04
mar

Dimissioni del Papa,scelta di coerenza e amore

Benedetto XVI, con la sua sconvolgente e inaspettata decisione dello scorso 11 febbraio di lasciare il timone della Chiesa di Cristo ad altre mani più forti e robuste, ha messo tutti noi di fronte al segno più tangibile ed eloquente di come vivere la fede oggi attraverso segni concreti e disarmanti, fatti di umiltà e coraggio, di novità e lungimiranza.

Questo gesto, così profetico e umano allo stesso tempo, avviene in un momento particolare non solo per la Chiesa di Pietro che ha sede a Roma; esso infatti si è posto, senza volerlo, in contrapposizione con la ricerca sfrenata, accanita, spudorata e violenta del potere ad ogni costo da parte di partiti e politici, non tanto per gli interessi della comunità, ma più spesso per il proprio tornaconto personale.

La dilagante corruzione e l’abuso di fondi pubblici hanno contribuito a impoverire l’Italia e gli italiani, non solo da un punto di vista economico, ma soprattutto di valori veri e umani. Questo è la visione e la realtà che molte persone hanno vissuto sia durante che dopo le elezioni. E questo è anche il desiderio di  molti: condurre di nuovo l’Italia verso una cultura di onestà e rispetto, di accoglienza e cura, specialmente delle fasce di persone più deboli e a rischio.

Quante persone sono state deluse e sconcertate di fronte a una campagna elettorale meschina, denigratoria e non degna di un popolo civile, che chiede invece dignità e rispetto nelle parole e nei gesti. Quante persone sono rimaste confuse e hanno perso fiducia nelle istituzioni che i nostri politici di tutti gli schieramenti dicevano a parole di voler rappresentare. Quanti soldi sprecati in cartelloni pubblicitari con parole vuote di senso e di realtà.

Ora è tempo di voltare davvero pagina e di mettersi seriamente alla ricerca del bene comune per aiutare la nostra società a costruire un futuro fatto di umanità e soprattutto di attenzione ai giovani, alle donne, al mondo del lavoro e delle famiglie. Ma per fare questo dobbiamo tutti rimboccarci le maniche e assumerci ciascuno le nostre responsabilità: l’Italia, o la si si salverà tutti insieme o finirà per sprofondare - e noi con lei - nel baratro della povertà e dell’umiliazione anche a livello internazionale.

Ben venga quindi l’esempio di Benedetto XVI che, con il gesto della rinuncia al potere e ai suoi privilegi di capo e pastore della Chiesa, ci ha insegnato che cosa vuol dire essere coerenti con i principi della fede in Colui che, ancora oggi, ripete a noi tutti una cosa fondamentale: chi vuole essere il primo deve farsi il servo di tutti, giacché Lui, il Cristo è venuto per servire e non per essere servito. E con Giacomo anche noi ci ricordiamo che: la fede se non ha le opere, è morta in se stessa… «Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». (Gc 2, 14-19)

 

Pubblicato il 04 marzo 2013 - Commenti (1)
03
giu

Famiglia, torna a essere te stessa

Pur non avendo avuto la possibilità di essere presente a Milano per l’Incontro Mondiale delle Famiglie 2012, insieme alle migliaia di famiglie provenienti da tutto il mondo, desidero condividere alcune riflessioni sulla bellezza e la ricchezza che racchiude ogni nucleo familiare. Un uomo e una donna, uniti nell’amore e nella donazione reciproca, quasi sempre arricchita dal dono dei figli, sono la prima e più significativa “cellula della società”, su cui poggia tutto l’ordinamento umano, sociale e religioso. Come tale la famiglia deve essere riconosciuta e valorizzata, protetta e aiutata perché possa essere artefice di crescita e sviluppo di ogni società.

