Visitazione, Maria ed Elisabetta, miniatura, Egerton 1149, f.53v. Londra, British Library.
"Maria disse all'angelo:
«Come avverrà questo,
poiché non conosco uomo?»".
(Luca 1,34)
Il racconto lucano dell’annunciazione
a Maria ha da sempre un intoppo in
questa risposta che la «vergine, promessa
sposa a un uomo della casa di Davide
di nome Giuseppe» (1,27) rivolge
all’angelo che le affida l’incarico di generare
il «Figlio dell’Altissimo» (1,32). È
noto che il verbo «conoscere» nel linguaggio
biblico può indicare anche l’atto
sessuale. La replica di Maria è agevolmente
decifrabile nel senso più immediato.
La donna ha finora perfezionato
il primo atto del complesso rituale
matrimoniale giudaico, quello del fidanzamento,
che non presuppone ancora
la convivenza.
Pertanto, la reazione di Maria è abbastanza
logica: non “conoscendo” ancora
il suo futuro sposo (in senso pieno)
dato il suo statuto di “fidanzata”, non
potrà ora concepire e poi generare. Ecco,
a questo punto, la precisazione successiva
dell’angelo: «Lo Spirito Santo
scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo
ti coprirà con la sua ombra: perciò
colui che nascerà sarà santo e chiamato
Figlio di Dio» (1,35). La generazione di
Maria prescinde dal legame nuziale
con Giuseppe, tant’è vero che il racconto
parallelo di Matteo (1,18) la vede già
incinta «prima ancora che andassero a
vivere insieme». Là sarà ancora un angelo
a puntualizzare lo stesso concetto: «Il
bambino che è generato in lei viene dallo
Spirito Santo» (1,20).
Se le cose stanno così, perché ci si è accaniti
in passato su queste parole di Maria?
La preoccupazione era quella di
esaltare la Vergine in modo tale da non
farle mai balenare nella mente neppure
la possibilità di un pensiero o un atto
che non fosse in linea con la sua verginità.
Così, alcuni padri della Chiesa come
Gregorio di Nissa, Ambrogio e Agostino
assegnarono a quel presente («non conosco
») un valore di futuro: «non conoscerò
uomo», non ho intenzione – neanche
nel matrimonio con Giuseppe – di
avere rapporti sessuali, emettendo così
un voto di castità perpetua. Ovviamente,
di tutto questo non c’è traccia nella
narrazione lucana.
Questo, però, non significa che la verginità
della madre di Cristo non sia nel
centro del testo evangelico. Il progetto divino,
rivelato attraverso il messaggero
angelico, esclude esplicitamente che Gesù
nasca da un seme umano: Dio opera
in Maria mediante il suo Spirito rendendola
feconda e incinta già in quel
momento epifanico. In questa luce è
ben diversa la situazione tra le due donne
protagoniste del Vangelo dell’infanzia
di Gesù secondo Luca: Elisabetta è
una moglie sterile, implora un figlio e
Dio le concede di averlo tramite il marito
Zaccaria e, così, nasce Giovanni; Maria è
vergine e il figlio che avrà è dono divino
in senso assoluto senza diretta mediazione
umana (Giuseppe avrà solo la funzione
estrinseca di padre legale).
Come scrive un esegeta, Raymond
E. Brown, «nell’annunciazione della
nascita del Battista ci troviamo di
fronte a un ardente desiderio dei genitori
che sentono molto la mancanza
di un figlio. Maria è invece vergine,
non ha ancora vissuto col marito, non
ha questa umana e ardente attesa: per
lei si tratta di una sorpresa. Non si ha
più a che fare con la supplica da parte
dell’uomo e col generoso esaudimento
da parte di Dio. Qui ci troviamo davanti
all’iniziativa di Dio che oltrepassa
qualsiasi cosa sognata da uomo o
da donna».
Pubblicato il 08 dicembre 2012 - Commenti (2)