di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
24 apr
Circa due anni fa è mancato mio padre.
Nell’ora finale, accanto a noi figli c’era
il suo badante peruviano. Quest’uomo
si è sempre comportato bene, anche in
seguito con mia madre. La sera del decesso,
l’ho visto piangere. In questi mesi, però,
ho sentito spesso mio fratello insultarlo
per il colore della pelle. E mia sorella
gli controllava il cibo. Tenga presente
che stava con mia madre notte e giorno.
I miei fratelli conoscono solo l’odore dei
soldi, non hanno amici né affetti. Capita
che maltrattino mia madre ottantenne, che
non riesce a farsi rispettare come un tempo.
Ora, senza preavviso, hanno licenziato
il badante, gettandolo nella disperazione
perché gli è scaduto il permesso di
soggiorno. Come posso credere ancora
nella famiglia?
Marinella - Torino
L’odore dei soldi può tramutarsi in lezzo insopportabile.
L’avidità e l’egoismo riempiono
la casa di beni, ma svuotano il cuore di umanità.
Gli amici e gli affetti non si comprano col denaro.
E il destino degli avari e degli sfruttatori
è languire nell’abbandono, dimenticati da tutti.
«Chi semina vento raccoglie tempesta». Ma
la famiglia è altra cosa. E tu dove sei?
Pubblicato il 24 aprile 2013 - Commenti (2)
14 gen
Caro don Antonio, in questo periodo
tramite la rivista vorrei rivolgere un sentimento
di riconoscenza e un augurio di bene alle “badanti”,
presenti in centinaia di migliaia di famiglie italiane.
Queste donne moldave o ucraine di mezza età,
che lasciano la loro famiglia e i figli, sono oltre
seicentomila in Italia. Per tantissime famiglie
di casa nostra sono divenute un supporto prezioso
nell’assistenza degli anziani. E con costi, comunque,
più contenuti rispetto ad altre scelte per assistere
le persone non autosufficienti. Sarebbe doveroso
che le nostre comunità si interrogassero sul modello
sociale che stiamo realizzando. E quale spazio
vogliamo riservare a una presenza multietnica, che
determina molte nostre scelte di vita. Infatti, senza
questa loro presenza, saremmo costretti a rivolgerci
alle Case di riposo o ad altre soluzioni. Dopo aver appena festeggiato
la nascita di Gesù, venuto per riscattare l’umanità,
apriamoci ai migliori sentimenti di amore e di
gioia e anche alle nostre
collaboratrici familiari, per un dono verso le loro
famiglie lasciate “orfane”.
Giuseppe D. - Chiari (Bs)
Nessuno sa, con esattezza, quante siano le badanti in
Italia. C’è chi dice cinquecentomila, chi quasi un milione.
Comunque, un esercito di donne straniere, che curano anziani
e bambini. Evitando all’Italia l’implosione del sistema
dell’assistenza. Persone, spesso, trattate con poco garbo
e umanità. Talora, sfruttate. Costrette anche a sessanta
ore alla settimana, senza una vita privata, lontane dalle
loro famiglie e dagli affetti più cari: figli e mariti. Pur di
mettere assieme un po’ di soldi, un piccolo gruzzolo da far
fruttare nei Paesi d’origine. Per salvare le nostre famiglie,
spesso distruggono le loro. Al punto, che in qualche nazione,
in Ucraina in particolare, le autorità politiche e la Chiesa
cattolica e quella ortodossa stanno facendo pressione
per bloccare il flusso di badanti, che spezza nuclei familiari.
Con conseguenze devastanti sul piano sociale nel Paese.
Ci si accorge di situazioni di sfruttamento spaventoso e
si corre ai ripari. La tua lettera, caro Giuseppe, sia lo stimolo
per una seria riflessione. Per tutti.
Pubblicato il 14 gennaio 2013 - Commenti (1)
05 gen
«E se hai la pelle nera, amico guardati la schiena,
io son stato marocchino, me l’han detto da
bambino, viva, viva il Senegal...». Così cantava Pino
Daniele, nel suo pezzo O’ scarrafone. E continuava:
«Questa Lega è una vergogna, noi crediamo alla
cicogna, e corriamo da mammà...».
Non le scrivo per
lodare un cantautore napoletano, ma perché questa
canzone, composta in tempi “non sospetti”, era
premonitrice di una realtà disarmante, che mi fa
vivere e lavorare in una città dove si spara ai “negri”.
Proprio così. Il “pazzo” di Pistoia aveva un obiettivo
preciso: i “negri” che lavorano a Firenze.
Ebbene, Mor e Modou non potranno mai
più “correre da mammà”, perché sono
morti. Certo, uccisi per mano di un pazzo.
Ma i discorsi del bar, il giorno dopo,
sono del tono: «Quante storie per
un matto!». Si tende a minimizzare.
Negli ultimi dieci anni, abbiamo sentito
parlare solo di respingimenti, espulsioni,
tram per soli stranieri, classi ghetto nelle scuole.
