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Il regno e la violenza

Cronaca bizantina di Giovanni Scilitze, Folio 217.r. I bizantini rompono l’assedio di Tessalonica inseguendo i cavalieri bulgari. Madrid, Biblioteca Nazionale.
Cronaca bizantina di Giovanni Scilitze, Folio 217.r. I bizantini rompono l’assedio di Tessalonica inseguendo i cavalieri bulgari. Madrid, Biblioteca Nazionale.

"Il regno dei cieli subisce
violenza e i violenti
se ne impadroniscono."
(Matteo 11,12)

Ecco una frase evangelica che può essere comparata a un caleidoscopio che, se appena toccato, cambia il disegno che in esso si rifrange. Il verbo greco centrale, biázetai, essendo di sua natura “medio”, secondo la classificazione grammaticale, ammette sia un valore passivo sia quello attivo. Cominciamo con quest’ultimo che suggerirebbe la traduzione: «Il regno dei cieli si fa strada con violenza». Il significato sarebbe da decifrare tenendo conto proprio di un’altra frase di Gesù che abbiamo già spiegato in passato: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada!» (Matteo 10,34). Si tratterebbe, dunque, dell’impegno serio, severo, esigente che la fedeltà al Vangelo comporta e la violenza avrebbe, come nel caso della spada, un valore simbolico. Il cristiano deve ingaggiare una lotta contro il male, sfidandolo apertamente e subendone anche la violenza aggressiva, così da erigere il regno di Dio sulle sue rovine.

Alcuni esegeti, però, pensano che – sempre applicando un senso “attivo” alle parole di Gesù – si possa considerare la frase come polemica nei confronti di coloro che si illudono di far strada al regno di Dio attraverso il ricorso alla violenza. Al tempo di Gesù era questa la scelta operata dai cosiddetti zeloti, i rivoluzionari antiromani, i quali mescolavano ideali politici e religiosi e, quindi, non esitavano a impugnare la sica, cioè un corto pugnale per colpire all’improvviso in imboscate i soldati romani, donde l’appellativo di sicarii che s’erano guadagnati. Cristo condannerebbe tale opzione violenta.

Passiamo, invece, al senso “passivo” che abbiamo adottato nella nostra versione. Anche in questo caso sono possibili due interpretazioni divergenti. La prima, positiva, è quella che viene talora definita come “santa violenza” ed è praticata da coloro che sono “violenti” verso sé stessi: infatti, essi ingaggiano una dura battaglia ascetica contro i propri vizi e contro le seduzioni del male e, così, “s’impadroniscono” del regno di Dio. È, in pratica, la logica che Gesù aveva abbozzato nel Discorso della Montagna attraverso l’immagine «della porta stretta e della via augusta che conduce alla vita e che pochi riescono a trovare» (Matteo 7,13-14). La scelta del Vangelo non è agevole, esige coraggio e impegno, è come conquistare una cittadella attraverso un assedio paziente e resistente.

È, però, possibile anche una lettura per così dire negativa. Il regno dei cieli subisce attacchi costanti sia da parte delle potenze demoniache, sia da parte dei loro seguaci che sono i perversi, gli ingiusti, i malvagi. Si oppongono, così, quasi due imperi, quello del male e del mondo peccatore e quello del bene e della comunità dei credenti in Cristo che costituiscono con lui il regno di Dio. I violenti malvagi tentano di impadronirsi di quel regno scalzandolo dalla storia: il presente greco harpázousin, “se ne impadroniscono”, in questa interpretazione avrebbe il valore di “conato di sfida” (“tentano di impadronirsi”), perché in realtà non si riuscirà mai a piegare quel regno. Diceva, infatti, Gesù: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me... Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Giovanni 15,18; 16,33).

L’analisi che abbiamo condotto ci mostra come le parole di Cristo, che pure sono dotate di una grande incisività e limpidità, rivelano talora un arcobaleno di significati che s’intrecciano nel testo. Spesso si tratta di alternative apparenti che possono essere ricomposte in una sequenza variegata di temi; altre volte è, invece, la nostra incapacità di decifrare il senso dominante; in alcuni casi, poi, è il percorso stesso del testo nella sua nascita dalla predicazione orale di Gesù fino alla redazione evangelica a creare una complessità non del tutto aperta a una soluzione univoca.

Pubblicato il 29 marzo 2012 - Commenti (2)

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Postato da Teresi Giovanni il 29/03/2012 15:47

Per comprendere di che tipo di violenza si tratta può essere utile capire cosa permette di entrare nel regno dei cieli. È necessario avere una giustizia che supera quella degli scribi e dei farisei, cioè cercare di realizzare la volontà del Padre e non la nostra (Mt 5,20; 7,21); convertirsi, cioè cambiare la propria mente, diventando come bambini, facendosi piccoli come loro che, a differenza degli adulti, hanno ancora in sé la capacità di cambiare, il desiderio di imparare cose nuove, la disponibilità a lasciarsi ammaestrare (Mt 19,14). La violenza che viene richiesta per impossessarsi del Regno, dunque, è quella della conversione, del cambiamento interiore. Giovanni Teresi

Postato da Andrea Annibale il 29/03/2012 12:51

Il Regno dei Cieli è chiamato a saldare il Cielo con la Terra secondo una bella espressione di don Ciotti. Non penso che i violenti di cui parla il Vangelo (Matteo 11, 12) siano i malvagi, ma piuttosto chi fa la voce più grossa. In pratica, dove c’è la violenza c’è una forza che si diffonde sino ad identificarsi con il Regno dei Cieli. Si pensi alle grandi Rivoluzioni che insanguinano la Terra e che, talora in nome di ideali giusti e nobili, seminano terrore e infelicità. Gesù precisa che la venuta del Messia è un’epoca di grandi illusioni in cui qualcuno, in buona fede, è tentato dalla violenza per imporre gli ideali messianici. Cosa significa, “sino ad ora”? A mio avviso significa “sin quando Gesù non ha chiarito il significato del Regno”. Allora, quando Gesù con la Sua Croce e Resurrezione prende possesso del Suo Regno, il Regno stesso viene strappato alle illusioni messianiche erronee e consegnato interamente alla Chiesa, che lo amministra sino alla fine dei tempi. Il significato diviene ecclesiologico: la Chiesa che Cristo istituisce fa sì che il Regno simbolicamente consegnato a Pietro da Cristo con la Pentecoste è in buone mani. E risuona un criterio diverso dalla violenza: “Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve” (Luca 22, 26). Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi

Gianfranco Ravasi è un cardinale, arcivescovo cattolico e biblista italiano, teologo, ebraista ed archeologo.
Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

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