26
lug

Quando la mafia non perdona

Sono nei nostri occhi le immagini dei barconi carichi di esseri umani che in questi ultimi mesi si susseguono con ritmi a volte giornalieri sulle coste di Lampedusa. Uomini, donne, talvolta bambini, che fuggono dalla guerra e dalla povertà in cerca di accoglienza, sicurezza e di un po’ di benessere per se stessi e per i propri familiari. Purtroppo molti di loro non sono nemmeno giunti alla meta dei loro desideri, perché sepolti nel mare. Sui volti di quelli che arrivano si nota ancora tanta sofferenza mentre certamente ognuno di loro porta dentro di sé l’esperienza di drammi vissuti, di relazioni stroncate, di sogni infranti.

Mentre rifletto sulla realtà di tanti immigrati disperati, rivivo la triste storia di una delle tante donne accolte nelle nostre case-famiglia. Due anni fa, proprio in questi giorni, ricevo una telefonata da un’ispettrice di polizia che mi chiede se conosco una certa Jennifer. Aveva trovato il mio numero di telefono sul suo cellulare e sperando di poter avere qualche notizia mi aveva telefonato. Immediatamente ho pensato che fosse successo qualche cosa di grave. L’ispettrice mi conferma che Jennifer è stata barbaramente uccisa. La mia prima reazione è stata: “Si sono vendicati!”.

Conoscevo bene la triste storia di Jennifer, dei suoi due bambini lasciati in Nigeria per venire in Italia dopo un lungo e faticoso viaggio durato tre mesi, attraverso il deserto, dove ha sofferto la fame, la sete, il caldo e la stanchezza e dove si è accorta di essere incinta di suo marito. Poi il viaggio su un gommone con 52 migranti che si è capovolto e si sono salvate solo tre persone, scaraventate sugli scogli e soccorse dalle motovedette. Jennifer era una di queste.

Giunta in Italia, la madam che l’aveva contattata e le aveva promesso un lavoro in un negozio la costringe ad andare sulla strada. Quando si accorge che è incinta cerca a più riprese di farla abortire. Jennifer riesce a scappare e porta avanti la sua gravidanza, ma a causa dei tanti maltrattamenti subiti il bimbo nasce prematuro. Mamma e figlio vengono accolti in una delle nostre strutture. Naturalmente Jennifer si rifiuta di pagare i 40 mila euro richiesti dalla madam, per cui iniziano i contatti e le minacce alla famiglia in Nigeria. Jennifer è decisa a non cedere alle ritorsioni perché vuole pensare ai suoi bambini. Un mese dopo, di fronte alla determinazione di Jennifer di non pagare, è scattata la tremenda vendetta. La mafia nigeriana colpisce sempre e senza pietà. Jennifer è stata uccisa e i suoi tre bambini sono rimasti orfani. Dopo due anni di indagini, come spesso capita in questi casi, non si è ancora trovato nessun colpevole, anche se alcuni connazionali potrebbero conoscere i responsabili. Ma hanno paura di dire la verità perché essendo tutti stranieri e la maggior parte clandestini temono pure loro le ritorsioni della mafia nigeriana o di essere rimpatriati perché privi di documenti.

Purtroppo non c’e mai nessun risarcimento per questi omicidi e questi tre bambini oggi sono a carico della famiglia di origine, molto povera. Stiamo cercando, attraverso alcune nostre istituzioni caritative, di offrire almeno un sostegno per la scuola e per dare un futuro a questi piccoli, anche loro vittime di una mafia e di una società corrotta che ha perso il senso e il valore della vita e della dignità della persona.

Pubblicato il 26 luglio 2011 - Commenti (0)
23
mag

Suor Patricia e suor Monika in Italia

Suor Monika, impegnata contro la tratta delle donne africane.
Suor Monika, impegnata contro la tratta delle donne africane.

Venerdì 20 maggio, suor Patricia Ebegbulem, religiosa nigeriana, responsabile della rete Africa delle religiose contro il  traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale, è intervenuta all’uUniversità americana di Roma durante la cerimonia di laurea. La testimonianza che ha portato è quella di una donna che vive dall’interno il dramma di molte sue connazionali trafficate all’estero e specialmente nel nostro Paese, per essere vendute sulle strade, ad uso e consumo dei clienti italiani del sesso a pagamento.

      «Nonostante il commercio degli schiavi sia stato abolito nel diciannovesimo secolo, continua a far emergere la sua terribile testa attraverso il traffico di donne per lo sfruttamento sessuale promosso da qualche genio diabolico. Un sistema in cui le donne e le ragazze sono vendute e comprate allo scopo di fornire soddisfazione sessuale a clienti paganti». Suor Patricia lavora coraggiosamente contro questo traffico in Nigeria, Paese da cui provengono migliaia di ragazze sfruttate in Italia. Ma ha una lunga esperienza di insegnamento e di direzione di scuole. Conosce l’importanza di formare le nuove generazioni. Per questo, ha realizzato un manuale sul traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale da diffondere nelle scuole superiori della Nigeria. Uno strumento importantissimo per sensibilizzare i giovani e prevenire questo tragico e vergognoso traffico.

     In queste settimane, suor Patricia ha avuto la possibilità di visitare, insieme a un’altra suora nigeriana, suor Monika, diverse comunità di accoglienza di religiose italiane sparse nel nostro Paese. E ha conosciuto in presa diretta l’orribile esperienza della strada di notte. Ha visto il peggio dello sfruttamento e il meglio del loro recupero. Ha vissuto la sofferenza di queste donne distrutte dall’umiliazione della strada, ma anche la gioia di vedere la loro rinascita. E ha potuto apprezzare l’impressionate lavoro di accoglienza che viene svolto nelle comunità di religiose italiane. Uno dei suoi commenti, nei vari incontri a cui ha partecipato, è stato molto duro, ma anche emblematico del sentimento di disagio, sofferenza e indignazione vissuti. «Entrando nelle vostre case, qui in Italia, ho visto che avete tanta cura dei vostri animali domestici. Quanto vorrei che anche le nostre ragazze fossero trattate almeno come loro».

     Purtroppo queste donne, costrette a prostituirsi sulle nostre strade, continuano a essere trattate peggio delle bestie, a soffrire e a morire, senza volto, senza nome, senza casa e senza patria. Durante la loro visita in Italia, le due religiose nigeriane hanno incontrato anche molte ragazze minorenni, che hanno ritrovato in loro altrettante madri, pronte ad aiutare loro e le loro famiglie contro le ritorsioni dei trafficanti e degli sfruttatori. Infine, le due religiose parteciperanno a un incontro internazionale per rafforzare ancora di più il lavoro in rete tra Paesi di origine, transito e destinazione. È organizzato dalla “rete delle reti”, nata nel 2009 e chiamata Talita Kum, su iniziativa dell’Unione delle superiore generali internazionale (Uisg), di cui l’Usmi è parte. Un ulteriore passo per combattere tutti insieme questo vergognoso traffico.    

Pubblicato il 23 maggio 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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