L'altro ieri al radiogiornale: «Le donne lavoratrici italiane sono tra le meno tutelate in Europa».
Il 27% delle donne abbandona il lavoro dopo il primo figlio. I tre motivi che portano a questa scelta obbligata sono: mancanza di parenti a cui chiedere aiuto, mancanza di nidi, impossibilità di ottenere un part-time. In Italia le donne che hanno ruoli di potere sono pochissime. Se è vero che i talenti sono ugualmente distribuiti tra uomini e donne, è insostenibile che la distribuzione dei ruoli di potere sia quasi esclusivamente col fiocco azzurro: nel Parlamento più dell’80%, nei vertici delle banche il 99%, tra i dirigenti aziendali il 97%, etc.
In NORVEGIA le cose vanno diversamente: media figli per ogni donna 1,98, in aumento. Le pari opportunità sono state definite per legge e ora sono una consuetudine: nel Parlamento più della metà dei governanti sono donne e le aziende, per essere quotate in borsa, devono avere almeno il 40% dei dirigenti donne. Queste trasformazioni hanno stimolato le famiglie ad avere più figli. La maternità è ben tutelata e fare la mamma e lavorare è un sogno possibile. Per le donne sono previste 56 settimane all’80% dello stipendio (più di un anno) e un congedo pagato per i papà di 10 settimane. La quota prevista per i papà è, per legge, prendere o lasciare: o i papà ne beneficiano o va persa. Questo fa sì che oggi ne godono più del 90% dei papà lavoratori. Un quarto si prende fino a 3 o 4 mesi di congedo. È normale trovare gruppi di papà che si accordano per gestire i bambini piccoli. A farlo sono professionisti dalla carriera brillante, ingegneri, politici, manager, etc. non temono di essere penalizzati per questo, lo fanno tutti, a tutti i livelli sociali. Gli asili nido offrono un servizio per tutti i bambini. La coppia può organizzarsi nella gestione dei figli contando su molte opportunità.
Le donne dovrebbero poter uscire e rientrare dal mondo del lavoro per dedicarsi alla cura dei figli senza subire penalizzazioni o perdita della propria posizione lavorativa. Smettere di lavorare per prendersi cura dei figli deve essere una scelta, non un ripiego forzato. Nello stesso tempo è ingiusto che lavorare significhi non potersi prendere cura dei propri bambini.
Gli economisti dicono che le pari opportunità non sono fondamentali solo per l’equità, ma anche per l’efficienza economica. Nella nostra nazione, l’obiettivo della partecipazione al mondo del lavoro del 60% delle donne, decretato dalla Comunità Europea, è ben lontano dal poter essere. Fare la mamma casalinga come ripiego fa soffrire, vedere i propri talenti atrofizzarsi, sentire la nostalgia dell’incontro con i colleghi, essere insoddisfatte… non rende certo madri migliori. Io ho scelto di stare a casa. Molto del mio lavoro lo posso svolgere da qui grazie a Internet. Per molte donne però questo non è possibile.
Da ultimo, la notizia della nuova stretta sui permessi per assistere i familiari disabili, part-time, congedi, aspettativa, mobilità per i dipendenti pubblici, annunciata dal Ministro Brunetta, rende la Norvegia sempre più lontana. Raccontateci cosa ne pensate e aspetto le vostre storie. Se volete saperne di più vi consiglio la puntata di Presa Diretta “Senza donne” da cui molti dei dati qui sopra sono tratti. Per vederla:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-cb48e85d-a5a4-404c-97b0-716111bfe349.html?p=0
Pubblicato il 14 ottobre 2010 - Commenti (2)