Penso, infatti, con viva riconoscenza al dono della mia famiglia. Essendo l’ultima di cinque sorelle e un fratello, ho potuto godere delle tante premure, esempi, affetto e sostegno che mi hanno poi accompagnato durante tutto il mio lungo cammino di servizio a Dio e alla missione. In questi giorni in cui ho celebrato il mio cinquantesimo di professione religiosa, è sempre stato vivo in me il ricordo del contributo della mia famiglia, nonché della mia comunità parrocchiale, per la piena realizzazione del progetto di Dio nella mia vita.

Infatti, la comunità parrocchiale, quale famiglia di famiglie o famiglia allargata, come viene concepita in modo speciale in Africa, si prende cura dei suoi figli e figlie che sono la più grande ricchezza. La famiglia è sempre la prima scuola di vita, dove possono sbocciare anche le vocazioni di speciale discepolato per un servizio all’umanità, che si esprime e realizza in modi e forme diverse, se trova il terreno fecondo per capire e cogliere l’invito di un nuovo: “Vieni e seguimi!”.

Le madri, in particolare, hanno sempre un ruolo specialissimo da compiere nella famiglia perché sanno intuire, capire, mediare, perdonare ed essere sempre ponti di riconciliazione e di pace.

Nei lunghi anni passati in Africa, ho potuto costatare in tante situazioni e contesti come sempre la presenza della donna contribuisca alla crescita della vita, mettendo in campo le sue capacità, talenti e intuizione di donna e di madre. Ed è proprio la donna che anche nella comunità cristiana ha un ruolo di vitale importanza. La Chiesa in Africa si sviluppa e cresce proprio grazie alla presenza e alla laboriosa creatività delle donne, che con le loro capacità e intuizioni materne sanno costruire la famiglia di Dio. Sono loro le madri generatrici di vita non solo biologica, bensì della vita in abbondanza trasmessa da Cristo alla sua Chiesa.

Sono sempre più convinta che, come nella famiglia naturale, anche nella Chiesa la presenza della donna/madre ha un posto e un ruolo specifico da compiere. Più che mai si sente oggi il bisogno che anche nella Chiesa il“genio femminile” così tanto proclamato e promosso dal Beato Giovanni Paolo II, deve essere maggiormente riscoperto e valorizzato se vogliamo parlare di una “Chiesa Madre” che si prende cura dei suoi figli. Chi più di della donna può presentare il “volto materno di Dio”, che non solo è Padre ma anche madre?

Nella Chiesa abbiamo avuto tante donne che hanno rivelato questo volto materno di Dio attraverso la loro testimonianza, come ha fatto una delle tante donne riconosciute dalla Chiesa come Santa Gianna Berretta Molla, che ha dato la sua vita per generare e far crescere un’altra vita.

Questo vuol dire essere madre oggi anche nella famiglia di Dio. Ma questo ruolo deve essere maggiormente riconosciuto e valorizzato anche dagli stessi pastori della Chiesa, che sono chiamati a cogliere i nuovi segni dei tempi e ad aprirsi a una maggior collaborazione, fiducia, apprezzamento nonché a favorire la presenza della donna nei vari ambiti della Chiesa e delle  comunità cristiane. Ruoli non solo operativi ma anche direttivi, di pensiero, di organizzazione e formazione senza aver paura della sua presenza e delle sue capacità.

Quanto sarebbe più ricca e più credibile la Chiesa se apprezzasse maggiormente la presenza del genio femminile nelle sue varie organizzazioni!

L’esempio di Cristo che ha incontrato ogni genere di donne e le ha apprezzate, valorizzate e inviate ad annunciare la vita vera che sboccia anche dalla sofferenza e dalla stessa morte, è molto eloquente e invita tutti noi a saper riscoprire in ogni donna e madre la figura di Maria, la donna per eccellenza, madre vera della Chiesa e dell’umanità. Maria invita ogni donna a essere madre della piccola chiesa domestica, madre delle comunità cristiane e madre della stessa Chiesa. Solo così potremo riscoprire come la famiglia può e deve essere considerata “il patrimonio principale dell’umanità”, come è stata definita da Benedetto XVI durante il discorso a Milano per l’apertura dell’Incontro Mondiale delle Famiglie.

