23
mag

Suor Patricia e suor Monika in Italia

Suor Monika, impegnata contro la tratta delle donne africane.
Suor Monika, impegnata contro la tratta delle donne africane.

Venerdì 20 maggio, suor Patricia Ebegbulem, religiosa nigeriana, responsabile della rete Africa delle religiose contro il  traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale, è intervenuta all’uUniversità americana di Roma durante la cerimonia di laurea. La testimonianza che ha portato è quella di una donna che vive dall’interno il dramma di molte sue connazionali trafficate all’estero e specialmente nel nostro Paese, per essere vendute sulle strade, ad uso e consumo dei clienti italiani del sesso a pagamento.

      «Nonostante il commercio degli schiavi sia stato abolito nel diciannovesimo secolo, continua a far emergere la sua terribile testa attraverso il traffico di donne per lo sfruttamento sessuale promosso da qualche genio diabolico. Un sistema in cui le donne e le ragazze sono vendute e comprate allo scopo di fornire soddisfazione sessuale a clienti paganti». Suor Patricia lavora coraggiosamente contro questo traffico in Nigeria, Paese da cui provengono migliaia di ragazze sfruttate in Italia. Ma ha una lunga esperienza di insegnamento e di direzione di scuole. Conosce l’importanza di formare le nuove generazioni. Per questo, ha realizzato un manuale sul traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale da diffondere nelle scuole superiori della Nigeria. Uno strumento importantissimo per sensibilizzare i giovani e prevenire questo tragico e vergognoso traffico.

     In queste settimane, suor Patricia ha avuto la possibilità di visitare, insieme a un’altra suora nigeriana, suor Monika, diverse comunità di accoglienza di religiose italiane sparse nel nostro Paese. E ha conosciuto in presa diretta l’orribile esperienza della strada di notte. Ha visto il peggio dello sfruttamento e il meglio del loro recupero. Ha vissuto la sofferenza di queste donne distrutte dall’umiliazione della strada, ma anche la gioia di vedere la loro rinascita. E ha potuto apprezzare l’impressionate lavoro di accoglienza che viene svolto nelle comunità di religiose italiane. Uno dei suoi commenti, nei vari incontri a cui ha partecipato, è stato molto duro, ma anche emblematico del sentimento di disagio, sofferenza e indignazione vissuti. «Entrando nelle vostre case, qui in Italia, ho visto che avete tanta cura dei vostri animali domestici. Quanto vorrei che anche le nostre ragazze fossero trattate almeno come loro».

     Purtroppo queste donne, costrette a prostituirsi sulle nostre strade, continuano a essere trattate peggio delle bestie, a soffrire e a morire, senza volto, senza nome, senza casa e senza patria. Durante la loro visita in Italia, le due religiose nigeriane hanno incontrato anche molte ragazze minorenni, che hanno ritrovato in loro altrettante madri, pronte ad aiutare loro e le loro famiglie contro le ritorsioni dei trafficanti e degli sfruttatori. Infine, le due religiose parteciperanno a un incontro internazionale per rafforzare ancora di più il lavoro in rete tra Paesi di origine, transito e destinazione. È organizzato dalla “rete delle reti”, nata nel 2009 e chiamata Talita Kum, su iniziativa dell’Unione delle superiore generali internazionale (Uisg), di cui l’Usmi è parte. Un ulteriore passo per combattere tutti insieme questo vergognoso traffico.    

Pubblicato il 23 maggio 2011 - Commenti (0)
09
mag

Becky, da prostituta a mamma

Beky ha 22 anni e da due vive in Italia. È una delle tante ragazze africane costrette alla prostituzione sulle strade del nostro Paese. Il disprezzo, l’umiliazione e l’emarginazione fanno parte della sua esperienza quotidiana. Sin da quando è arrivata in Italia ha la sensazione di non essere più nessuno: non ha né documenti né un nome, non ha famiglia né amici. L’unica cosa che sa è che la sua vita vale per quello che riesce ad incassare; perciò deve guadagnare molto per pagare il “debito” di 60 mila euro che i trafficanti le hanno imposto.

     Da qualche mese, tuttavia, qualcosa è cambiato. Beky ha scoperto di essere incinta. La prima reazione è stata di sorpresa e di paura: che cosa fare? Ai suoi sfruttatori non piace certo l’idea che per nove mesi rimanga senza guadagnare. Con forti minacce vogliono costringerla ad abortire. Nella mente di Beky emergono i ricordi del suo Paese, della sua famiglia, della sua cultura. Quella gravidanza non aspettata riaccende nel suo cuore un sentimento di dignità che pensava fosse totalmente estinto. Nella cultura della sua terra essere madre è l’espressione più alta dell’essere donna. E così nasce in lei il desiderio di rischiare tutto pur di tenere la sua creatura. Con quel bambino rinasce in lei l’orgoglio di essere donna e donna africana.

     Prendere questa decisione tuttavia non è facile: c'è la consapevolezza di essere da sola in un Paese straniero, la paura di coloro che controllano le schiave della prostituzione, la mancanza di contatto con la famiglia in Africa. Beky si rivolge a un Centro di ascolto della Caritas e le viene proposta l’accoglienza in una casa-famiglia, gestita da religiose. dove avrebbe trovato aiuto e protezione per lei e per il suo bambino. Casi simili sono molto frequenti in Italia. Negli ultimi anni molte donne, specie africane, sono riuscite a sfuggire ai loro sfruttatori chiedendo aiuto alle comunità di accoglienza pur di non perdere il loro bambino. La donna in Africa, pur nella sua grande povertà, mantiene forte il senso della dignità femminile, vissuta nell’altruismo, nel sacrificio e nella dedizione alla propria famiglia.

