27 maggio 2012 – Domenica di Pentecoste

Celebra il mistero dell’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli, al compimento dei cinquanta giorni di Pasqua, secondo la promessa del Signore.

Per l’odierna solennità la tradizione liturgica della nostra Chiesa ambrosiana presenta due schemi di brani biblici e di testi eucologici, rispettivamente per la Messa della Vigilia da celebrare nel contesto della Liturgia vigiliare vespertina e per la Messa “nel giorno”. È anche prevista, qualora si celebri il Battesimo, la Messa “per i battezzati” con un proprio formulario ecologico e rispettive lezioni bibliche.

 

La Messa della Vigilia

 

Normalmente deve essere celebrata nel contesto della Liturgia vigiliare del sabato sera, organizzata sul modello della Veglia pasquale.

 

Il Lezionario

 

Prevede la proclamazione di quattro Letture vetero-testamentarie: Genesi 11,1-9; Esodo 19,3-8.16-19; Ezechiele 37,1-14; Gioele 3,1-5; Epistola: 1 Corinzi 2,9-15a e del Vangelo: Giovanni 16,5-14.

 

Lettura del libro della Genesi (11,1-9)

 

In quei giorni. 1Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. 2Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. 3Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. 4Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». 5Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. 6Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. 7Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». 8Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. 9Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

 

Il brano racconta la storia della torre di Babele, ambientata nella Mesopotamia, e la cui costruzione è attribuita agli uomini delle origini uniti da «un’unica lingua e uniche parole» desiderosi di «farsi un nome» (vv. 1-4). I vv. 5-8 riportano la reazione di Dio e il suo intervento nel confondere la loro unica lingua con una molteplicità di linguaggi incapaci di comprendersi fra di essi. Il v. 9 mette in luce la successiva dispersione dell’umanità prima raggruppata in un unico luogo e unita da un’unica lingua.

 

Lettura del libro dell’Esodo (19,3-8.16-19)

 

In quei giorni. 3Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: 4“Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. 5Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! 6Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». 7Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. 8Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. 

16Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. 17Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. 18Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. 19Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce.

Il brano si riferisce all’Alleanza stipulata da Dio, con il suo popolo liberato dall’Egitto, nel deserto del Sinai, con la mediazione di Mosè, incaricato di riferire le parole divine che evocano le cose grandi e meravigliose compiute da Dio (vv. 3-4), con l’ingiunzione di ascoltare la sua voce e di custodire l’alleanza (vv. 5-6). I vv. 7-8 dicono l’accettazione dell’alleanza da parte del popolo con l’impegno a custodirla fedelmente. Segue la narrazione della teofania, alla quale il popolo partecipa stando «in piedi sulle falde del monte», mentre è il solo Mosè a interloquire con Dio (vv. 16-19).

Lettura del profeta Ezechiele (37,1-14)

In quei giorni. 1La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; 2mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. 3Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». 4Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. 5Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. 6Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». 7Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. 8Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. 9Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». 10Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
11Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. 12Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. 13Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. 14Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio.

 

Il testo profetico, con l’immagine di un’intera pianura colma di «ossa… tutte inaridite», descrive la condizione di Israele condotto in esilio a Babilonia dopo la distruzione di Gerusalemme. Su di esse viene proclamata la parola del Signore che annunzia una vita nuova (vv 4-6) che si verifica grazie al soffio dello Spirito che irrompe su di esse «dai quattro venti» ossia da ogni dove ( vv 7-10). I vv 11-14, infine, svelano che «queste ossa sono tutta la casa d’Israele» priva di ogni speranza e che Dio, invece, si impegna a far rivivere con il dono dello Spirito.

 

Lettura del profeta Gioele (3,1-5)

 

Così dice il Signore Dio:

«1Dopo questo,

io effonderò il mio spirito

sopra ogni uomo

e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie;

i vostri anziani faranno sogni,

i vostri giovani avranno visioni.

2Anche sopra gli schiavi e sulle schiave

in quei giorni effonderò il mio spirito.

3Farò prodigi nel cielo e sulla terra,

sangue e fuoco e colonne di fumo.

4Il sole si cambierà in tenebre

e la luna in sangue,

prima che venga il giorno del Signore,

grande e terribile.

5Chiunque invocherà il nome del Signore,

sarà salvato,

poiché sul monte Sion e in Gerusalemme

vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore,

anche per i superstiti

che il Signore avrà chiamato.

 

Il brano si riferisce all’intervento di Dio a favore del suo popolo oppresso dalle popolazioni nemiche, paragonate a un esercito di cavallette (cfr. cap. 1). L’azione salvifica è così grande che Dio effonderà il suo spirito sopra ogni uomo facendo profeti tutti gli appartenenti al suo popolo e perfino gli schiavi (vv. 1-2). I vv. 3-5, con allusione alla teofania del Sinai di cui abbiamo letto nella seconda lettura, riferiscono i fatti prodigiosi che accompagnano l’intervento di Dio.

 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (2,9-15a)

 

Fratelli, 9sta scritto:

«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,

né mai entrarono in cuore di uomo,

Dio le ha preparate per coloro che lo amano».

10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. 12Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. 13Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. 14Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. 15L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa.

