06
apr

La Via Crucis di Ponte Galeria

Erano un’ottantina, tutte donne, provenienti da Africa, America Latina, Europa dell’Est, moltissime cinesi… Tutte hanno partecipato, anche se non sono cristiane. Tutte hanno voluto portare la croce, cantare, pregare… in mezzo al cortile, in mezzo alle sbarre.

Non so se riesco ad esprimere il vissuto di una Via Crucis tutta speciale, celebrata questo Venerdì Santo presso il Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di Ponte Galeria a Roma. È stato come un regalo di Gesù per me, questo cammino vissuto con le donne e le ragazze del Cie. Come gruppo di religiose, ogni sabato pomeriggio visitiamo la sezione femminile di questo Centro, per conoscerle, ascoltarle, stare con loro; condividere le loro sofferenze e dare speranza; pregare con loro, ridando fiducia e affidandole al Signore Risorto. Essere con loro, perché non si sentano sole e abbandonate.

Oggi, Venerdì Santo, è stato un appuntamento tutto speciale con il “Primo Clandestino” della storia, Gesù Cristo Crocifisso, per celebrare il rito liturgico della Via Crucis. Il Crocifisso è stato visibilmente presente in mezzo a loro e ha preso tutta l’attenzione e il raccoglimento delle ragazze. Anche solo la sua presenza dava tanta serenità, consolazione e forza.

«Chiunque volgerà il suo sguardo verso di Lui, sarà salvo»,dice la Scrittura. Non ci sono volute parole speciali. Abbiamo ascoltato con il cuore i racconti evangelici della sua passione e morte nelle diverse lingue. Era facile intuire come ogni ragazza vedesse e sentisse con il cuore e la mente; mentre con i gesti adorava colui che conosce tutto il patire umano, di fronte al quale Gesù non è mai stato indifferente. Anzi si è offerto con amore.

E allora anche l’adorazione alla croce con il bacio è stato un affidare al Crocifisso la loro vita, la loro storia, il loro futuro: un grande atto di abbandono, perché da quel luogo di reclusione e di snervante attesa venga presto la libertà e la possibilità di vivere una vita libera, serena e dignitosa. Nella meditazione delle sei stazioni che erano state scelte, seguendo un breve cammino all’interno della struttura, le ragazze e le donne si sono lasciate tutte coinvolgere pienamente. Mi è sembrato di avvertire come questo luogo venisse alleggerito e purificato, riempito di speranza e di coraggio, nella certezza che il Signore non abbandona mai nessuno, ma assicura a tutti la sua presenza che salva e sostiene.

Non posso dimenticare queste donne. Hanno, volti, nomi, storie… Sono scappate dai loro Paesi per trovare una vita più degna e sicura. Si ritrovano invece in Europa e in Italia in mezzo a infinite difficoltà, tra cui il mancato riconoscimento della loro dignità di persone. È anche per loro, che il “Primo Clandestino” della storia si è lasciato crocifiggere per assicurare vita piena per tutti. L’Amore è più forte della morte - ci ricorda l’apostolo Paolo - e questo forte e fecondo Amore divino ci dà la capacità di resistenza per non mollare mai di fronte alle prove della vita.

Sappiamo tutti che dopo ogni Venerdì Santo c’è sempre la Pasqua di Risurrezione. Lui ha spezzato le catene di ogni schiavitù, oppressione, ingiustizia, discriminazione e sfruttamento. Con la sua risurrezione affida alle donne il grande annuncio di speranza e liberazione per tutte le persone che soffrono e sperano in un futuro di pace e armonia, un futuro dove ogni persona possa venire rispettata nella sua dignità. Cristo è vivo e ci rende oggi capaci di essere risurrezione anche nel Cie di Ponte Galeria.

