24
mag

Il lievito

L’ultima cena, vetrata. St. Mary’s Church, Norfolk (Inghilterra).
L’ultima cena, vetrata. St. Mary’s Church, Norfolk (Inghilterra).

"Fate attenzione: guardatevi dal

lievito dei farisei e dei sadducei!
".




(Matteo 16,6.12)

Gesù è in barca sul lago di Tiberiade con i suoi discepoli ed essi s’accorgono di non avere pane a bordo. Cristo dissolve la loro preoccupazione ricordando le due precedenti moltiplicazioni dei pani (16,5-12), ma sposta il discorso dalla dimensione materiale a quella più spirituale, ricorrendo al simbolo del lievito. La frase è polemica nei confronti dei due tradizionali gruppi religiosi e politici del giudaismo. Da un lato, i farisei, in aramaico “i separati” o forse anche “i separatori”, cioè coloro che sapevano distinguere i precetti della Legge biblica secondo il loro maggiore o minore rilievo. Di per sé essi incarnavano un’ideologia aperta, spirituale e “laica”. I Vangeli polemizzano con loro più per l’ipocrisia e l’incoerenza dei loro atteggiamenti che non per i contenuti della loro dottrina che era abbastanza vicina almeno ad alcuni insegnamenti di Gesù.

Gesù è in barca sul lago di Tiberiade con i suoi discepoli ed essi s’accorgono di non avere pane a bordo. Cristo dissolve la loro preoccupazione ricordando le due precedenti moltiplicazioni dei pani (16,5-12), ma sposta il discorso dalla dimensione materiale a quella più spirituale, ricorrendo al simbolo del lievito. La frase è polemica nei confronti dei due tradizionali gruppi religiosi e politici del giudaismo. Da un lato, i farisei, in aramaico “i separati” o forse anche “i separatori”, cioè coloro che sapevano distinguere i precetti della Legge biblica secondo il loro maggiore o minore rilievo. Di per sé essi incarnavano un’ideologia aperta, spirituale e “laica”. I Vangeli polemizzano con loro più per l’ipocrisia e l’incoerenza dei loro atteggiamenti che non per i contenuti della loro dottrina che era abbastanza vicina almeno ad alcuni insegnamenti di Gesù.

Dominante, però, è l’accezione negativa perché il lievito, facendo fermentare la massa, ne induce anche la corruzione, tant’è vero che per la celebrazione della pasqua ebraica era di rigore il pane “azzimo”, termine di origine greca che significa “non lievitato” (in ebraico mazzôt). L’origine era da cercare nell’uso nomadico di cuocere il pane su lastre di pietra riscaldate: non per nulla la pasqua aveva una genesi di tipo pastorale-nomadico. Ma l’aspetto pratico si era trasformato in una componente rituale: nel seder pasquale giudaico, cioè nell’ordine dei riti della cena, c’è anche la ricerca e l’eliminazione di ogni frammento di pane lievitato presente in casa, perché non contamini la purezza incorruttibile del pane azzimo. A questa prassi si è adattata la liturgia eucaristica con l’uso dell’ostia azzima.

È facile, allora, comprendere il significato delle parole di Gesù: l’insegnamento e il comportamento dei farisei e dei sadducei sono principio di perversione della comunità che li segue e i discepoli devono vigilare per evitarne la contaminazione. Fuor di metafora, Gesù aveva già ammonito: «Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (Matteo 15,14). San Paolo, evocando proprio la celebrazione pasquale, espliciterà a livello morale ed esistenziale generale il simbolismo: «Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo, dunque, la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e perversione, ma con azzimi di sincerità e verità» (1Corinzi 5,6-8).

Pubblicato il 24 maggio 2012 - Commenti (2)
05
apr

Beelzebul

Discesa al Limbo di Andrea Bonaiuti (1346-1379), particolare con i demoni. Firenze, Santa Maria Novella, Cappellone degli Spagnoli.
Discesa al Limbo di Andrea Bonaiuti (1346-1379), particolare con i demoni. Firenze, Santa Maria Novella, Cappellone degli Spagnoli.

"I farisei dissero:
 costui scaccia i demoni
 per mezzo di Beeelzebul,
principe dei demoni!".
(Matteo 12,24)

Il nome esotico “Beelzebul” è entrato nel linguaggio generale per indicare qualcosa di orrido, che impaurisce i bambini. La sua origine è piuttosto remota. Dobbiamo, infatti, risalire ai Cananei, la popolazione indigena della terra d’Israele, ove questo nome significava letteralmente “Baal il principe”. Baal, che vuol dire “Signore”, era l’appellativo della divinità della fecondità e della vita.

Questo dio era il principe del pantheon cananeo e aveva come simbolo il toro, segno di fertilità (si ricordi la tentazione di Israele nel deserto: rappresentare Dio sotto l’immagine di un vitello- toro d’oro). Siamo, quindi, in presenza dell’idolo per eccellenza.

Successivamente, proprio per la sua capacità di tentare il popolo ebraico all’apostasia, fu considerato «il principe o il capo dei demoni», come si intuisce nell’accusa che i farisei scagliano contro Gesù e che abbiamo proposto per la nostra decifrazione dei passi più complessi dei Vangeli. Dobbiamo anche segnalare che nell’Antico Testamento si ha la forma “Beelzebub” (2Re 1,2-3): essa è una deformazione spregiativa che letteralmente significa “Signore delle mosche”, un titolo che è stato apposto a un famoso romanzo pubblicato nel 1954 dallo scrittore britannico William Golding (in inglese Lord of the Flies). Ma ritorniamo al testo e al contesto di Matteo (12,22-30).

Gesù è, dunque, accusato di essere in combutta con Satana perché riesce a controllare i demoni con i suoi esorcismi. La sua replica è semplice e si sviluppa in due direzioni. Da un lato, fa notare che è ben assurdo un Satana così autolesionista, pronto a combattere sé stesso. Sarebbe simile a un regno o a una città o a una famiglia in preda a lacerazioni interne e votata alla rovina. D’altra parte, Gesù osserva che anche tra i farisei c’erano alcuni – da lui chiamati loro “figli”, che nel linguaggio di allora significava “adepti, discepoli” – che compivano esorcismi. Anche questi sono asserviti a Beelzebul?

Conclude la sua argomentazione indicando il vero principio della sua opera di liberazione dal male diabolico: «Se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio» (12,28). È la potenza divina che opera in Cristo a vincere Satana, inaugurando così il piano di salvezza del Padre celeste. Dobbiamo aggiungere alla scena che abbiamo ora descritto un’appendice che è presente nel cosiddetto “Discorso missionario” di Gesù. Là egli afferma: «Un discepolo non è più grande del suo maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!» (Matteo 10,24-25).

La spiegazione, alla luce della scena prima descritta, è facile. Anche i discepoli, infatti, avevano ricevuto questo incarico dal loro Signore: «Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni!» (10,8). Ebbene, come è stato trattato il loro Maestro e Signore, così anche loro verranno accusati, forse con più veemenza, di essere al servizio di Satana-Beelzebul, mentre anche la loro è una missione sostenuta dallo Spirito divino liberatore per l’estensione del regno di Dio.

Pubblicato il 05 aprile 2012 - Commenti (2)

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Autore del blog

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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