Siamo diventati razzisti?
Antonio - Firenze
Derubricare l’omicidio dei due senegalesi, venditori
ambulanti in un mercato di Firenze, come l’opera di un
pazzo è voler sfuggire alla realtà. E ignorare che per
anni si è fatta una becera propaganda contro le persone
di colore. Con una forza politica che ha lucrato consensi
sulla paura dello straniero. E ha preso una serie
di provvedimenti dalla fantasia contorta. Come, un
esempio tra tanti, togliere l’acqua dalle fontane pubbliche
per impedire che ne facciamo uso gli immigrati. Clima
xenofobo, sfociato spesso in razzismo. Purtroppo,
con il complice silenzio di chi avrebbe dovuto alzare la
voce e non l’ha fatto. Avallando così una progressiva
degenerazione civile ed etica del Paese.
Pubblicato il 05 gennaio 2012 - Commenti (28)
05 lug
È da un po’ di tempo che tengo
nel cassetto un ritaglio di Famiglia
Cristiana. È un articolo sull’immigrazione,
in occasione della presentazione del suo
libro Anche voi foste stranieri (Laterza).
Subito mi sono detto, alzando gli occhi
al cielo: «Ancora con ’sta storia!». Il libro
non l’ho letto. Immagino che sia un buon
testo, ma credo si rivolga solo ai cristiani
che sono chiamati a impegnarsi
nell’amore verso il prossimo. Ma si
metta anche nei panni di chi non crede.
E guardi il mondo dalla loro angolazione.
“Anche voi foste stranieri”, già, è vero.
Ma c’è sempre un “ma”: noi italiani
andati all’estero abbiamo prima bussato.
Abbiamo chiesto il permesso. C’è
stata una selezione. E quelli che non
si integravano o non si comportavano secondo le leggi del Paese ospitante,
venivano rimpatriati. Oggi non è più
così. Gli stranieri non bussano, ma
ci invadono. È vero che rischiano
la vita sulle carrette del mare o nascosti
tra le merci degli autocarri. Ma dove
li alloggiamo, come faremo a sfamarli
e curarli? E quale lavoro troveranno?
Giulio M.
Non per fare pubblicità al mio libro Anche
voi foste stranieri, ma se tu l’avessi
letto, caro Giulio, forse avresti già trovato
qualche risposta alle tue domande. Primo,
perché non è un libro “ideologico”,
nel senso che non sposa pregiudizi e posizioni
preconcette. Ma si tratta di un’ampia
indagine giornalistica, con dati ed
esperienze di vita, che analizza il fenomeno
dell’immigrazione nelle sue ombre e
nelle sue luci. Secondo, perché avresti compreso
che il dovere dell’accoglienza riguarda
tutti i cittadini, credenti e non. Il
rispetto della dignità umana e l’uguaglianza
di tutti i popoli hanno fondamento
nei diritti universali. Il credente ha un
dovere in più. Perché l’amore verso il prossimo
è un comandamento. Cioè un obbligo,
non un semplice consiglio. E su questo
saremo giudicati, come ci ricorda
l’evangelista Matteo (capitolo 25): «Ero forestiero
e mi avete accolto».
Pubblicato il 05 luglio 2011 - Commenti (0)
22 giu
Ho apprezzato moltissimo il suo recente intervento a Palazzo Ducale di Genova sulla clandestinità. Le sue parole sono state giuste, pienamente condivisibili. Sono d’accordo con lei. Purtroppo, tanti italiani fanno ancora fatica ad accettare una società multietnica e multiculturale. Ma questa, ormai, è una realtà. È inutile nascondere l’evidenza!
I movimenti migratori sono una notevole fonte di ricchezza economica e culturale. Gli stranieri contribuiscono ad accrescere la ricchezza nazionale, sebbene noi gli neghiamo i diritti.
A quanti ritengono che clandestino sia sinonimo di delinquente, voglio
ricordare il nostro passato di emigranti, quando all’estero eravamo noti
solo come malavitosi e mafiosi. Non accusiamo gli stranieri della
delinquenza nel Paese, quando in Italia intere regioni sono in mano alla
criminalità organizzata. Dobbiamo mirare a costruire una società più
giusta e umana. Dove tutti si sentano fratelli.
Lettera firmata
La “politica dello struzzo” non rende. Ignorare che l’Italia è già, nei fatti, un Paese multiculturale, multietnico e multireligioso, vuol dire non governare il fenomeno migratorio. O, più concretamente, la presenza di cinque milioni di stranieri sul nostro territorio.
Certo, sono una “scomodità”, come ricorda il direttore della Caritas nazionale, don Vittorio Nozza. Ma se sono ben gestiti (nella sicurezza, nella legalità ma anche nell’accoglienza) si trasformano subito in una grande risorsa. E il Paese, oggi, non può più farne a meno. Sulla paura, sugli egoismi e le chiusure non si costruisce un futuro di crescita.
Pubblicato il 22 giugno 2011 - Commenti (7)
|
|