     La vita della donna africana è basata su tre pilastri, come tre sono le pietre del fuoco su cui cucina: Dio, la comunità e la famiglia. Per le africane, dunque, la maternità è qualcosa di essenziale alla femminilità, in fondo è ciò che caratterizza il loro essere donna. In Italia ci sono molte case che accolgono ragazze disposte a lasciare la strada. Ma questi sono soltanto luoghi di passaggio provvisori, perché l’obiettivo è quello l'integrazione della madre e del bambino nella società. La donna deve sentirsi accolta per essere a sua volta capace di accogliere la propria creatura. Con la maternità queste ragazze che hanno sperimentato tante sofferenze e hanno perso quasi totalmente il senso della propria  identità e dignità, ritrovano il loro valore come donna. L’essere madre regala loro la gioia di donarsi agli altri, fondamentale nella loro cultura.

     Emblematico quello che mi disse una volta una giovane madre nigeriana: «Grazie suora! Se non fosse stato per il vostro aiuto, ora, non soltanto mio figlio non sarebbe vivo, ma non ci sarei stata più nemmeno io». E tutto questo fa parte di una maternità condivisa a tanti livelli perché continua a promuovere la vita, a generare vita e a custodire il grande dono della vita che è sempre dono di Dio per la nostra umanità. E mentre ricordo il dono di mia madre con la sua dolcezza e fermezza non posso non ricordare le tante “madri” missionarie che ho incontrato nella mia vita in Africa e che mi hanno insegnato con il loro esempio che ogni donna è chiamata a generare vita, a portare vita, a far crescere e a proteggere la vita. Ed è stato proprio in Africa che ho imparato a donare vita e a vivere in pienezza il dono della fecondità e della maternità.

     Le donne africane, che incontriamo sulla strada o nelle nostre case di accoglienza, ci chiamano semplicemente “mama”, giacché la religiosa ricorda loro la presenza della madre alla quale confidare preoccupazioni e difficoltà e con cui condividere gioie, speranze e sogni per un futuro diverso. Per la donna africana la maternità è considerata la più grande ricchezza e il sogno più bello che porta nel cuore anche quando vive l’esperienza dello sfruttamento sulla strada con i rischi, le paure e le sofferenze che comporta. L’esperienza drammatica delle ragazze straniere sulle strade italiane è terribile, ma a volte la maternità, anche se frutto di violenza, può diventare la chiave per verso il riscatto e la liberazione.  

Pubblicato il 09 maggio 2011 - Commenti (2)
03
mag

Aprire le porte a Cristo

Dopo la grande manifestazione di affetto, gioia ed emozioni che ha caratterizzato la giornata di domenica primo maggio per la beatificazione del grande Papa, Giovanni Paolo II - dove l’accorato grido all’inizio del suo pontificato ha continuato a riecheggiare in tutto il mondo - ho avuto modo di cogliere ancora una volta questo suo grido che desidero trasmettere a tutti voi, amici e sostenitori del nostro servizio alla dignità della persona, come il grande Papa aveva sempre annunciato e promosso.

     Stamane, prima di partire per la Sardegna per iniziare un lungo e intenso mese di maggio in varie parti d’Italia, insieme a due suore nigeriane con le quali collaboriamo da molto tempo, ho avuto modo di entrare, molto discretamente, nella Basilica di San Pietro e soffermarmi a lungo di fianco a quella bara scarna ma eloquente per intessere un dialogo affettuoso con il Padre e Maestro della mia vita e di quella di milioni di fedeli.

     Nel silenzio e alla presenza di quella bara ho rivisto la mia missione sulle strade del mondo come ha fatto Lui in tanti anni di servizio instancabile; ho pure rivisto tutte le persone che ho incontrato e aiutato come pure le molte altre che ci sono state compagne di viaggio per alleviare le sofferenze di tante persone.

     In modo speciale ho ricordato voi cari amici e amiche, lettori di Famiglia Cristiana, impegnati ad essere come Lui strumenti di verità di armonia, di pace, di solidarietà. Quel suo invito ad aprire le porte a Cristo è riecheggiato fortemente nel mio cuore e desidero trasmetterlo anche a voi affinché ogni persona che incontreremo possa entrare e scoprire il volto vero di Cristo risorto, unico salvatore del mondo. Per voi tutti ho chiesto dalla finestra del paradiso la sua paterna benedizione.

Pubblicato il 03 maggio 2011 - Commenti (1)

Pubblicita

Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

Calendario

<<aprile 2024>>
lmmgvsd
1234567
891011121314
15161718192021
22232425262728
2930

Articoli correlati

È l'8 marzo: facciamoci rispettare

Si chiamano Alessandra Chiesura, Ilaria Perna, Elisabetta Mazzoni, Valentina Pensante, Veronica Maggi e Francesca Savi. Ci sono anche tre Marte: Dossi, Merli, Tollis. Hanno tra i 14 e i 17...

Orsola Vetri

gli altri blog di Famigliacristiana
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati