Venerdì 25 maggio ho partecipato a Vicenza a una tavola rotonda nell’ambito dell’VIII Festival Biblico, insieme a Marina Corradi, giornalista di Avvenire, e Armando Matteo, teologo e scrittore. Moderava la conversazione Roberto Fighetto caporedattore cultura di Avvenire.
Da alcuni anni Vicenza ospita questo grande evento che offre a migliaia di persone momenti di riflessione e confronto su tematiche di grande importanza per la società odierna, per tanti motivi smarrita e confusa e in cerca di parole di vita e di speranza nella Scrittura.
Siamo tutti assai preoccupati della crisi economico-finanziaria che ha sconvolto le nostre vite e le nostre abitudini, ma forse dovremmo riflettere maggiormente anche sulla crisi etica e di valori per riscoprire motivi di speranza su cui poggiare la nostra vita. La saggezza della Scrittura (Mt. 7, 24-27) ci ricorda che per troppi anni la nostra società del benessere a ogni costo e del consumo senza regole ha cercato di costruire sulla sabbia molti castelli. Molti di questi sono crollati alle prime difficoltà, anche per mancanza di senso del sacrificio, dell’onestà e della responsabilità.
Di fronte all’attuale crisi anche noi cristiani ci siamo lasciati prendere dal panico, dalla paura e dallo sconforto. Non sappiamo più trovare motivi di coraggio e di speranza e ci lasciamo prendere dall’angoscia e a volte anche dalla disperazione perché forse ci rendiamo conto che la nostra costruzione non aveva fondamenta e che all’abbattersi delle intemperie tutto è crollato.
Invece, solo la speranza può sconfiggere tutte le paure che ci portiamo dentro. Ma è proprio quando la barca cerca di affondare a causa della burrasca che anche noi, come gli apostoli, sentiamo il bisogno di gridare: «Signore salvaci». La sua risposta non può essere che la stessa: «Uomini di poca fede perché avete dubitato?» (Mt. 14,3). Perché continuate a basare le vostre speranze semplicemente sulle vostre capacità e forze, che sono pur sempre necessarie ma limitate, e non vi rendete conto che il Padre Celeste ha cura dei suoi figli. Ci dice infatti: «Osservate come crescono i gigli del campo, non lavorano e non filano, eppure neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta"» (cfr. Mt 6, 28-33).
Ecco dove si appoggia la nostra speranza cristiana anche nei momenti di maggior difficoltà. E tutto questo me lo hanno insegnato soprattutto le donne africane, che non si sono mai arrese e disperate di fronte alla loro povertà endemica. Altro che crisi economica! Loro, in condizioni di povertà estrema, hanno continuato a mettere in campo con coraggio tutte le loro energie, unite alla fiducia e alla speranza che il Signore non le avrebbe abbandonate. Anche di fronte alle prove più difficili la loro frase più frequente era: «Ngai are ho», che significa: «Il Signore c’è». Il Signore provvede, il Signore non ci abbandona. Questa fiducia, però, non impediva loro di darsi da fare in tutti i modi, nonostante i pochi strumenti che avevano a disposizione, per continuare con tenacia, coraggio, determinazione, ingegno e laboriosità a procurare il necessario per la famiglia e da condividere con chi era più povero di loro.
Forse è proprio questo che è carente nella nostra società moderna. Abbiamo dimenticato che la condivisione dei beni crea sempre comunione e speranza, perché contribuisce al vero bene comune. Le donne africane vivono ancora oggi l’esperienza dei primi cristiani, quando «nessuno mancava del necessario» (Atti 4,34-37).
Purtroppo, nella nostra società, oggi abbondano i casi di corruzione che vedono coinvolte personalità a tutti i livelli: imprese, organizzazioni, partiti, e anche del governo. Persone che dovrebbero essere modelli di onestà e legalità e che hanno impoverito tutta la società non solo per quanto hanno rubato, ma anche per il disprezzo dei valori umani e sociali.
Grazie a Dio, l’Italia può ancora contare su tanti volontari, con molte donne in prima linea, che ogni giorno con il loro servizio e la loro dedizione offrono speranza e sollievo a tante persone che vivono nell’indigenza e che hanno bisogno di trovare aiuto per superare le difficoltà causate ancora una volta dai nostri squilibri di potere.
Pubblicato il 28 maggio 2012 - Commenti (0)