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Donne per l’unità d’Italia

Tre bandiere tricolore - che rappresentano i tre giubilei del 1911, 1961 e 2011 in un collegamento ideale tra le generazioni - costituiscono il logo dell’anniversario che abbiamo celebrato il17 marzo in tutta Italia e anche all’estero per molti italiani emigrati per lavoro o per studio. Queste tre bandiere ci ricordano la necessità di ritrovarci popolo, di riconoscerci comunità nazionale e, allo stesso tempo, cittadini europei, non come rifugio in ciò che è già avvenuto, ma come occasione per il Paese di riscoprire la propria identità e il proprio modo più autentico di essere, di crescere e di continuare il cammino intrapreso.

Abbiamo celebrato un anniversario molto importante e significativo: i 150 anni dell’unità d’Italia, la nostra Madre Patria che in tutti questi anni ha generato figli e figlie, che in modi diversi hanno contribuito allo sviluppo del Paese. Personalità che si sono distinte nel campo della politica, della cultura, della scienza, dell’arte, della musica, della solidarietà…: persone che hanno portato il buon nome dell’Italia nel mondo intero.

In tutti questi anni il nostro Paese è emerso con coraggio e determinazione da tante vicissitudini di povertà e conflitti. Questo non solo per la presenza di persone che hanno fatto “storia”, ma soprattutto per la capacità di tanta gente comune che, giorno dopo giorno, ha fatto conoscere il volto e il nome della nostra patria sulla scena politica, economica, sociale e religiosa del mondo.

Tra questa gente, comune e laboriosa, mi piace oggi ricordare la presenza e il contributo delle donne, non solo di quelle che per le loro capacità si sono affermate affiancandosi al sesso maschile nei campi direttivi e di governo; vorrei ricordare piuttosto le donne di tutte le età ed estrazione sociale, che hanno creato nel loro quotidiano il vero tessuto sociale di questa nostra Patria, basato sui valori del lavoro, del rispetto e dell’onestà; sulla fedeltà, insomma, a quei valori autentici - umani e cristiani - che sono stati così trasmessi alle varie generazioni.

Vorrei ricordare prima di tutto le donne, così dette “casalinghe”, spose e madri, le quali con la loro laboriosità e tenacia sono state il cuore e la vita della famiglia, vissuta anche come “Chiesa domestica”, impegnate a formare ed educare ai valori della convivenza e della responsabilità sociale. Ricordo pure le donne che, pur conservando un ruolo preciso nella famiglia, hanno impegnato le loro capacità nel mondo del lavoro: nelle fabbriche, nelle scuole, negli ospedali, nelle comunità cristiane, portando ovunque quel tocco che le caratterizza nella femminilità, gentilezza, ospitalità e maternità.

Vorrei, inoltre, ricordare tutte quelle donne religiose che nei monasteri di clausura, nelle comunità di vita attiva e nelle missioni hanno fatto fiorire opere di solidarietà ed emancipazione, particolarmente a favore delle classi più svantaggiate e di persone in difficoltà. Di queste persone difficilmente si occupano i mezzi di comunicazione sociale, ma sono soprattutto loro che hanno contribuito a mantenere viva nella nostra società i valori portanti per una comunità equilibrata che sa unire il concreto con il trascendente, il privato con il pubblico, il particolare con il sociale, il benessere con la solidarietà e la condivisione.

A questo riguardo ringrazio la scrittrice e giornalista Maria Pia Bonanate per avere raccolto le storie di parecchie religiose e aver pubblicato il libro “Suore” (Ed. Paoline), dove le figure e le storie di diverse donne comuni, con il loro servizio, amore e donazione, senza interessi personali, senza mirare alla carriera, hanno fatto la differenza e hanno costruito una società dove le opere concrete scaturiscono dal cuore di donne. Donne che sono accanto a chi fa più fatica a vivere e a chi, forse, non è considerato “persona” con gli stessi diritti e la medesima dignità di ogni altra persona umana.

A tutte voi donne, forti o deboli, giovani o anziane, nei ruoli di governo o madri di famiglia, laiche o religiose giunga il mio augurio e l’invito ad essere sempre più consapevoli del nostro ruolo specifico di presenze di vita e armonia, fedeltà e accoglienza, pace e riconciliazione. Questo è ciò che l’Italia si aspetta da noi donne per la costruzione di una nazione, dove ogni persona non vale per ciò che produce, ma ciò per che è: essenzialmente “Persona” con diritti e doveri e soprattutto con la medesima dignità, perché creata ad immagine di Dio.

Pubblicato il 21 marzo 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Noi donne oggi

Suor Eugenia Bonetti

Missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno comincia a lavorare in un Centro d’ascolto e accoglienza della Caritas di Torino, con donne immigrate, molte delle quali nigeriane, vittime di tratta. Dal 2000 è responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi). Coordina una rete di 250 suore di 70 diverse congregazioni, che operano in più di cento case di accoglienza. Il presidente Ciampi l’ha nominata nel 2004 Commendatore della Repubblica italiana.
Ha scritto con Anna Pozzi il libro "Schiave" (Edizioni San Paolo).

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