Pubblicato il 06 aprile 2012 - Commenti (0)
31
ott

La ricchezza delle donne immigrate

Giovedì  27 ottobre è stato presentato a Roma, e in contemporanea in tutte le regioni italiane, il 21° Rapporto sull’Immigrazione: “Oltre la crisi, insieme”. Come ogni anno, il dossier statistico di Caritas Italiana, Migrantes e Caritas Roma viene presentato con dati accurati che ci parlano in modo concreto e reale del variegato mondo dell’immigrazione e che ci aiutano a riflettere e valorizzare la presenza di tante persone che noi chiamiamo ancora stranieri, ma che sono ormai parte integrante del nostro tessuto sociale.


     Vorrei soffermarmi in modo particolare sulla presenza delle donne la cui percentuale supera ormai quella degli uomini. Su quasi 5 milioni gli immigrati residenti nel nostro Paese - pari al 7,5% della popolazione italiana - e le donne con un regolare permesso di soggiorno costituiscono il 51,8 per cento della popolazione immigrata. Ma dove sono tutte queste donne? Che cosa fanno? Che contributo offrono alla nostra società?


     È stato più volte affermato che le donne immigrate sono un elemento fondamentale di crescita, sviluppo e integrazione: primo fra tutti, contribuiscono fortemente e concretamente al tasso di fecondità nazionale. Il Dossier statistico mette in risalto il contributo delle donne straniere alle nascite e quindi alla ripresa demografica del Paese. I figli dovrebbero essere considerati la prima grande ricchezza su cui investire perché sono proprio loro che offrono stabilità, crescita e sicurezza di futuro per ogni Paese che vuole avere continuità. E le donne immigrate che portano con sé le ricchezze delle loro culture di origine, amanti della vita e della maternità, ci offrono questo dono. 

   

Esse sono pure portatrici di un tesoro di saperi e di competenze che Paesi come il nostro hanno tutto l’interesse a conoscere e assorbire. Abbiamo quindi bisogno di scoprire maggiormente e valorizzare le preziose risorse che ci vengono offerte, come l’enorme contributo di esperienza e di umanità che le immigrate portano con sé dai loro Paesi di provenienza.

     Queste donne le troviamo principalmente nelle nostre case, nella cura dei nostri bambini oppure nell’assistenza ai nostri genitori anziani e ammalati. Proprio a loro affidiamo le persone più preziose e care: la vita che nasce e cresce e quella che volge al tramonto. A loro va quindi la nostra riconoscenza e il nostro affetto. Ma anche la consapevolezza di quanto possa essere duro e difficile per ciascuna di loro il distacco dal loro Paese e dal loro mondo di affetti, relazioni, lingua e cultura per avere in cambio un lavoro remunerativo che permetta a se stesse e alle famiglie lasciate nei luoghi di origine di avere una vita più dignitosa. Molte di loro, infatti, sono fuggite dalla povertà o da situazioni di conflitti nella speranza di trovare un po’ di benessere e di dare un futuro ai propri, spesso bambini lasciati in custodia agli anziani genitori per prendersi cura dei nostri bambini.

     Ma ci sono anche migliaia di donne immigrate che non sono state considerate numericamente in questo Dossier, perché prive di documenti. Molte di loro sono ancora in balìa di trafficanti che sfruttano la loro situazione di illegalità per costringerle a vendere il loro corpo sulle nostre strade. Altre le troviamo rinchiuse per lunghi mesi nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE)  dove vivono la sofferenza di un futuro incerto e di un rimpatrio forzato. Altre ancora, purtroppo, continuano a morire sulle nostre strade: come Joy, che lo scorso mese di ottobre è stata trovata in un torrente alle porte di Novara, ammazzata a soli 21 anni.

     Ora mi sto occupando del caso di Jessica, morta nei giorni scorsi per un’emorragia celebrale a poco più di trent’anni. Chi l’aveva conosciuta ha commentato: «La strada e gli aguzzini hanno rubato la vita a questa creatura». Anche loro come tutte le donne avevano dei sogni da realizzare. Nel giorno dedicato ai nostri defunti, abbiamo dunque un ricordo speciale, una preghiera e una richiesta di perdono per tutte le vittime uccise anche dalla nostra indifferenza.

Pubblicato il 31 ottobre 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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