 

Nel contesto del presente brano, l’Apostolo sta parlando della sapienza di Dio che si oppone a quella del mondo, incapace di conoscerla al contrario di quanti amano Dio (v. 9). Ad essi, grazie al dono dello Spirito, vengono rivelati anche i “segreti di Dio” (vv. 10-12). La predicazione dell’Apostolo, di conseguenza, si poggia sulla rivelazione dei disegni divini da parte dello Spirito Santo, senza il quale nessuno è in grado di intendere le cose di Dio (vv. 13-15a).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (16,5-14)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «5Ora  vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. 6Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. 7Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. 8E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9Riguardo al peccato, perché non credono in me; 10riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; 11riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato. 12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

Il brano è preso da un nuovo discorso di Gesù ai suoi discepoli nel contesto dell’ultima cena e riguardante l’annunzio del suo ritorno al Padre (Gv 16,4b-33). Qui, dopo aver constatato che tale discorso ingenera tristezza nel cuore dei discepoli (v. 6), Gesù parla di una conseguenza positiva del suo ritorno al Padre: è l’invio del Paraclito, ovvero dello Spirito Santo (v. 7). I vv. 8-11 parlano del ruolo dello Spirito nei riguardi del mondo, che verrà giudicato a motivo dell’incredulità, mentre i vv. 12-15 sviluppano l’azione del medesimo Spirito verso i discepoli, di per sé incapaci di comprendere “tutta la verità”, ossia  la pienezza della rivelazione divina in Cristo.

 

La  Messa “nel giorno”

 

Vengono in essa proclamati: Lettura: Atti degli Apostoli 2,1-11; Salmo 103 (104); Epistola: 1 Corinzi 12,1-11; Vangelo: Giovanni 14,15-20.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (2,1-11)

 

1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.5Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. 6A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? 8E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? 9Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, 11Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

Il brano riporta nei vv. 1-4 l’evento del dono dello Spirito promesso dal Signore ai suoi con i caratteri di una teofania, ovvero di una manifestazione divina, segnata, come avviene in quella del Sinai (Es 9,16-19), da “fragore”, “vento impetuoso” e “lingue di fuoco”, segni della trascendenza divina. Le lingue di fuoco, in particolare, dicono l’effusione dello Spirito Santo su tutti i presenti e significano la loro consacrazione a essere missionari del Vangelo presso i popoli della terra. I vv. 5-11 infatti elencano le varie nazionalità della folla che assiste all’evento e che sente gli Apostoli «parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

Prima lettera di san Paolo ai Corinzi (12,1-11)

 

1Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. 2Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. 3Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. 4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.

 

Il brano fa seguito alle istruzioni dell’Apostolo riguardanti la cena del Signore (1 Corinzi 11,17-34). Qui l’intento di Paolo è quello di non lasciare nell’ignoranza la giovane comunità di Corinto riguardo ai doni dello Spirito (v. 1), ben diversi dai fenomeni presenti anche nel paganesimo (v. 2). Tra i credenti si ha certezza di agire “sotto l’azione dello Spirito Santo” se quanto si afferma è in sintonia con la fede in Gesù che è il Signore! I vv. 4-6 insistono sul fatto che “carismi”, “ministeri” e “attività” nella Chiesa procedono e dipendono dallo Spirito che è “uno solo”. Nei vv. 7-11 vengono elencate le particolari manifestazioni dell’unico Spirito nei singoli credenti al fine, però, di perseguire il bene comune, vale a dire per la vita e l’espansione della Chiesa.

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (14,15-20)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».

 

Con queste parole, pronunciate nel cenacolo prima di separarsi dai suoi, Gesù promette loro che una volta tornato al Padre si prenderà a cuore la loro situazione ottenendo l’invio dello Spirito Santo che succederà a lui nell’ufficio di Paraclito, ossia di assistenza e guida, per sempre (vv. 15-16). Lo Spirito, in particolare, avrà il compito di aprire i loro cuori e la loro intelligenza alla verità, vale a dire alla sorprendente affermazione del Signore: «Io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (v. 20).

 

Commento liturgico-pastorale

 

Le parole che il Signore, rivolgendosi ai suoi discepoli dice anche per noi che formiamo qui e oggi la sua Chiesa, vogliono consolidare, mediante il dono dello Spirito, la nostra fede e il nostro amore per lui, impedendoci di sentirci soli e come orfani! Gesù, infatti, è continuamente vivo e presente tra noi grazie all’azione dello Spirito, che rende viva la sua Parola e che attiva, nel sacramento, l’offerta compiuta dal Signore sulla Croce, a noi partecipata come principio della nostra comunione con lui e tramite lui con il Padre ( Vangelo: Giovanni 14,20).

Interprete sicura della Parola è la preghiera liturgica per la quale la solennità odierna «che, nel suo numero sacro e profetico (cioè il cinquantesimo giorno di Pasqua), ricorda arcanamente la raggiunta pienezza del mistero pasquale» (Prefazio, Messa nel giorno) e, di conseguenza contiene, esprime e rende attiva l’inesauribile ricchezza dell’opera salvifica realizzata dal Signore con la sua morte in Croce, con la sua Risurrezione e Ascensione alla destra di Dio. È ciò che leggiamo nel Prefazio della Messa della Vigilia che vede, nell’effusione dello Spirito Santo, la distribuzione dei doni della grazia divina e nei quali si può anzitutto riconoscere l’economia sacramentale con al vertice i sacramenti pasquali del Battesimo e dell’Eucaristia. Doni che, anticipando ai fedeli «le primizie dell’eredità eterna che sono chiamati a condividere con Cristo redentore», li  rende certi di «incontrarsi con lui nella gloria» in quanto, in tali doni di grazia, «l’esperienza dello Spirito è più inebriante e più viva». Il Prefazio della Messa nel giorno, invece, intende magnificare l’estensione all’intera umanità della grazia propria della Pentecoste vedendo in essa, alla luce del racconto biblico della torre di Babele (Genesi 11,1-9), la ricomposizione in unità della stessa umanità dalla «confusione che la superbia aveva portato agli uomini». Ricomposizione che, con allusione al racconto degli Atti degli Apostoli (2,1-11), è segnata dall’irruzione dello Spirito  significato dal fragore improvviso e grazie al quale gli apostoli «accolgono la professione di un’unica fede e, con diversi linguaggi, a tutte le genti annunziano la gloria del vangelo di salvezza». Annunzio destinato a far sì che «i popoli dispersi si raccolgano e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del nome di Dio Padre» (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola, Messa nel giorno) formando l’unico suo popolo santo. E poiché la Chiesa radunata nella celebrazione eucaristica avverte la presenza dello Spirito che la spinge sulle vie dell’annunzio del Vangelo che salva, domanda al Padre di rinnovare oggi «i prodigi della Pentecoste e di comunicare a tutti i fedeli il fervore dello Spirito che animò visibilmente gli apostoli e li rese nel mondo testimoni del vangelo» (Orazione Dopo la Comunione, Messa nel giorno).

 

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20 maggio 2012 – Domenica dopo l’Ascensione

È la settima domenica di Pasqua, orientata alla solennità di Pentecoste, corona dei cinquanta giorni della letizia pasquale.

 

Il Lezionario

 

Prescrive la proclamazione dei seguenti brani biblici: Lettura: Atti degli Apostoli 1,15-26; Salmo 138 (139); Epistola: 1 Timoteo 3,14-16; Vangelo: Giovanni 17,11-19. Alla Messa vigiliare del sabato viene proclamato Giovanni 20,1-8 come Vangelo della Risurrezione.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (1,15-26)

 

15In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli il numero delle persone radunate era di circa centoventi e disse: 16«Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. 17Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. 18Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. 19La cosa è divenuta nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e così quel campo, nella loro lingua, è stato chiamato Akeldamà, cioè “Campo del sangue”. 20Sta scritto infatti nel libro dei Salmi:

La sua dimora diventi deserta

e nessuno vi abiti,

e il suo incarico lo prenda un altro.

21Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi,  22cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione».

23Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. 24Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto 25per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». 26Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.

 

Il brano riporta le parole di Pietro ai fratelli radunati con lui dopo l’Ascensione in attesa del dono dello Spirito Santo promesso dal Signore.

Nei vv. 16-20 Pietro rievoca il tradimento di Giuda, la sua orribile fine e, alla luce dei Salmi 69,26 e 109,8, invita i fratelli a procedere all’integrazione del “collegio” apostolico con la scelta di uno che, discepolo del Signore a partire dal suo battesimo fino al giorno della sua ascensione, «divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione».

I vv. 23-26 riportano la procedura seguita. Anzitutto l’individuazione di due candidati (v. 23), la preghiera perché Dio mostri «quale di questi due» ha scelto (vv. 24-25) e, infine, l’estrazione a sorte fra i due candidati con l’indicazione di Mattia che, in tal modo, «fu associato agli undici apostoli».

 

Prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo (3,14-16)

 

Carissimo, 14ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; 15ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. 16Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità:

egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria.

 

L’Apostolo intende qui fornire alcune indicazioni al suo discepolo Timoteo perché «sappia come comportarsi», in sua assenza, nella comunità ecclesiale che lui presiede individuata come “casa di Dio”; “Chiesa” ovvero assemblea santa del Dio vivente e «colonna e sostegno della verità», vale a dire della retta proclamazione del Vangelo di salvezza in Cristo (vv. 14-15).

Nel v. 16 viene sintetizzato in forma di inno liturgico il disegno divino di salvezza che Dio ha dispiegato e compiuto nel suo Figlio «manifestato in carne umana» fino a essere «elevato nella gloria» nel mistero cioè dell’Ascensione.

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (17,11-19)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Padre, 11io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te, Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

12Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

15Non  prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

 

Il brano è preso dalla grande preghiera rivolta da Gesù al Padre, in presenza dei suoi discepoli, radunati con lui in quell’ultima cena che precede la sua morte che lo porta fuori dal “mondo”, inteso come ambiente ostile e pericoloso nel quale essi dovranno rimanere.

Di qui la richiesta al Padre di custodire i discepoli e di rafforzarli in ciò che ha trasmesso: «perché siano una cosa sola» sul modello dell’unità del Padre e del Figlio (v. 11).

Il v. 12 illustra il significato profondo della custodia dei discepoli da parte di Gesù e, da ora, da parte del Padre: è la loro conservazione nella comunione di vita con il Padre che egli ha dato ai suoi con il dono della sua vita, perché non succeda anche ad essi di fare come Giuda, il “figlio della perdizione”.

Il Signore, perciò, chiede di nuovo al Padre di proteggere i suoi che sono nel mondo e che possano sperimentare la sua gioia nel ritornare a lui (v. 13).

I vv. 14-19 evidenziano il contrasto mondo/discepoli che replica quello tra Gesù stesso e il mondo.  Di qui la sua preghiera al Padre di proteggere la sua comunità dall’odio del mondo che non li riconosce suoi e soprattutto dal Maligno, vale a dire dell’avversario di Dio e del suo Cristo, che Gesù ha sconfitto sulla Croce (vv. 14-16).

