25
ago

La Gmg e la storia di Florence

Mentre abbiamo ancora negli occhi le immagini di centinaia di migliaia di giovani di tutto il mondo, radunati a Madrid per celebrare la Gmg e riscoprire la loro appartenenza di cristiani «radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (Col 2,7), penso con emozione e sofferenza a chi non ha potuto essere in mezzo a quella folla di giovani pieni di entusiasmo e di vita. Ripenso alle centinaia di giovani donne immigrate, che incontro ogni sabato pomeriggio - insieme ad altre religiose di diverse congregazioni e vari Paesi -, nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, relegate per 18 mesi e in attesa di espulsione con l’unica colpa di essere in Italia senza documenti.

E ripenso alle migliaia di altre giovani e minorenni costrette a vendersi lungo le nostre strade e che non possono godere con altre ragazze e ragazzi la bellezza di creare una forza di comunione e solidarietà, accomunati dallo stesso ideale e ricerca di verità. Rivedo quella moltitudine di giovani in attesa dell’incontro con Benedetto XVI, pronti ad ascoltare la sua parola che li stimola all’incontro con Cristo, unica speranza che non delude mai, e il mio pensiero ritorna alla Gmg dell’Anno Santo del Duemila, celebrata a Roma.

Ecco allora che rivivo con commozione la storia di Florence, una giovane nigeriana che ha avuto la forza e il coraggio di spezzare le sue catene e di ritornare a essere persona libera. A quel tempo, Florence era costretta a lavorare ormai da due anni lungo una strada di Roma. Da alcuni suoi clienti abituali venne a sapere che giovani di tutto il mondo stavano invadendo Roma per celebrare il Giubileo. Colpita da questa presenza festosa, Florence s'interroga su s{ stessa e la propria vita. Pure lei era giovane e veniva dalla Nigeria, dov’era stata battezzata da piccola nella Chiesa cattolica. Quindi l’invito a partecipare a quello straordinario evento era rivolto anche a lei.

Da tempo, però, non era più in sintonia con la sua fede cristiana perché, come in un fiume in piena, era stata trascinata nel mercato dello sfruttamento sessuale e segnata con il marchio di “prostituta”. Anche lei era stata sequestrata da un “pappone” che la soggiogava e la maltrattava se non guadagnava abbastanza, vendendo il suo corpo insieme alla sua giovinezza, femminilità e dignità. Ormai si sentiva estranea a quel mondo giovanile, così vibrante di gioia e di entusiasmo, che da aveva lasciato alle spalle per vivere un'umiliante e degradante esperienza.

Eppure, Florence, sentiva impellente nel cuore il richiamo di quell’evento, perché il Giubileo era proprio per chi, come lei, attendeva la liberazione da una vergognosa e nuova forma di schiavitù. Nonostante i dubbi e le paure, una forza interiore la spingeva a incamminarsi verso il grande raduno. E così ha lasciato la casa, e si è affiancata ai tanti pellegrini, titubante e sperduta. Si è ritrovata vicino al grande palco. Sorpresa e confusa si è seduta in attesa di vivere il più grande miracolo della sua vita. Alcuni giovani hanno notato la sua solitudine e si sono interessati a lei, offrendole la loro amicizia insieme a viveri e bevande.

Florence si è unita a loro con il canto, la danza e l’entusiasmo che fioriva nel suo povero corpo martoriato e segnato dallo sfruttamento sessuale. A poco a poco si è sentita a suo agio e ha preso coscienza che quell’evento aveva un significato profondo proprio per lei che aveva sperimentato la paura, la solitudine, l’inganno, la delusione, la rabbia, la violenza, la schiavitù e la morte. Florence ha vissuto intensamente quelle ore, lunghe quanto la sua vita di sofferenza, di sfruttamento, di dolore e di delusione, ma altrettanto corte, troppo corte per gustare fino in fondo la gioia della sua giovinezza e dignità ritrovata. Per Florence, il Giubileo si stava realizzando pienamente e in tutta la sua forza, integrità e bellezza.

