10 aprile 2011 – V domenica di Quaresima


1. La domenica “di Lazzaro”
   

E' così chiamata perché viene in essa proclamato il Vangelo della risurrezione di Lazzaro come momento culminante del graduale cammino di fede che la Quaresima ci fa intraprendere ogni anno verso la Pasqua. Il Lezionario presenta: Lettura: Esodo 14,15-31; Salmo 105; Epistola: Efesini 2,4-10; Vangelo: Giovanni 11,1-53. Alla Messa vespertina del sabato viene proclamato: Matteo 12,38-40 quale  Lettura vigiliare.    


2. Vangelo secondo Giovanni 11,1-53    

In quel tempo. 1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».    
4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».  11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».    
17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me,  non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».    
28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31I Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.   
32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». 38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra.    
39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore; è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra: Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare».    
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero  in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.    
47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da sé stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.    


3. Commento liturgico-pastorale
   

Per poter più agilmente affrontare la lettura del brano proponiamo la seguente suddivisione:

- i vv. 1-6 sono destinati a presentare la situazione e i personaggi del racconto. In primo piano ci sono ovviamente le parole con cui Gesù parla della “malattia” di Lazzaro come l’occasione perché sia manifestata la “gloria” di Dio, ovvero il suo disegno di salvezza che è destinato a rivelarsi in pienezza nella “glorificazione” di Gesù, il Figlio di Dio. “Glorificazione” che si realizzerà nell’ora della sua croce.

- I vv. 7-16 riportano le parole con cui Gesù spiega ai suoi discepoli, refrattari ad andare con lui in Giudea dove aveva già rischiato di essere ucciso (cfr. Gv 8,59; 10,31), il senso di ciò che si appresta a fare andando da Lazzaro oramai morto (v. 15). Il “risveglio” di Lazzaro, infatti, manifesterà il disegno di Dio che si compirà anche nel suo Figlio crocifisso, e inviterà ancora una volta i discepoli a “credere” in lui e a “seguirlo”.

- Segue ai vv. 20-27 e ai vv. 29-32 l’incontro di Gesù con Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro. In particolare a Marta, che professa la fede nella risurrezione “nell’ultimo giorno” ma soprattutto la fede in Gesù capace, con la sua presenza, di liberare dalla morte, Gesù risponde con la solenne autorivelazione: «Io sono la risurrezione e la vita» (v. 25). Essa riguarda la potenza personale di Gesù di riportare in vita i morti e soprattutto di non far cadere nella morte “eterna” ossia nella dannazione coloro che credono in lui!

La risposta di Marta è una piena professione di fede nel Signore come il Messia, il Figlio di Dio che viene in questo mondo per portare in esso il regno di Dio. è la fede richiesta a tutti coloro che intendono seguire Gesù, diventare suoi discepoli e per mezzo del Battesimo diventare membri della sua comunità. è la fede  che il tempo quaresimale intende far recuperare e brillare in tutta la sua integrità nella Chiesa e in ogni singolo fedele.

Nell’incontro di Gesù con Maria invece questa sembra come sopraffatta dalla tremenda realtà della morte che induce in Gesù stesso una triplice reazione così annotata: v. 33 si “commosse profondamente“; ne fu “molto turbato”; v. 35 “scoppiò in pianto”. La “commozione” e il “turbamento” in Gesù dicono quanto egli avvertisse attorno a sé la terribile presenza della morte alla quale egli stesso dovrà presto andare incontro.

Le lacrime del Signore sono le lacrime di Dio stesso davanti al potere devastante che la morte esercita sull’uomo uscito dalle sue mani, ma sono anche le lacrime di chi, come Gesù, “deve” lasciarsi avviluppare da quel potere perché si compia il disegno del Padre, quello che ora brilla nel miracolo del “risveglio” di Lazzaro che, addirittura, è morto già da quattro giorni ed è già in decomposizione (v. 39).  Il gesto di “alzare gli occhi” (v. 41) verso l’alto mette in luce la continua comunione di vita e di amore con il Padre che sempre ascolta ed esaudisce il Figlio.

