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mar

Il paralitico, il perdono, gli uomini

Uno storpio in ginocchio con le stampelle a tre punte in mano, manoscritto, 1220. Londra, British Library
Uno storpio in ginocchio con le stampelle a tre punte in mano, manoscritto, 1220. Londra, British Library

"A questa vista,
 le folle furono
 prese da timore,
resero gloria a Dio
che aveva dato
un tale potere
agli uomini".
(Matteo 9,8)

Non abbiamo potuto citare tutto il brano matteano (9,1-8) che ora brevemente evochiamo per sommi capi. Si tratta di un episodio che è ripreso anche dagli altri Vangeli Sinottici (Marco 2,1-12 e Luca 5,17-26), con varianti descrittive proprie. Gesù ha davanti un paralitico e, invece di guarirlo, gli dice: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati!». Questa frase fa scattare la reazione sconcertata dei dottori della legge: «Costui bestemmia!», perché solo Dio può concedere la remissione delle colpe. Cristo reagisce confermando la sua frase, arrogandosi quindi un privilegio divino, e la suggella con l’atto della guarigione.

La risposta di Gesù agli scribi che l’hanno attaccato è proprio articolata lungo le due direzioni della salvezza e della salute: «Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure: “Alzati e cammina”? Ma perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: “Alzati”, disse al paralitico, “prendi il tuo letto e va’ a casa tua”». In questa dichiarazione ci sono due elementi da considerare. Da un lato, la tradizionale concezione biblica (non però esclusiva: si pensi solo alle obiezioni di Giobbe e dello stesso Gesù in altre occasioni) secondo la quale peccato e malattia hanno tra loro un nesso di causalità. Si tratta della cosiddetta “teoria della retribuzione” riassumibile nel binomio “delitto e castigo”.

D’altro lato, Gesù fa un ragionamento a fortiori: rimettere le colpe della coscienza è ben più arduo che guarire i corpi, anche se il perdono è apparentemente facile a dirsi. Per questo, sanerà quel corpo malato, un atto in apparenza più difficile per svelare il dono più profondo ed esteriormente più semplice, il perdono del peccato. Ci troviamo di fronte al comportamento costante di Cristo che tende a fondere anima e corpo, anche secondo la visione biblica unitaria della persona umana. Ma a questo punto c’imbattiamo nel versetto finale da noi citato, che risulta problematico e inatteso.

Ci si aspetta, infatti, che la folla acclami Dio per il potere dato al Figlio dell’uomo, cioè a Gesù Cristo, che nei Vangeli si assegna questo titolo messianico. Ecco, invece, la stupefacente attribuzione del “potere” di perdonare i peccati e di sanare come «dato agli uomini». La spiegazione è da cercare nella rilettura dell’episodio che Matteo opera, allargando lo sguardo all’esperienza vissuta nella Chiesa. È noto, infatti, che questo evangelista riserva un’attenzione particolare al tema ecclesiale. Ebbene gli apostoli, e quindi i ministri della comunità cristiana, hanno ricevuto il “potere” di rimettere i peccati da Gesù stesso. Ecco perché si parla di “uomini” in senso più ampio.

Questo incarico è attestato nei Vangeli almeno in due casi espliciti. Il primo è proprio nel Vangelo di Matteo, nel terzo dei cinque discorsi di Gesù che reggono quello scritto, discorso denominato di solito come “ecclesiale” o “comunitario”: «Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto nei cieli» (18,18). L’altra occasione è ambientata nel Cenacolo, la sera stessa del giorno di Pasqua, allorché il Risorto affida lo stesso incarico agli apostoli: «A coloro ai quali perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro ai quali non perdonerete, non saranno perdonati » (Giovanni 20,23).

Pubblicato il 08 marzo 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 08/03/2012 23:18

«Che cosa dunque è più facile» dice, «ti sono condonati i peccati, o dire: alzati e cammina?». La sfida è tremenda, mai nella storia di Israele era accaduto che un paralitico fosse stato guarito o curato: non era mai successo è impossibile. Cosa è più facile? È chiaro che è più facile dire "ti sono condonati i tuoi peccati" (Marco 9,1-8); il condono dei peccati non si vede. Paolo dirà nella lettera ai Romani, al capitolo 5, che "la prova dell’amore di Dio è che Gesù ha donato la vita mentre ancora eravamo nel peccato". Il Dio di Gesù non è un Dio che attende sul trono che l’uomo strisci ai suoi piedi a chiedergli il perdono, è un Dio di amore che continuamente concede l’amore all’uomo. Anche quando l’uomo sta peccando, l’azione di Dio non si frena, ma, se così si può dire, aumenta la sua capacità di amare. È una comunicazione continua, incessante, d’amore. Ma questo amore diventa efficace e operante nell’individuo quando si traduce in altrettanto condono delle colpe degli altri. Ecco perché Gesù dirà insistentemente di perdonare le colpe degli altri. Da parte di Dio c’è una comunicazione incessante di vita e di amore, che diventa operativo, visibile e efficace nell’individuo quando si traduce in capacità di perdono. La comunità è la manifestazione visibile, è il santuario di Dio, dove chi ne viene attratto ed entra, per il solo fatto di entrarci, ha il condono delle colpe. Gesù concede questo perdono incondizionatamente, non chiede né offerte, né penitenze, né fa ramanzine. Il perdono, il condono, che la comunità concede a coloro che entrano a far parte del raggio d’azione del suo amore, non è il perdono inquisitorio, condizionato, ma il perdono, che per assomigliare a quello di Dio, deve essere incondizionato, gratuito. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 08/03/2012 13:11

In altro passo rispetto a quello commentato dall’esimio Cardinale Ravasi, il Vangelo dice “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?” (Matteo 17, 19). Il peccato e le sue conseguenze sono occasione perché si manifesti la gloria di Dio tramite la fede degli uomini (Matteo 17, 20-21). Tuttavia, il peccato ci pone anche di fronte a un bivio: rivolgerci a Dio per tornare a Lui, pentiti e con il cuore contrito, oppure insistere nella malvagità sino alla morte. Ora, è stato detto che Dio ama il malvagio. Io non sono d’accordo, la Bibbia piuttosto dice che Dio non si compiace della sua morte (perdizione) che mi pare un concetto diverso. Nel passo che si commenta, Gesù si riserva un’alternativa nel “dire” “ti sono rimessi i peccati” oppure “va, prendi, il tuo lettuccio e cammina”. Solo nell’interevento miracoloso di Dio, anche mediante l’invocazione della Chiesa, il perdono dei peccati porta alla completa guarigione del corpo dal che si desume la natura divina di Gesù. Alla Chiesa resta il compito più facile, cioè la remissione dei peccati, mentre a Dio è riservato il miracolo. Ora, resta da spiegare perché il perdono dei peccati operato dalla Chiesa non produce automaticamente la guarigione del corpo o della malattia mentale. Probabilmente, ciò è dovuto al fatto che la Grazia effusa con l’assoluzione non può compensare (se non appunto tramite un miracolo) le mancanze della natura. Ciò significa anche che siamo creati tutti diversi da Dio quanto alla natura e tale diversità è un dono preziosissimo che l’umanità possiede. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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