di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
15 gen
Dai giornali e dalla Tv ho appreso la notizia
della sentenza sulla causa di divorzio tra
Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Il tribunale
di Milano ha sancito che il “Cavaliere” deve
corrispondere alla ex moglie centomila euro al
giorno. Dopo la laurea in Ingegneria, ho
lavorato per cinquanta anni, prima come
dipendente e poi, una volta pensionato, come
consulente. Ora percepisco una pensione
mensile che al confronto della somma
quotidiana che percepirà la signora Lario, è
davvero una “mancia”. Se non un’elemosina.
Sono indignato di tanto squilibrio sociale. È una
vera e propria ingiustizia. Un’offesa alla
stragrande maggioranza delle persone che
hanno lavorato per
una vita.
Nell’enciclica
Sollecitudo rei
socialis, Giovanni
Paolo II ha parlato
di «strutture di
peccato», presenti
nella società.
Bene, questo ne
è un esempio.
La gerarchia non
dovrebbe tacere
di fronte a tanta
sperequazione.
Un pensionato
Sarà, senz’altro, tutto secondo le leggi, che regolano
gli “alimenti” da passare alla moglie dopo il divorzio.
Ma certe cifre, centomila euro al giorno, offendono
milioni di lavoratori e pensionati, che faticano
ad arrivare a fine mese. E fanno la fila alle mense
della Caritas per un piatto di pasta. E di certo il Cavaliere
non andrà in bolletta per mantenere Veronica,
visto il patrimonio che si aggira sui quattro miliardi
di euro. Il Paese ha bisogno di più giustizia sociale,
di una più equa redistribuzione della ricchezza. Non
è più tollerabile che, in tempi di crisi, i ricchi diventino
ancora più ricchi, con maggiori privilegi, mentre
tanta gente diventa più povera e soccombe sotto il peso
di tasse e aumenti della spesa corrente.
Pubblicato il 15 gennaio 2013 - Commenti (3)
26 apr
Sono d’accordo con il presidente della
Repubblica nel definire indegni dell’Italia
evasori e speculatori. Ma, ancor più indegni,
sono i politici corrotti che hanno tradito la
fiducia dei cittadini. Piuttosto che dedicarsi
al risanamento del Paese, si sono occupati
solo dei propri affari, appropriandosi di
soldi pubblici per pagarsi case, auto, diplomi,
lauree... Politici che hanno contribuito, in
maniera determinante, al declino dell’Italia.
Eppure, non si vergognano. Anzi, continuano
a restare al loro posto. E a condizionare
l’operato di quei “tecnici” che, tra mille
ostacoli, stanno tentando l’ultima carta
per non far scivolare l’Italia nel baratro.
Che cosa dobbiamo aspettarci? Dobbiamo
temere il ritorno degli stessi politici, corrotti
e indegni?
Silvano B. - Cuneo
A mio parere, i partiti non possono
incassare i rimborsi elettorali già previsti.
Quei soldi sono risorse sottratte alle
famiglie. Gli sperperi e la corruzione che,
in continuazione, vengono a galla sono
una provocazione continua nei confronti di
lavoratori e pensionati, cui abbiamo chiesto
tanti sacrifici. Faccio parte della Caritas
parrocchiale e, mi creda, ogni giorno
incontriamo tanta disperazione. Gridiamolo
forte in tutte le piazze, e con tutti i mezzi:
«Quei soldi si devono restituire alle famiglie»!
Silvia A. - Lecco
A qualche politico, che pensa di rifarsi la verginità,
dopo anni di permanenza al governo in
ruoli di primissimo piano, e dichiara di non voler
ritirare a luglio i soldi dei rimborsi elettorali,
bisognerebbe ricordare che restituisce semplicemente
ciò che non gli sarebbe mai spettato. Se
una legge “truffa” non avesse aggirato la volontà
degli italiani, che si erano opposti al finanziamento
pubblico dei partiti. Ora, a scandali in
corso, tutti fanno le “verginelle”. Pensano di
darla a bere ai cittadini con i loro buoni propositi
di trasparenza e controllo sull’uso dei soldi
pubblici ai partiti. Purtroppo, non hanno più
credibilità. Ogni giorno, è sempre peggio per ruberie
e scandali che vengono a galla. Senza un
radicale segnale di ravvedimento e di rinnovamento,
questi partiti rischiano la morte. Non
per colpa dell’antipolitica e del populismo. Che
pur ci guazzano. Ma per responsabilità proprie.