- La narrazione del miracolo vero e proprio e destinato a suscitare la fede in lui occupa soltanto due versetti: 43 e 44. Gesù grida a gran voce il nome del morto al quale ingiunge di lasciare il sepolcro e di uscire incontro a lui; e ai presenti ordina di liberarlo dalle bende, nelle quali va forse vista un’allusione alla morte che Lazzaro dovrà nuovamente affrontare. Gesù invece lascerà il sepolcro sciolto dalle bende in cui era stato avvolto per indicare la definitività della sua risurrezione e della vita cosa  che riguarderà anche tutti coloro che perseverano e credono in lui.

- Il brano si conclude con la reazione dei testimoni dell’accaduto (vv. 45-53). Una reazione duplice: alcuni «alla vista di ciò che egli aveva compiuto» credettero. Altri invece informarono dell’accaduto «i capi dei sacerdoti e i farisei» i quali in una apposita riunione ne decretano la morte (v. 53).

Di tale riunione interessano particolarmente le parole di Caifa (v. 50) e il commento che di esse ne fa l’evangelista (51-52). Egli riconosce come “ispirate” le parole dette dal sommo sacerdote e che rivelano la destinazione della morte di Gesù in vista della “salvezza” della nazione giudaica e, a partire da essa, destinata a radunare «insieme i figli di Dio che erano dispersi», realizzando così la missione “pastorale” che Gesù è venuto a compiere sulla terra: chiamare e radunare nella comunione con lui e con il Padre tutti i popoli della terra insieme con il popolo d’Israele.

Collocato nel contesto del graduale cammino quaresimale verso la Pasqua, il brano evangelico va letto anzitutto come un appello potente a credere nel Signore Gesù, il quale è venuto in questo mondo rivestito della stessa potenza salvifica dispiegata a suo tempo da Dio stesso a favore del suo popolo. Quella “gloria” che Dio dimostra contro il Faraone d’Egitto deciso a sterminare il suo popolo (Lettura: Esodo 14,17-18) e che si concretizzò nell’inaudito prodigio della divisione delle acque del Mar Rosso, è la “gloria” che Dio manifesta nel suo Figlio che viene posto davanti al potere non di un tiranno, ma a quello invincibile della “morte”.

Il “risveglio” di Lazzaro dalla morte manifesta che «la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l'Egitto»  (Es 14,31a) continua a operare nel suo Figlio Gesù. Davanti al prodigio del Mar Rosso «il popolo temette il Signore e credette in lui» (Es 14,31b). Davanti alla risurrezione di Lazzaro “alcuni” credettero in Gesù e tra questi vanno annoverate le due sorelle, i discepoli e alcuni  giudei presenti al miracolo.

La fede in Cristo che richiama alla vita i morti e che è soprattutto in grado di liberare dalla “morte eterna” è ciò che viene chiesto a tutti noi che ci diciamo di Cristo! La “morte eterna” è la nostra terribile nemica ed è indotta in noi a causa del peccato, come ci avverte l’Apostolo nell’Epistola (Efesini 2,1).

Il fremito interiore, il turbamento e le lacrime del Signore sono certamente dovute alla morte corporale di Lazzaro, alla quale Gesù stesso sta per andare incontro. Ma esse sono dovute all’annuncio tremendo che questa morte rappresenta: quello della morte eterna o dannazione, dalla quale solo la mano potente di Dio ci può preservare e, di fatto, ci ha preservato nel suo Figlio: «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo» (Efesini 2,4-5).

La preghiera liturgica evidenzia come tutto ciò si sia già attuato in noi a livello sacramentale nell’acqua del Battesimo dove: «la grazia divina del Cristo libera noi tutti sepolti nella colpa del primo uomo, e ci rende alla vita e alla gioia senza fine» (Prefazio I). Il sacramento eucaristico poi «che ci è dato per liberarci dalla schiavitù della colpa» nella quale purtroppo cadiamo a motivo dell’umana fragilità: «purifichi i nostri cuori e, a immagine della risurrezione, ci riscatti da ogni antica decadenza» (Orazione dopo la Comunione).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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