Dal v. 17 al v. 19 la preghiera chiede al Padre di consacrare, ovvero di santificare i discepoli nella verità dal momento che essi sono equipaggiati con la Parola trasmessa loro proprio da Gesù.  Forti della custodia di Dio, i discepoli penetrati dalla sua Parola, sono addirittura mandati nel mondo come Gesù è stato mandato nel mondo dal Padre. Un mandato che li impegna a proseguire la sua stessa missione.

 

Commento liturgico-pastorale

 

La lettura evangelica ci fa toccare con mano l’amore del Signore per la sua Chiesa alla quale, come abbiamo appena ascoltato nel Vangelo, è affidato il compito di proseguire la sua opera di salvezza del mondo. Per questo essa dovrà dedicarsi interamente all’annunzio della verità, ossia del Vangelo, e all’attuazione concreta della salvezza da lui operata nella sua Pasqua e così espressa nella preghiera del Prefazio: «Per riscattare la famiglia umana il Signore Gesù si degnò di nascere in mezzo a noi e vinse il mondo con il suo dolore e la sua morte. Risorgendo nella gloria, ci riaprì il cammino della vita eterna e nel mistero della sua ascensione ci ridonò la speranza di entrare nel regno dei cieli». È questo l’impegno primario e irrinunciabile della Chiesa e di ogni discepolo del  Signore. Un impegno che incombe su tutti in questi giorni segnati da disinteresse, da apatia, da indifferenza  se non da vera e propria ostilità in ordine al credere e dalla crescente difficoltà per noi nel comunicare la gioia della fede nel Risorto. Eppure siamo fermamente convinti che il mondo, l’umanità, la storia hanno nel Signore Gesù l’unica vera possibilità di riscatto dal potere del male che le divora e soprattutto la reale possibilità di camminare con lui sulla via della vita e di nutrire ferma speranza di entrare in quel regno dei cieli di cui la Chiesa qui in terra è autentico segno e anticipo. Nella sua preghiera, perciò, Gesù, che sta per tornare al Padre, lo supplica perché sia lui a proteggere e a custodire la sua comunità che deve proseguire la missione in un ambiente ostile qual è il mondo dell’incredulità e del peccato, che farà di tutto per distruggere l’opera dei suoi.

D’altra parte, l’ostilità del mondo e del principe di questo mondo è stata avvertita dal Signore stesso e dalla  cerchia dei suoi fratelli e intimi amici quali sono i dodici Apostoli. Uno di essi, infatti, si fece addirittura la «guida di quelli che arrestarono Gesù» (Lettura: Atti degli Apostoli 1,16). Noi sappiamo che il Padre ha esaudito la preghiera del Signore con l’invio dello Spirito Santo che è potenza e forza divina capace di mantenere la purezza della verità della fede nel Figlio di Dio venuto nel mondo per la salvezza di tutti e così  cantata nell’inno liturgico dell’Epistola paolina: «Egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria» (1 Timoteo 3,16). Il medesimo Spirito gonfia ancora oggi i cuori dei discepoli e li spinge, nella partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore, a perseverare nella comunione con lui e dunque con il Padre, divenendo così «una sola cosa» (Giovanni 17,11). Questa sublime esperienza, che è alla portata di tutti i credenti nella celebrazione dell’Eucaristia, scaccia dal loro animo ogni paura, ogni turbamento, ogni scoraggiamento e li rassicura sul fatto che Dio «non desiste dal prendersi cura di quanti sostiene e rianima con la certezza del suo affetto di Padre» (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica).

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17 maggio 2012 – Ascensione del Signore


Celebra il compimento della Pasqua con il ritorno del Signore vittorioso al Padre, dal quale era venuto per la nostra salvezza.

La recente riforma del Calendario liturgico della nostra Chiesa Ambrosiana (2008) ha  giustamente riportato questa grande Solennità pasquale nel “quarantesimo giorno” della letizia pasquale segnata dalla gioia della presenza del Risorto tra i suoi ai quali promette, una volta tornato al Padre, di mandare lo Spirito Santo per tener viva la sua Parola e l’efficacia della sua Pasqua fino alla consumazione dei tempi.

L’importanza dell’odierna solennità, nella nostra tradizione liturgica, è riscontrabile nella proposta di una Lettura vigiliare per la Messa vespertina della Vigilia che inaugura la solennità e dai due formulari eucologici per la Messa “della Vigilia” e per la Messa “nel giorno”.

 

Il Lezionario

 

Nella Messa della Vigilia viene proclamata come Lettura vigiliare: Atti degli Apostoli 1, 1-11. L’Epistola e il  Vangelo sono quelli della Messa “nel giorno” vale a dire: Efesini 4,7-13 e Luca 24, 36b-53. Nella Messa “nel giorno” la Lettura è presa dagli Atti degli Apostoli 1,6-13a.

 

Lettura Vigiliare: Atti degli Apostoli 1,1-11

 

1Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi 2fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. 3Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. 4Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella disse che voi avete udito da me: 5Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». 6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». 7Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, 8ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». 9Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. 10Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro 11e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Il brano si apre con la presentazione da parte di Luca del suo nuovo libro che fa seguito al «primo racconto» ossia il Vangelo riguardante ciò che Gesù «fece e insegnò» nella sua vita terrena culminata, dopo la sua passione e risurrezione, nel giorno «in cui fu assunto in cielo» (vv. 1-5).