Per eccesso di ingordigia di risorse pubbliche.
Anche in tempi grami, come quelli attuali.
Pubblicato il 26 aprile 2012 - Commenti (13)
07 mar
La Chiesa ci ricorda sempre che bisogna «dare a Dio quel che è di
Dio e a Cesare quel che è di Cesare». Evadere le tasse è peccato. È
contro il sesto comandamento: «Non rubare». D’accordo, ma la Rai
non è Cesare! E quel tributo che ci chiede, cioè il canone televisivo,
non mi pare giustificato dal servizio pubblico che ci offre. La Rai
è solo preoccupata di foraggiare, coi nostri soldi, volgarità e
“telepredicatori” dell’ultima ora. Mi auguro che lo sproloquio cui ho
assistito a Sanremo sia davvero l’ultimo. Intanto, il canone io non
l’ho pagato. Ho rubato? Ho fatto peccato? Don Antonio, se vuole mi
assolva... ma io non mi pento.
Cataldo da Taranto
Ho quarantacinque anni, non sono bigotta e neanche una santa.
Fino a un anno fa, trovavo giusto pagare il canone Rai. Ma dopo
il Festival di Sanremo sono schifata. Siamo arrivati al peggio.
Stendiamo un pietoso velo sull’esibizione di Celentano all’Ariston,
ma anche sulle tante volgarità e parolacce dei comici. Vorrei
proporle una campagna per non pagare più il canone della Tv.
La Rai meriterebbe davvero una simile protesta!
Michela G.
Due no secchi a queste lettere. Non posso assolvere Cataldo dal non
aver pagato il canone Rai. Tanto meno dare seguito alla proposta di Michela
per una campagna contro il canone della Tv. Le tasse vanno sempre
pagate. Su questo non può esserci alcun cedimento, né giustificazioni
per gli evasori. È il contributo che ciascuno deve dare in vista del bene comune
e di servizi necessari ai cittadini, soprattutto per i meno abbienti.
Più che un obbligo, è una questione di giustizia sociale. Detto ciò, però, il
peso del fisco dev’essere equo. Oggi, il divario tra il salario degli impiegati
e i superstipendi di manager pubblici è davvero scandaloso. La media
degli stipendi italiani è la più bassa tra i Paesi europei (Grecia inclusa),
mentre le retribuzioni dei burocrati sono le più alte al mondo. Credo sia
giusto battersi perché le tasse siano più eque e perché gravino maggiormente
sui più ricchi. A questi un maggior prelievo non cambia la vita, ai
poveri sì. E, soprattutto, i cittadini devono essere più vigili e severi nel controllo
dell’uso che si fa dei soldi pubblici. Spesso, sono lesinati alle famiglie
con figli, ma poi si sprecano in privilegi, favoritismi, false consulenze,
festival sanremesi delle parolacce e volgarità, programmi insulsi e dispendiosi
delle reti pubbliche... Ci vuole più rigore, a ogni livello.
Pubblicato il 07 marzo 2012 - Commenti (16)
05 mar
Su quasi tutti i mass
media abbiamo letto
che la Chiesa, finalmente,
pagherà l’Imu. Giustizia
è stata fatta, hanno detto
in molti. Non so che
risposte dare alle accuse.
Mi pare che ci sia un attacco ideologico alla
Chiesa, al di là della
verità dei fatti. E i radicali
sono in prima fila.
Dimenticano, però,
il contributo pubblico che
prendono per la radio.
Quasi dieci milioni di
euro, mentre si lesinano
i soldi ad altre emittenti
private, di cui molte
cattoliche. A che titolo
questo contributo per
i radicali? Forse perché,
talora, si sono venduti
l’anima al precedente
governo?