Pubblicato il 03 giugno 2012 - Commenti (0)
23
nov

Donne, “spina dorsale” della Chiesa africana

Papa Benedetto XVI durante la sua ultima visita in Benin.
Papa Benedetto XVI durante la sua ultima visita in Benin.

Durante la sua visita in Benin, Benedetto XVI ha consegnato alla Chiesa d’Africa l’Esortazione apostolica post-sinodale: Africae Munus (“L'impegno dell'Africa”). Nel capitolo dedicato alle donne, molti sono i passaggi in cui si riconosce alle donne africane il loro ruolo insostituibile nella famiglia, nella società e nella Chiesa. Molte delle affermazioni che i vescovi avevano usato nelle loro raccomandazioni finali sono state elaborate e inserite come linee guida per una Chiesa chiamata a essere al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Le donne, in particolare, sono proprio la “spina dorsale” di questo continente così ricco di valori umani, culturali e religiosi, ma altrettanto impoverito da troppi interessi sia locali, che del mondo occidentale che reitera vecchie e nuove logiche di sfruttamento e oppressione. Tutto questo crea povertà, malattie, discriminazione, ingiustizia e tanta violenza. Le prime a soffrirne sono proprio le donne.

Il Papa si auspica e chiede ai suoi pastori che la stessa Chiesa e la società diano alle donne il posto che spetta loro e incoraggino la formazione delle donne affinché esse assumano «la loro propria parte di responsabilità e di partecipazione nella vita comunitaria della società e della Chiesa. Esse contribuiranno così all’umanizzazione della società». Il documento fa pure emergere l’importanza dell’educazione della donna giacché, «se è innegabile che dei progressi sono stati compiuti per favorire la promozione e l’educazione della donna in certi Paesi africani, ciononostante, nell’insieme, la sua dignità, i suoi diritti così come il suo apporto essenziale alla famiglia ed alla società continuano a non essere pienamente riconosciuti, né apprezzati». Il documento ribadisce che «troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale». C’è quindi bisogno di un vero cambiamento di mentalità e questo può avvenire solo se siamo convinti che «bisogna riconoscere, affermare e difendere l’uguale dignità dell’uomo e della donna». Purtroppo, aggiunge il Papa, «l’evoluzione delle mentalità in questo campo è eccessivamente lenta».

Nella sua Esortazione apostolica, Africae munus il Santo Padre non parla specificamente delle nuove forme di schiavitù del XXI secolo e della terribile piaga della tratta di esseri umani che distrugge la vita di moltissime donne e minori dei Paesi africani. Questo mi è molto dispiaciuto, anche perché nelle proposizioni finali del secondo Sinodo per l’Africa, questa piaga veniva esplicitamente denunciata, così come tanti altri abusi come la schiavitù sessuale ed il turismo sessuale. I Padri sinodali avevano inoltre proposto «la creazione di “case di accoglienza” per ragazze e donne vittime di abusi perché trovino riparo e consulenza, nonché la stretta collaborazione tra Conferenze Episcopali per porre fine al traffico delle donne».

Per chi, come me e come molte altre religiose, lavora qui e in Africa per combattere questo vergognoso traffico, si tratta purtroppo di un’ottima occasione persa. Chi ha vissuto per molti anni in Africa - come ho avuto la gioia di farlo io per 24 anni - a contatto con tante donne africane, piene di vita e di coraggio, sa molto bene il valore di queste donne, ma anche le difficoltà e le sofferenze che esse continuano a vivere e subire. E dunque, nonostante non sia stato fatto alcun riferimento alle vittime della tratta, condividiamo con Benedetto XVI il grido di speranza per tutte le donne africane, affinché possano continuare a essere sempre di più nella Chiesa, nella società e nella famiglia una presenza di vita e di comunione: «La Chiesa conta su di voi per creare una “ecologia umana” attraverso l’amore e la tenerezza, l’accoglienza e la delicatezza, e infine la misericordia, valori che voi sapete trasmettere ai figli e di cui il mondo ha tanto bisogno. Così, con la ricchezza dei vostri doni propriamente femminili, favorirete la riconciliazione degli uomini e delle comunità».

