridotta a un campo di rovine nel quale «si stabiliranno le bestie selvatiche, i gufi riempiranno i palazzi, vi dimoreranno gli struzzi e vi danzeranno i satiri» (13,21).

La stessa scena è ripetuta dal profeta per il tradizionale nemico di Israele, Edom, nelle cui città devastate «i satiri si chiameranno l’un l’altro; là si poserà anche Lilit» (34,14), un demone mitologico femminile, destinato a una certa popolarità nel folclore e nelle tradizioni giudaiche posteriori. Non dobbiamo, dunque, stupirci che la Bibbia, parola di Dio incarnata, cioè legata a una cultura e a coordinate storiche e sociali antiche, assuma anche elementi mitici.

Essi servono a dare vivacità al messaggio che si vuole comunicare sul mistero del male e di Satana, la cui opera è appunto quella di stimolare la libertà umana inclinandola contro Dio, il bene, la giustizia e la verità. Ecco, allora, il deserto come sua sede perché simbolo di caos, di morte e di male, ed ecco anche il desiderio del demonio di rientrare nella casa del cuore e della coscienza delle persone ove poter esercitare il suo influsso nefasto.

Pubblicato il 26 aprile 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 26/04/2012 23:16

Quando l’anima dell’uomo non ha pace per tanti peccati e vaga nel deserto in assenza di valori e di redenzione cercando qualche altro spirito simile, ma non lo trova e vaga nel buio senza pentirsi ; allora ritorna al punto di partenza senza scampo, dimentico che c’è un’altra vita. Così, volendo citare il Sacrificio per l’Espiazione (Isaia 59) “Ecco non è troppo corta la mano del SIGNORE da non poter salvare; né tanto duro è il suo orecchio, da non poter udire. Ma le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto così che non vi ascolta. Tastiamo come ciechi la parete, come privi di occhi camminiamo a tastoni; inciampiamo a mezzogiorno come al crepuscolo; tra i vivi e vegeti siamo come i morti. Noi tutti urliamo come orsi, andiamo gemendo come colombe; speravamo nel diritto ma non c'è, nella salvezza ma essa è lontana da noi.” Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 26/04/2012 11:43

Mi addentro in un terreno che conosco poco, per cui vorrei più porre delle domande e offrire degli spunti di riflessione che dare delle risposte categoriche. Comincio con l’osservare che la mitologia di diverse religioni ci indica la distinzione tra spiriti buoni e spiriti cattivi. Va detto però prima di tutto che ognuno di noi ha un suo spirito naturale che è l’anima. L’idea che la perversione possa attirare spiriti estranei è presente nel Vangelo. Infatti, il passo commentato si chiude dicendo “Così avverrà anche a questa generazione perversa” (Matteo 12, 45). La perversione è poi una forma di impurità che significa appunto contaminazione. L’anima impura attira spiriti impuri come il magnete attira i corpi metallici. C’è una sorprendente assonanza con lo shintoismo. Anche in questa religione è centrale il concetto di impurità. Infatti, lo shintoismo classico considera che le infrazioni alla morale o alla legge, come pure ogni male, sono provocate dall’intervento di uno o più spiriti cattivi sfuggiti allo Yomi (il regno delle tenebre e dell’infelicità). Pur addentrandomi in un terreno che poco conosco, c’è da chiedersi chi crei gli spiriti buoni e gli spiriti demoniaci. Probabilmente, c’è una differenza tra angeli e spiriti. I primi sono superiori agli uomini e sono creati da Dio. Gli spiriti, nel cristianesimo, sono entità invisibili create anch’esse da Dio ma senza i poteri angelici. La possessione di spiriti come contrappasso della perversione, non indica un castigo di Dio ma piuttosto una causa-effetto automatica ed immediata. Questi spiriti immondi, una volta entrati, disturbano la coscienza inducendola a peccare. Perciò, come ricorda Ignazio di Loyola, bisogna fare la massima attenzione a distinguere tra spiriti buoni e spiriti cattivi e perciò preghiamo il Padre nel Padre Nostro non indurci in tentazione, cioè di non abbandonarci all’azione degli spiriti cattivi perdonando i nostri peccati, comprese le azioni impure e perverse. Va però rispettata e accreditata anche la diversa opinione per cui spiriti immondi e diavoli/demonio sarebbero la stessa cosa. A mio avviso, l’interferenza di spiriti immondi cui si riferisce il passo commentato dal Cardinale Ravasi e la vera e propria possessione diabolica sono due fenomeni diversi. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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