Un lettore
Autorevoli giornali e apprezzati
giornalisti hanno
contribuito ad alimentare
nell’opinione pubblica
un’autentica “bufala”: la
Chiesa, finalmente, pagherà
l’Imu sui propri immobili.
Ma la Chiesa ha sempre
pagato le tasse su tutte le
attività commerciali! Nessuno,
con un minimo di onestà
intellettuale, può affermare
il contrario. Era esentata,
come tanti altri organismi
ed enti laici, solo per
le attività solidali ed educative.
Le polemiche e gli attacchi
finiti sui giornali, alimentati
soprattutto dai radicali,
riguardavano situazioni
“miste” (culto e commercio),
su cui ora s’è fatta
chiarezza. La Chiesa, anzi,
ha invitato a procedere nei
casi ove la legge è stata violata.
Ci aspetteremmo altrettanta
chiarezza in altre
istituzioni.
Pubblicato il 05 marzo 2012 - Commenti (2)
24 gen
Sono un affezionato lettore e abbonato. Vorrei esporle la mostruosa iniquità della Manovra di questo “Governo tecnico”. Cioè, l’ampia disparità di trattamento degli italiani. Quando si è trattato di spremere, per l’ennesima volta, i “soliti noti”, le forze politiche non hanno battuto ciglio. Quando si è tentato, timidamente, di mettere mano al loro portafoglio, c’è stata una generale levata di scudi. La “casta” (piena di corrotti e incapaci) si è sentita offesa. Sedici milioni di euro al mese (pagati con i contributi degli italiani) per loro sono pochi. Non ho parole per commentare. Chi le scrive è un pensionato che, da questa Manovra, è stato colpito duro. Vivo in un appartamento di cinquantatré metri quadri, acquistato con tanti sacrifici. Ora, questa mia casa è considerata una ricchezza da tassare. Per non parlare del mancato adeguamento Istat della mia pensione, che supera di poco la famigerata soglia dei mille e quattrocento euro. Mi piacerebbe sapere qual è il concetto di equità per Monti. Nel mio piccolo, con la mia modesta pensione aiuto il prossimo. Ora, purtroppo, mi sarà più difficile farlo. Mi vergogno e provo un senso di colpa.
Francesco - Trieste
Nessuna vergogna o senso di colpa, per chi fa i conti coi centesimi, vivendo alla giornata. La vergogna, davvero immensa, dovrebbero provarla gli appartenenti alle tante “caste”, che speculano sulla pelle dei più poveri e indigenti. Si arricchiscono in modo vergognoso. E non vogliono rinunciare ad alcun privilegio e beneficio. Oggi, chi non dà il giusto contributo per risanare il Paese, mangia “pane avvelenato”, per usare un’espressione del presidente Monti. Non ha dignità. Chi si crede furbo, prima o poi, come le volpi finisce in pellicceria.
Pubblicato il 24 gennaio 2012 - Commenti (4)
20 lug
Non è giusto che siano sempre i soliti cittadini a pagare. Non è democratico. Ci sono ancora troppi sprechi e troppi furbi che non pagano le tasse. Anziché far pagare sempre di più i cittadini, sarebbe meglio cominciare ad abolire le Province. L’attuale manovra economica non è sufficiente a superare la crisi e a far ripartire l’Italia. La cattiva gestione delle risorse, la corruzione e la burocrazia bloccano lo sviluppo del Paese. In assenza di investimenti, cresce la povertà dei cittadini. In gioco non c’è solo il benessere del popolo italiano, ma la stessa democrazia. È ora di intraprendere nuove vie.
Paolo S.
I soliti noti su cui scaricare il peso delle manovre economiche sono sempre le classi meno agiate. Una vera ingiustizia che si perpetua e si fonda sulla loro debolezza. In assenza di una politica che miri al bene comune, a essere strizzati sono sempre i più poveri. Fino all’ultima goccia di sangue. I ricchi se la cavano sempre. Perché non si prende in considerazione la campagna “zerozerocinque” (0,05) per trovare risorse, tassando le transazioni finanziarie? Servirebbe anche a scoraggiare gli speculatori.
Pubblicato il 20 luglio 2011 - Commenti (0)
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