Pubblicato il 23 novembre 2011 - Commenti (0)
09
nov

Donne, la preoccupazione del Papa

Lunedì 7 novembre, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il nuovo ambasciatore della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, Reinhard Schweppe. Durante l’udienza, il Santo Padre ha pronunciato un discorso in cui riafferma con forza che la Chiesa, “forte della verità sull’uomo”, è chiamata a impegnarsi per “quei valori che sono validi per l’uomo in quanto tale, a prescindere dalle singole culture”.

     Egli richiama il popolo tedesco (e non solo) al senso del rispetto e della dignità della persona, valori mai negoziabili. Il Papa rileva che ancora oggi, purtroppo, alcuni “valori fondamentali dell’esistenza umana sono nuovamente messi in discussione”. Per questo, avverte, che la Chiesa ha il dovere di “difendere la dignità dell’uomo” quando “è messa a rischio”. E aggiunge: “Solo una società che rispetti e difenda incondizionatamente la dignità di ogni persona, dal concepimento fino alla morte naturale, può dirsi una società umana”.

     Ma soprattutto con molta forza si esprime contro la discriminazione di genere, la prostituzione e la mancanza di rispetto della dignità di ogni persona. Così il Papa si esprime: “A questo punto, vorrei affrontare un altro aspetto preoccupante che, a quanto pare, dilaga attraverso tendenze materialistiche ed edonistiche soprattutto nei Paesi del cosiddetto mondo occidentale, ovvero la discriminazione sessuale delle donne. Ogni persona, sia uomo, sia donna, è destinata a esserci per gli altri. Un rapporto che non sia fondato sul fatto che l'uomo e la donna hanno la stessa dignità, costituisce un grave crimine contro l'umanità. È ora di arginare in maniera energica la prostituzione che costringe migliaia di ragazze trafficate a vendere il proprio corpo come schiave, ma anche l'ampia diffusione di materiale pornografico, soprattutto in Internet".

     La preoccupazione del Santo Padre trova piena sintonia con quanti si chinano ogni giorno su tante donne e minorenni vendute e comprate, usate e ferite per aiutarle a guarire e a ritrovare il senso della propria vita e dignità, ma offre pure un grande incoraggiamento alle tante donne che in modi diversi subiscono violenze, sia psicologiche che fisiche, specialmente tra le mura domestiche. Mai come in questo tempo è diventata diffusa la discriminazione e la violenza di genere che distrugge rapporti familiari e tra colleghi e toglie sicurezza e serenità. Certamente le parole del Papa vogliono essere anche un forte richiamo alle varie istituzioni laicali e religiose, pubbliche e private, perché ciascuno è chiamato a confrontarsi con la realtà e ad assumersi le proprie responsabilità.

     Solo così potremo contribuire insieme alla costruzione di relazioni nuove non basate su interessi e guadagni o sulla sopraffazione, ma sul rispetto della persona e del vero bene comune. Solo così potremo creare una vera famiglia umana, dove ognuno svolge un ruolo specifico per il bene di tutti. Quante donne in questi ultimi mesi, specialmente mamme con bimbi, hanno trovato rifugio nelle nostre comunità di accoglienza! Lontane dall’incubo dello sfruttamento e da maltrattamenti di ogni tipo, sono desiderose di trovare serenità, sicurezza e stabilità. Ma quanto è difficile guarire certe ferite causate da relazioni violente, dal disprezzo o dall’abuso. Solo l’accoglienza e l’amore disinteressato che non giudica o condanna può aiutare ogni persona a ritrovare se stessa e a riscoprire quella forza interiore che viene da Dio che è Padre di tutti, specialmente delle persone più vulnerabili.

Pubblicato il 09 novembre 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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