L’incontro con l’Eucaristia del giorno seguente ha segnato il culmine di tutta la sua esperienza di fede e di misericordia del Signore e Florence ha trovato il coraggio di dire: «Basta!». Due giorni dopo è scappata, lasciando alle spalle, non solo la sua vita di miseria e di umiliazione, ma anche le sue poche cose: non ha portato nulla con sé, all’infuori della sua nuova esperienza interiore, che da quel momento in poi è stata la sua unica forza e ricchezza.

Ricordando Florence, chiediamo a Cristo, che continua a parlare al cuore di tanti giovani assetati di verità, di gioia, di giustizia, di pace e di solidarietà, di continuare a percorrere le strade del mondo, specialmente là dove la dignità della persona, soprattutto di donne e minori, è costantemente disprezzata e calpestata. Lui solo può spezzare le catene di ogni forma di schiavitù per aiutare le persone a vivere in liberà e verità.

Pubblicato il 25 agosto 2011 - Commenti (1)
16
ago

Il meraviglioso dono di Maris

Siamo in piena estate, tempo di riposo e di incontri con vecchi e nuovi amici, di contatti con la natura e di scoperta di luoghi e culture nuove, occasione di tante esperienze e conoscenze che arricchiscono il nostro bagaglio di vita che poi desideriamo condividere. Anch’io sento il bisogno di condividere una storia vera, che mi ha toccato profondamente. Una storia drammatica, ma anche di grande umanità e ricchezza.

La storia di Maris, che ha fatto un cammino di liberazione e guarigione, prima di morire a soli 36 anni. Il 16 luglio 2011 questa giovane donna nigeriana, vittima di tratta, è volata in cielo, dopo aver lottato contro un male incurabile. Ora continua a vivere attraverso i suoi occhi e il suo cuore che ha donato a chi ne aveva bisogno. Ma soprattutto vive ancora attraverso l’esempio del suo coraggio e della sua determinazione, che le hanno permesso di rompere le catene che la rendevano schiava per poi vivere da donna liberata anche l'esperienza difficile della malattia, senza mai arrendersi.

Cosciente del suo male, ha deciso di raccontare la sua storia vera per liberarsi dal macigno che si portava dentro da troppi anni. Storia che ha condiviso su Facebook e che immediatamente è stata letta da migliaia di persone. Dal suo stesso racconto stralcio alcuni passi salienti che costituiscono la trama della sua giovane vita, nonché della sua ricchezza e bellezza interiore che nemmeno la mafia è riuscita a distruggere.

Maris racconta: «Da piccola, alla periferia di Benin City, sognavo che il papà la smettesse di maltrattare mamma che era la sua seconda moglie. La mamma sopportava tutto pur di farci mangiare… Nove tra fratelli e sorelle, cinque dalla prima moglie e quattro dalla seconda, mia madre che doveva provvedere a tutti. Un angelo, la nonna materna, mi ha portato via da quell’inferno. Se non fosse stato per lei avrei subìto l’odiosa pratica dell’infibulazione come le mie sorelle. Questa grande donna mi ha fatto studiare pagando i miei studi fino al diploma. Finiti gli studi, sognavo l’Europa, e allora mio padre, per farmi contenta, mi ha “VENDUTA” in cambio di pochi dollari a dei “signori eleganti” e ben vestiti che mi hanno fatto arrivare in Italia (1995). Prima città Torino, e quei “signori eleganti” mi presero a forza e, alla presenza della mia prima madam, mi violentarono (ripetutamente per tre giorni di seguito), mi dissero che dovevo imparare il mestiere. Non avevo ancora compiuto i miei 21 anni».

Comincia così il calvario di Maris, che si trascina penosamente tra Italia e Spagna sino alla fine del 2003, quando, dopo aver pagato il suo debito, viene lasciata libera dai suoi sfruttatori. Ma ormai è malata ed esausta ed ha subito un intervento chirurgico in conseguenza delle tante violenze passate, che non le avrebbe più permesso di essere mamma. Nonostante tutto, Maris ha avuto il coraggio di raccontare la sua storia. Per se stessa e per tutte le ragazze trafficate, vendute e sfruttate come lei.