I vv. 6-8 riportano l’ultimo dialogo tra Gesù e i suoi discepoli nel quale viene loro annunciato il dono dello Spirito Santo che li trasformerà in suoi testimoni «fino ai confini della terra».

Il brano si conclude con il racconto dell’ascensione e con l’annunzio ai discepoli fatto da due uomini in bianche vesti riguardante il ritorno del Signore dal cielo nel giorno della Parusia, alla fine dei tempi (vv. 9-11).

 

Lettura (Messa nel giorno): Atti degli Apostoli 1,6-13a

 

In quei giorni. 6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». 7Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, 8ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». 9Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. 10Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro 11e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». 12Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. 13Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi.

 

Completa ciò che è stato letto nella Lettura vigiliare, dicendo che gli Apostoli, testimoni dell’elevazione “in alto” del loro Maestro e Signore, una volta tornati a Gerusalemme, «salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi». Si tratta di un particolare di grande importanza perché il loro essere riuniti insieme è immagine della Chiesa, quella del Signore, sulla quale egli ha promesso di far scendere «la forza dello Spirito Santo» che la abilita a dare testimonianza a Gesù ovunque e fino al suo ritorno glorioso dal Cielo.

 

Lettura di san Paolo apostolo agli Efesini (4,7-13)

 

Fratelli, 7a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. 8Per questo è detto:

«Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini.

9Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? 10Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.

11Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, 12per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, 13finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo».

 

L’Apostolo riflettendo sul mistero dell’Ascensione al Cielo del Signore afferma, con riferimento al Salmo 68,19, che egli «asceso in alto ha portato con sé prigionieri». Si tratta dell’intera umanità da lui liberata, nel mistero della sua Pasqua, dalla schiavitù del male, del peccato e della morte. In pari tempo, il Signore una volta asceso al Cielo «ha distribuito doni agli uomini», allusione, forse, al dono dello Spirito Santo che abilita alcuni a collaborare perché tutti gli uomini arrivino «all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio» divenendo in tal modo il suo corpo.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (24,36b-53)

 

In quel tempo. 36BIl Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma . 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40  Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione  di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nel Profeti e nei Salmi».45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo. 52Ed essi di prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Il brano segue immediatamente quello dei due discepoli di Emmaus. Esso appare diviso in tre parti: nella prima: vv. 36-43 viene narrata l’apparizione del Signore agli Undici e ai discepoli radunati insieme nella quale si dà a conoscere nella verità di Crocifisso/Risorto, il Vivente.

Nella seconda parte: vv. 44-49 come già con i discepoli di Emmaus Gesù «aprì loro la mente per comprendere le Scritture» che concordano nell’annunziare come il Cristo, ossia il Messia, «patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno» secondo l’ineffabile disegno di Dio di universale salvezza.

Nei versetti finali 50-53 l’evangelista riferisce l’evento glorioso dell’Ascensione del Signore che produce nel cuore dei discepoli grande gioia e la lode a Dio.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Lo ricaviamo dai testi della preghiera liturgica, ossia dai formulari eucologici del Messale Ambrosiano per la Messa della Vigilia e per quella “nel giorno”.

In primo luogo l’evento dell’Ascensione è considerato nel più ampio contesto del disegno di grazia che il Prefazio della Messa della Vigilia vede così portato a compimento. Lo stesso Prefazio indica la portata salvifica di tale mistero affermando: «Così fu vinto e umiliato il demonio, e fu restituito al genere umano lo splendore dei doni divini» mentre il Prefazio della Messa “nel giorno”, presente anche nel Messale Romano, dopo aver elencato i nuovi titoli del Signore «salito al di sopra dei cieli», «Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo» afferma che egli, in tal modo, «ci ha preceduto nella dimora eterna per darci la sicura speranza che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi sue membra, uniti nella stessa gloria».

È la forte convinzione espressa anche nella preghiera A Conclusione della Liturgia della Parola nella Messa della Vigilia e in quella Dopo la Comunione della stessa Messa.

La preghiera A Conclusione della Liturgia della Parola nella Messa “nel giorno”, rivolgendosi a Dio evidenzia nel Signore asceso al Cielo la “dignità” alla quale «è stato oggi elevato l’uomo che tu creasti».

Infine i testi eucologici, con vari accenti, mettono in luce la tensione verso Cristo che deve continuamente contrassegnare la vita dei fedeli. La preghiera Sui doni della Messa “nel giorno” chiede a Dio di far sì «che il nostro spirito si innalzi alla gioia del Signore risorto». La preghiera All’inizio dell’Assemblea liturgica della Messa della Vigilia domanda a Dio Padre «di tendere con tutte le nostre forze alle altezze del Cielo», mentre quella A Conclusione della Liturgia della Parola chiede a Dio di guidare «le aspirazioni dei tuoi figli verso il tuo regno eterno». 

 

 

 

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13 maggio 2012 – VI domenica di Pasqua

Prepara la celebrazione della prossima solennità dell’Ascensione ovvero del ritorno glorioso del Signore Risorto presso il Padre da dove manderà sulla Chiesa lo Spirito Santo Paraclito.

