15 agosto 2012 - Solennità dell'Assunta

Luca (1,39-55)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: / «L’anima mia magnifica il Signore / e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, / perché ha guardato l’umiltà della sua serva. / D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. / Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente / e Santo è il suo nome; / di generazione in generazione la sua misericordia / per quelli che lo temono. / Ha spiegato la potenza del suo braccio, / ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; / ha rovesciato i potenti dai troni, / ha innalzato gli umili; / ha ricolmato di beni gli affamati, / ha rimandato i ricchi a mani vuote. / Ha soccorso Israele, suo servo, / ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, / per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Il passo segue il racconto dell’annuncio dell’angelo a Maria (1,26-38) ed è chiaramente diviso in due parti. Anzitutto il racconto della visita di Maria alla cugina Elisabetta al sesto mese di gravidanza e l’ispirato saluto di Elisabetta che riconosce in Maria la «madre del mio Signore».
Al saluto risponde Maria con il “cantico” nel quale si riconoscono numerosi riferimenti veterotestamentari, come il cantico di Anna, la madre del profeta Samuele.
Nelle parole di Maria brilla l’agire di Dio in favore dei “piccoli” e dei “poveri” a scapito dei “ricchi” e dei “potenti” e la sua fedeltà a Israele a motivo del suo legame con Abramo.

Com’è noto, il mistero che oggi celebriamo è stato proclamato dogma di fede dal Papa Pio XII nel 1950, come sigillo e conferma di quanto la Chiesa aveva da sempre e ovunque creduto. A tale riguardo nella costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II, i Padri, dopo aver tratteggiato il posto della Vergine Santa nel più ampio mistero della Chiesa, così si esprimono: «L’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria con il suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte».

La preghiera liturgica ambrosiana ama sottolineare lo stretto legame esistente tra l’assunzione e la divina maternità di Maria dichiarando con decisione che Dio non ha voluto «che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita» (Prefazio della Messa nel giorno).

Dal canto suo il Prefazio della Messa della vigilia afferma che l’assunzione della Madre è una singolare partecipazione alla risurrezione di Cristo: «Sola, dopo il suo Figlio a non rimanere legata ai lacci della morte, fu assunta al cielo e oggi è coronata di gloria regale», partecipazione annunziata, per tutti i credenti, nell’Epistola paolina delle due Messe. La Vergine assunta in cielo, riconosciuta come «primizia e immagine della Chiesa» (Prefazio della Messa nel giorno), ci fa intravedere cosa avverrà anche per noi nel compiersi del mistero di salvezza che per Maria è fissato nell’ora in cui «per la nostra condizione mortale ha dovuto abbandonare questa vita» (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola, Messa della vigilia) e che l’Apostolo fissa per noi nell’ora in cui il nostro «corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità» (Epistola: 1Corinzi 15,54, Messa della vigilia). Nella Vergine Madre assunta in cielo Dio, perciò, fa risplendere per il suo popolo «pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza» ( Prefazio della Messa nel giorno).

La solennità odierna, pertanto, ci chiede di rinvigorire la nostra fede nelle grandi cose che Dio compie per tutti coloro che piccoli e poveri di orgoglio e umana presunzione si affidano alla sua potenza che ci destina a partecipare al mistero di salvezza fino a giungere «nella luce e nella pace» della sua casa nell’integrità della nostra persona (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica della Messa della vigilia).

Cose, queste, che la mente umana non può nemmeno immaginare e tanto meno, perciò, credere. Occorre imparare da Maria l’ascolto umile della Parola che si fa subito docile obbedienza nella quale consiste quella beatitudine (cfr. Vangelo: Luca 11,28. Messa della vigilia), che anticipa e assicura qui in terra quella definitiva del Cielo. Di quella beatitudine riceviamo la “caparra” quando ci accostiamo alla mensa del Corpo del Signore che comincia a rivestire di incorruttibilità e di immortalità, il nostro corpo corruttibile e mortale (cfr. Epistola: 1Corinzi 15,54. Messa della vigilia).

In questo giorno davvero straordinario affidiamo le nostre attese e la nostra speranza a Maria rivolgendo a lei la nostra comune preghiera: «Madre di Dio, noi ti glorifichiamo perché da te nacque Cristo Signore, che salva tutti quelli che ti onorano. Santa Madre di Dio, rendici a te somiglianti nella vita di grazia» (Canto Alla Comunione, Messa della vigilia).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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