L’ultima cena, vetrata. St. Mary’s Church, Norfolk (Inghilterra).
"Fate attenzione: guardatevi dal
lievito dei farisei e dei sadducei!".
(Matteo 16,6.12)
Gesù è in barca sul lago di Tiberiade con i suoi
discepoli ed essi s’accorgono di non avere pane
a bordo. Cristo dissolve la loro preoccupazione
ricordando le due precedenti moltiplicazioni
dei pani (16,5-12), ma sposta il discorso dalla dimensione
materiale a quella più spirituale, ricorrendo al
simbolo del lievito. La frase è polemica nei confronti
dei due tradizionali gruppi religiosi e politici del giudaismo.
Da un lato, i farisei, in aramaico “i separati”
o forse anche “i separatori”, cioè coloro che sapevano
distinguere i precetti della Legge biblica secondo il loro
maggiore o minore rilievo. Di per sé essi incarnavano
un’ideologia aperta, spirituale e “laica”. I Vangeli
polemizzano con loro più per l’ipocrisia e l’incoerenza
dei loro atteggiamenti che non per i contenuti
della loro dottrina che era abbastanza vicina almeno
ad alcuni insegnamenti di Gesù.
Gesù è in barca sul lago di Tiberiade con i suoi
discepoli ed essi s’accorgono di non avere pane
a bordo. Cristo dissolve la loro preoccupazione
ricordando le due precedenti moltiplicazioni
dei pani (16,5-12), ma sposta il discorso dalla dimensione
materiale a quella più spirituale, ricorrendo al
simbolo del lievito. La frase è polemica nei confronti
dei due tradizionali gruppi religiosi e politici del giudaismo.
Da un lato, i farisei, in aramaico “i separati”
o forse anche “i separatori”, cioè coloro che sapevano
distinguere i precetti della Legge biblica secondo il loro
maggiore o minore rilievo. Di per sé essi incarnavano
un’ideologia aperta, spirituale e “laica”. I Vangeli
polemizzano con loro più per l’ipocrisia e l’incoerenza
dei loro atteggiamenti che non per i contenuti
della loro dottrina che era abbastanza vicina almeno
ad alcuni insegnamenti di Gesù.
Dominante, però, è l’accezione negativa perché il
lievito, facendo fermentare la massa, ne induce anche
la corruzione, tant’è vero che per la celebrazione
della pasqua ebraica era di rigore il pane “azzimo”,
termine di origine greca che significa “non lievitato”
(in ebraico mazzôt). L’origine era da cercare nell’uso
nomadico di cuocere il pane su lastre di pietra riscaldate:
non per nulla la pasqua aveva una genesi di tipo
pastorale-nomadico. Ma l’aspetto pratico si era trasformato
in una componente rituale: nel seder pasquale
giudaico, cioè nell’ordine dei riti della cena,
c’è anche la ricerca e l’eliminazione di ogni frammento
di pane lievitato presente in casa, perché non contamini
la purezza incorruttibile del pane azzimo. A questa
prassi si è adattata la liturgia eucaristica con l’uso
dell’ostia azzima.
È facile, allora, comprendere il significato delle parole
di Gesù: l’insegnamento e il comportamento
dei farisei e dei sadducei sono principio di perversione
della comunità che li segue e i discepoli devono
vigilare per evitarne la contaminazione. Fuor di
metafora, Gesù aveva già ammonito: «Lasciateli stare!
Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida
un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (Matteo
15,14). San Paolo, evocando proprio la celebrazione
pasquale, espliciterà a livello morale ed esistenziale
generale il simbolismo: «Non sapete che un po’ di
lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito
vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi.
Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo,
dunque, la festa non con il lievito vecchio, né
con lievito di malizia e perversione, ma con azzimi di
sincerità e verità» (1Corinzi 5,6-8).
Pubblicato il 24 maggio 2012 - Commenti (2)