 

Il Lezionario

 

Fa proclamare le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Atti degli Apostoli 26, 1-23; Salmo 21 (22); Epistola: 1 Corinzi 15,3-11; Vangelo: Giovanni 15,26-16,4. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella Messa vigiliare del sabato è preso da Giovanni 21,1-14.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (26,1-23)

 

In quei giorni. 1Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, fatto  cenno con la mano, si difese così: 2«Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi difendere oggi da tutto ciò di cui vengo accusato dai Giudei, davanti a te, 3che conosci a perfezione tutte le usanze e le questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. 4La mia vita, fin dalla giovinezza, vissuta sempre tra i miei connazionali e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; 5essi sanno pure da tempo, se vogliono darne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto secondo la setta più rigida della nostra religione. 6E ora sto qui sotto processo a motivo della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri, 7 e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. A motivo di questa speranza, o re, sono ora accusato dai Giudei! 8Perché fra voi è considerato incredibile che Dio risusciti i morti?

9Eppure anche io ritenni mio dovere compiere molte cose ostili contro il nome di Gesù il Nazareno. 10Così ho fatto a Gerusalemme: molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con il potere avuto dai capi dei sacerdoti e, quando venivano messi a morte, anche io ho dato il mio voto. 11In tutte le sinagoghe cercavo spesso di costringerli con le torture a bestemmiare e, nel colmo del mio furore contro di loro, davo loro la caccia perfino nelle città straniere.

12In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con il potere e l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti, 13verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. 14Tutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo”. 15E io dissi: “Chi sei, o Signore?”. E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu perséguiti. 16Ma ora àlzati e sta’ in piedi; io ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto di me e di quelle per cui ti apparirò. 17Ti libererò dal popolo e dalle nazioni, a cui ti mando 18per aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità, in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me”.

19Perciò, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste, 20ma, prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di pentirsi e di convertirsi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione. 21Per queste cose i Giudei, mentre ero nel tempio, mi presero e tentavano di uccidermi. 22Ma, con l’aiuto di Dio, fino a questo giorno, sto qui a testimoniare agli umili e ai grandi, null’altro affermando se non quello che i Profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, 23che cioè il Cristo avrebbe dovuto soffrire e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti».

 

Il brano riporta il discorso di autodifesa tenuto da san Paolo a Cesarea, in attesa di essere condotto a Roma per essere processato, di fronte al re Agrippa II e al governatore romano Festo, in seguito al tumulto scoppiato a Gerusalemme e culminato con l’arresto dell’Apostolo (Atti degli Apostoli 21,27ss.). Nel suo discorso Paolo esordisce ricordando il suo zelo per la Legge e nel perseguitare i cristiani (vv. 4-11). Offre, quindi, una personale testimonianza dei fatti accaduti sulla strada verso Damasco con al centro le parole di Gesù che lo costituisce suo «ministro e testimone» presso gli Ebrei e i Pagani (vv. 12-18). Nella conclusione Paolo dimostra di aver agito secondo ciò che gli era stato detto dalla “visione celeste” predicando che Gesù è il Cristo annunciato dai Profeti e da Mosè (vv. 19-23).

 

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (15,3-11)

 

Fratelli, 3a voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè

che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture

e che 4fu sepolto

e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture

5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.

6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. 9Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. 10Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.   

 

In questo brano avvertiamo l’intento dell’Apostolo di ribadire ai fragili cristiani di Corinto la portata reale della risurrezione dei morti e lo fa poggiandosi sul cuore dell’annunzio evangelico vale a dire la morte per i nostri peccati e la risurrezione del Signore apparso a Pietro e ai Dodici (vv. 3-5). Elenca altre apparizioni fino all’ultima: quella che riguarda lui che si proclama «il più piccolo degli apostoli» avendo prima perseguitato la Chiesa (vv. 6-9). In conclusione san Paolo proclama l’uniformità della sua predicazione in ordine alla risurrezione su cui si poggia la fede con quella degli altri Apostoli (vv. 10-11).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (15,26-16-4)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: 26«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

1Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. 3E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto.

Non ve l’ho detto dal principio perché ero con voi».

 

Il brano è collocato nell’ultima cena del Signore con i suoi discepoli in un contesto nel quale viene a essi preannunciata la persecuzione. Si comprende, perciò, come il Signore, ponendosi nella futura condizione di Risorto e di glorificato presso il Padre, prometta ai suoi di mandare su di essi lo Spirito Santo qui indicato con il termine Paraclito. Egli avrà il compito di testimoniare Gesù anzitutto nel cuore dei fedeli, rendendoli in tal modo fermi nella fede e capaci, a loro volta, di dare testimonianza a lui nel loro ambiente di vita (vv. 26-27).

I vv. 1-4 del capitolo 16 riportano le parole con le quali il Signore annuncia per i suoi discepoli la persecuzione e addirittura la morte violenta per mano di gente convinta di agire in conformità al volere divino. Una persecuzione che avrà come protagonista quella stessa cerchia di persone che determinò la morte di Gesù e indicate dall’Evangelista con l’espressione “i Capi dei Giudei”.

 

 

 

Commento liturgico-pastorale

 

L’ascolto delle Scritture, in questa domenica, fa scendere nel nostro spirito la parola del Signore che preannuncia ai suoi discepoli l’invio dello Spirito Santo, il Paraclito. Il brano ci situa nella sala dell’ultima cena nell’imminenza oramai della morte del Signore. Le sue parole si allargano ad abbracciare la condizione che lo vedrà glorioso presso il Padre una volta passato dall’oscurità della morte alla luce  della risurrezione.  