Sì, cara Maris, mentre ti ringraziamo per il grande esempio e la forza che ci hai trasmesso e lasciato in eredità vogliamo augurarti la pienezza della felicità che ormai hai già raggiunto. Continua ad essere presente in mezzo a noi per continuare insieme a combattere la tratta di esseri umani, specie per sfruttamento sessuale, affinché più nessuna donna sia venduta e comperata, ma solo apprezzata e rispettata nella sua dignità.

P.S.: L’account su Facebook è: http://it-it.facebook.com/people/Maris-Davis-Joseph/100001332626392

Pubblicato il 16 agosto 2011 - Commenti (1)
05
ago

Prostituzione, educare alla dignità della vita

Nei giorni scorsi, i media hanno dato rilievo a una particolare iniziativa del sindaco di Roma, riguardante un’operazione di polizia avvenuta nella notte del 29 luglio Lo stesso primo cittadino, Gianni Alemanno, vi ha partecipato per rendersi conto personalmente della situazione, dopo varie ordinanze emesse per eliminare la prostituzione dalle strade. L’azione di polizia, denominata “Operazione Decoro, contrasto alla prostituzione”, ha visto impegnati cento agenti e una trentina di pattuglie che per tre ore hanno fermato e identificato 60 donne dell’Europa dell’Est. Di queste 2 erano incinte e 3 minorenni.

Il sindaco ha potuto constatare in prima persona che queste ragazze erano tutte giovanissime e provenienti dai Paesi dell’Est, in particolare dalla Romania, perciò cittadine comunitarie. Ha quindi ammesso che si tratta di un problema che continua a essere presente anche nella città di Roma, nonostante i vari interventi delle forze dell’ordine, le telecamere e le ordinanze fatte per diminuire queste presenze sulle strade, nonché delle multe date alle ragazze stesse e ad alcuni clienti. Il sindaco ha auspicato l’approvazione di una legge che dichiari la prostituzione su strada un reato, così da poter intervenire in modo più decisivo: non solo in termini repressivi, ma in maniera forte anche dal punto di vista sociale.

L’idea di togliere le donne dalla strada è buona solo se questo permette di metter fine al loro sfruttamento da parte di persone senza scrupoli. Altrimenti si finisce ancora una volta per punite unicamente le vittime della tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento sessuale. Ovvero solo ed esclusivamente le donne che vengono costrette a vendere il proprio corpo sulle nostre strade. I nostri interventi dovrebbero mirare soprattutto a colpire con più serietà e forza sia i trafficanti che obbligano queste giovani a prostituirsi, sia coloro che di notte e di giorno le cercano, per usare e abusare del corpo di queste giovani vittime senza speranza e senza futuro.

Purtroppo, sulla base della nostra esperienza, abbiamo constatato che la repressione e le multe date a prostitute e clienti non risolvono il problema se non si lavora seriamente su politiche educative che aiutino le persone ad acquisire la consapevolezza del valore e del rispetto della propria e altrui vita e dignità. Se da un lato, infatti, ci sono migliaia di ragazze costrette a vendere il loro giovane corpo, dall’altro ci sono migliaia di uomini che pensano che con i soldi si può acquistare tutto, anche il corpo di una minorenne indifesa e senza alternative. L’auspicio delle nostre organizzazioni che operano quotidianamente a difesa e protezione di queste giovani vittime di tratta e sfruttamento è quello di creare tavoli di coordinamento per poterci confrontare con tutte le forze che operano sul territorio per il contrasto della prostituzione forzata e per trovare insieme risposte adeguate per risolvere il problema alla radice, in modo che lo sfruttamento non si trasferisca semplicemente dalla strada ai luoghi chiusi.

Pubblicato il 05 agosto 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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