Sarà lui, intronizzato come Signore alla destra di Dio, a mandare ai suoi discepoli che rimangono nel mondo lo Spirito Santo come guida, assistente e difensore al suo posto. È la promessa che si è verificata nell’effusione dello Spirito Santo nel mistero della Pentecoste culmine della Pasqua.

Il Signore sa, infatti, che la sua comunità andrà incontro, come è avvenuto per lui, alla prova e alla persecuzione violenta a causa della fede riposta nella sua Persona. Cosa puntualmente verificatasi nei primi giorni della Chiesa con l’uccisione di Stefano, di Giacomo il Minore e anche nella persecuzione scatenata da Saulo che, una volta trasformato dalla Luce che lo avvolse sulla via di Damasco, ha lui stesso sperimentato la violenza, la prigionia e il giudizio (Cfr la Lettura).  

Con le sue parole il Signore ha perciò presente non solo la comunità del Cenacolo ma, a partire da essa, la comunità credente di tutti i tempi e di tutti i luoghi, quindi, la nostra comunità oggi radunata per la celebrazione, nel mistero, della sua Pasqua. Il Signore sa che anche noi, come una volta i suoi discepoli, potremmo “scandalizzarci” (Giovanni, 16,1) per le tribolazioni e le prove a cui veniamo inevitabilmente sottoposti a causa della nostra fede in lui.

Nella partecipazione all’Eucaristia il Signore Risorto ci fa dono del suo Spirito che, dal di dentro, ci rende sempre più stabili nella fede, ci convince che non vi è altra salvezza se non in Cristo e, dunque, ci rende idonei a dare testimonianza al Signore con la nostra parola e con la nostra vita.

Grazie al dono dello Spirito noi abbiamo accolto il cuore stesso della buona notizia così trasmesso dall’Apostolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (Epistola: 1 Corinzi 15, 3-5) e abbiamo la certezza che «ogni volta che si celebra con questa offerta la memoria del tuo Figlio immolato e risorto, rivive e si rende efficace l’opera della nostra redenzione» ( Orazione “Sui Doni”).

Noi siamo infatti interiormente persuasi che con la sua morte il Signore ci ha liberati dalla “morte eterna” e con la sua risurrezione, accertata da Pietro e dai Dodici Apostoli, ha fatto brillare anche per noi la vita nuova e immortale.

Questo è l’avvenimento capitale e decisivo per ogni uomo che sperimenta la sua radicale insuperabile impotenza di fronte al male e alla morte.

Questa è la bella e la buona “notizia” della quale dobbiamo dare testimonianza sull’esempio dell’Apostolo Paolo, costituito dal Signore «ministro e testimone» di lui davanti alle genti «perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l’eredità» (Atti degli Apostoli 26,18), quella che spetta ai figli.

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6 maggio 2012 – V domenica di Pasqua

Orienta l’attenzione di fede della Chiesa alla solennità dell’Ascensione del Signore che annuncia il compimento della promessa: l’invio dello Spirito Santo Consolatore.

 

Il Lezionario

 

Fa leggere le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Atti degli Apostoli 7,2-8. 11-12a. 17. 20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54; Salmo 117 (118); Epistola: 1Corinzi 2,6-12; Vangelo: Giovanni 17,1b-11. Nella Messa vigiliare del sabato si proclama Matteo 28,8-10 come Vangelo della Risurrezione.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (7,2-8. 11-12a. 17. 20-22. 30-34. 36- 42a. 44-48a. 51-54)

 

In quei giorni. 2Stefano rispose: «Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, 3e gli disse: “Esci dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra che io ti indicherò”. 4Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi ora abitate. 5In essa non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto l’orma di un piede e, sebbene non avesse figli, promise di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui. 6Poi Dio parlò così:La sua discendenza vivrà da straniera in terra altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. 7Ma la nazione di cui saranno schiavi, io la giudicherò – disse Dio – e dopo ciò usciranno e mi adoreranno in questo luogo”. 8E gli diede l’alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. 11Su tutto l’Egitto e su Canaan vennero carestia e grande tribolazione e i nostri padri non trovavano da mangiare. 12Giacobbe, avendo udito che in Egitto c’era del cibo, vi inviò i nostri padri.17Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto.

20In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna 21e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. 22Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere.

30Passati quarant’anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. 31Mosè rimase stupito di questa visione e, mentre si avvicinava per vedere meglio, venne la voce del Signore: 32“Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè non osava guardare. 33Allora il Signore gli disse: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in cui stai è terra santa. 34Ho visto i maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto”.

36Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant’anni. 37Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me”. 38Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. 39Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l’Egitto, 40dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. 41E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani. 42Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo.

44Nel deserto i nostri padri avevano la tenda della testimonianza, come colui che parlava a Mosè aveva ordinato di costruirla secondo il modello che aveva visto. 45E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè la portarono con sé nel territorio delle nazioni che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. 46Costui trovò grazia dinanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per la casa di Giacobbe; 47ma fu Salomone che gli costruì una casa. 48L’Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo.

51Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. 52Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, 53voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». 54All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.

 

Il brano riporta ampi stralci del discorso tenuto da Stefano davanti al Sinedrio dopo il suo arresto (Atti 7,2-53) che culminerà con la sua uccisione (7,54-60). Stefano ripercorre tutta la storia di Israele a partire dalla rivelazione di Dio ad Abramo (7,2-8), la carestia patita da Israele in Egitto (11-12a), la scelta di Mosè come liberatore del popolo dall’Egitto e sua guida nel deserto con gli avvenimenti ivi avvenuti (17,20-22; 30-34; 36-42a), la costruzione del tempio (44-48a). I vv. 51-53 registrano l’invettiva contro la durezza di cuore del Popolo che ha portato all’uccisione dei profeti e, ora, del “Giusto”, ossia di Gesù.

 

Prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (2,6-12)

 

Fratelli, 6tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. 7Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. 8Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 9Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. 10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. 12Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato.

 

Il brano è preso dal più ampio contesto in cui l’Apostolo oppone alla sapienza del mondo quella di Dio che brilla in Cristo crocifisso (1 Corinzi 1,17ss.). I vv. 6-9 mettono in luce come “i perfetti”, ossia quanti grazie alla fede hanno raggiunto un alto livello nella vita cristiana, sono in grado di penetrare nella sapienza divina ovvero nel disegno divino di salvezza di per sé nascosto e che è stato rivelato in Cristo. Al contrario, “i dominatori di questo mondo”, ossia le potenze umane manovrate da quelle diaboliche, non sono in grado di penetrare nella «sapienza di Dio che è nel mistero». I vv. 10-12 , infine, sottolineano il fatto che per mezzo dello Spirito che è stato dato ai credenti è possibile addirittura penetrare nelle «profondità di Dio».

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (17,1b-11)

 

In quel tempo. 1Il signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. 2Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. 5E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. 6Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. 9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi».

 

Il brano che avvia la preghiera di Gesù e che occupa il capitolo intero, conclude la narrazione dei gesti e delle parole del Signore in quella che è chiamata “l’ultima cena” con i suoi apostoli (Giovanni 13-17). Qui, in realtà, siamo di fronte all’ultimo colloquio di Gesù con il Padre avviato dal suo gesto assai significativo di alzare gli occhi al cielo (v. 1).

In particolare i vv. 1-5 sono incentrati su quanto Gesù ha compiuto nel mondo su incarico del Padre e sulla conseguente richiesta di essere glorificato, ossia di essere reintegrato nella sua condizione divina; cosa, questa, che coinciderà con l’ora della sua morte.

Nei vv. 6-11a lo sguardo di Gesù si allarga «agli uomini che mi hai dato dal mondo», ossia ai credenti. Di essi viene sottolineata la simultanea appartenenza al Padre e a lui stesso (vv. 6-8) e, dunque, l’intervento a loro favore presso il Padre considerando che oramai lui, avviato alla glorificazione, non è «più nel mondo» mentre «essi sono nel mondo» (vv. 9-11).

 

Commento liturgico-pastorale

 

Questa domenica è orientata al compimento della Pasqua nel mistero dell’Ascensione del Signore. Il suo ritorno al Padre mentre segna un ulteriore stadio della sua esaltazione sulla Croce, segna d’altra parte una nuova situazione per i discepoli del Signore stesso. Questi, d’ora in poi, non lo avranno più fisicamente ma, attraverso il dono dello Spirito che «conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio» (Epistola: 1Corinzi 2,10b), potranno “conoscere”, ossia penetrare e sperimentare in pienezza ciò che Dio ha loro donato nel suo Figlio!

Si tratta di una realtà che riguarda ogni credente, ognuno di noi che formiamo oggi la sua Chiesa nata dalla Pasqua di morte e di risurrezione del Signore, nella quale culmina l’“opera” che il Padre gli ha dato da compiere mandandolo nel mondo.

È bene aver chiaro nel nostro cuore e nella nostra mente che quanti giungono alla fede vengono messi da Dio, al quale appartengono, nelle mani del Figlio il quale, tramite il suo Vangelo, ha “manifestato” ad essi il “nome”, ossia la realtà stessa di Dio in nessun modo conoscibile dai «dominatori di questo mondo» (1Cor 2,8).

Ed è proprio questo essere simultaneamente di Dio e del Figlio il punto di appoggio della comunità del Signore lungo i secoli. Essa sa di essere custodita dal Padre pur vivendo nell’ambiente ostile qual è il “mondo” e, di conseguenza, può serenamente attraversare i secoli.

La celebrazione eucaristica è l’ambiente nel quale avvertiamo la verità del dono della vita eterna che il Signore ci ha dato nella sua Pasqua. È la vita che ci viene elargita nella partecipazione al pane e al vino della mensa eucaristica nella quale la sperimentiamo come comunione con il Figlio e, in lui, con il Padre e possiamo così allietarci «dell’eterno destino di gloria che ci è stato donato nel Signore Risorto» (Prefazio).

La celebrazione, inoltre, è l’ambiente nel quale l’ascolto delle Scritture, rese a noi intelligibili dallo Spirito Santo, ci offre l’opportunità di vedere come tutta la storia della salvezza che si dispiega a partire dall’apparizione del «Dio della gloria» ad Abramo (Lettura: Atti degli Apostoli) fino alla liberazione dall’Egitto e alla costruzione del Tempio, preannunciava in realtà «la venuta del Giusto», ossia del Signore Gesù, il Figlio di Dio. Una “storia” nella quale sappiamo di essere coinvolti in prima persona sperimentandone gli effetti salutari sul mondo intero.

 

 

 

 

 

 

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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