11 luglio 2010 - VII domenica dopo Pentecoste

11 Luglio 2010  - VII domenica dopo Pentecoste – Anno C
 
1. La settima domenica “dopo Pentecoste”
 
È contrassegnata da Giosuè, successore di Mosè, che nella sua veste di guida intende portare il suo popolo a “servire il Signore”, a vivere cioè nella fedeltà a lui e alla sua Parola. In questo Giosiè è figura profetica del Signore Gesù, la “guida” data da Dio per l’intera umanità. Egli sollecita ogni uomo a decidersi in ordine alla sua persona e al suo Vangelo di salvezza. Il Lezionario prevede i seguenti brani scritturistici: Lettura: Giosuè 24,1-2a.15b-27; Salmo 104; Epistola: 1Tessalonicesi 1,2-10; Vangelo: Giovanni 6,59-69. Alla Messa vespertina del sabato viene proclamato: Giovanni 20,11-18 quale Vangelo della Risurrezione. I canti e le orazioni della Messa sono quelli della XV domenica del Tempo “per annum” nel Messale ambrosiano.  

 2. Vangelo secondo Giovanni 6,59-69
 
In quel tempo. Il Signore 59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».    
66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio».    

3. Commento liturgico-pastorale
 
Il brano riporta la parte conclusiva del discorso “del pane della vita” che occupa l’intero sesto capitolo del Vangelo secondo Giovanni. In particolare i vv 59-65, frammentati da alcune osservazioni dell’Evangelista, riportano le parole di Gesù mentre i vv 67-69 riferiscono la decisione di Pietro e dei dodici di continuare a seguirlo.    
Ambientato nella sinagoga di Cafarnao l’impegnativo discorso di autorivelazione di Gesù quale “pane disceso dal cielo” (v 58) trova resistenza, in qualche modo inaspettata, nella stessa cerchia dei suoi “discepoli” (v 60). A costoro Gesù ribatte affermando l’incapacità della “carne”, vale a dire dell’uomo nella sua dimensione puramente terrena, di accogliere le sue parole relative, s’intende, al dono della “sua carne per la vita del mondo” e che “sono spirito e sono vita” (v 63). È necessario, perciò, che il Padre, con il suo dono di grazia, apra i cuori all’intelligenza della fede (v 65).   
I vv 66-69, infine, riportano la constatazione che, “da quel momento, molti dei suoi discepoli” si allontanano definitivamente da Gesù (v 66) dicendo così il loro rifiuto a credere in lui come il portatore della “vita eterna” nel mondo. L’attenzione ora si sposta sulla cerchia dei Dodici, i più intimi e vicini a Gesù. Egli, infatti, è ben consapevole che l’incredulità e, perfino il tradimento, può attecchire anche nei cuori dei suoi apostoli!  
Per questo alla domanda di Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi» (v 67) risponde, a nome di tutti, Pietro professando la fede in lui: «tu solo hai parole di vita eterna» (vv 67-68) e la conseguente scelta di continuare a seguirlo e a stare con lui.    
Nel ripercorrere la storia della salvezza culminata nella Pasqua del Signore e nell’effusione del suo Spirito, siamo inevitabilmente portati a verificare, come Chiesa e come singoli, la nostra “scelta” in ordine alla fede, vale a dire, all’adesione al Signore
Gesù e a quanto lui ha compiuto per la nostra salvezza. Il testo evangelico ci pone, al pari dei discepoli che attorniavano Gesù nella sinagoga di Cafarnao, di fronte alla scelta o al rifiuto di lui che ha la “pretesa” di essere il Salvatore unico del mondo anzi di essere l’unico a poter donare il cibo di “vita eterna” che è la sua stessa “carne”.     Gesù, il Rivelatore unico del Padre, nutre anzitutto con il cibo della sua Parola, resa viva nello Spirito, come a dire che egli non è soltanto l’inviato di Dio, ma lui stesso è la vita che Dio, il Padre, dona al mondo. Siamo così messi di fronte all’alternativa: credere in Gesù e, ricevere con la sua Parola il dono della “vita eterna”, oppure rimanere nell’inconsistenza della “carne”, della nostra umana presunzione.    
La Lettura, al riguardo, ci presenta la scelta a cui Giosuè sottopose il popolo d’Israele in un momento cruciale della sua storia: «Scegliete oggi chi servire: se gli dei che i vostri padri hanno servito», o “il Signore” (Giosuè 24,15). Il testo biblico ci informa che tutto il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce» (v 24).    
È la risposta che in ogni momento tutti noi siamo chiamati a dare a Gesù, scegliendo di seguire lui, il suo Vangelo e, di conseguenza, rifiutando ogni altra sequela, ogni altro “vangelo”. Una simile risposta va evidentemente data con libera decisione ma non senza l’impulso divino, quello che ha spinto Pietro, portavoce della Chiesa, a dichiarare con generoso moto del cuore: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Giovanni 6,68).    
La stessa dinamica viene registrata nella prima comunità cristiana di Tessalonica. L’Apostolo loda la prontezza dei discepoli di quella città nel “convertirsi dagli idoli” a Dio, per servire il “Dio vivo e vero” (Epistola: 1Tessalonicesi 1,9). Questa prontezza però è propiziata dal fatto che essi sono stati “amati da Dio e scelti da lui” (v 4). In tal modo la predicazione evangelica di Paolo è stata pienamente accolta «in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo» (v 6).    
Questa scelta è a noi posta ogni domenica, nella celebrazione eucaristica, nella quale il Signore che ha parole di vita eterna, nutre questa “vita” da noi accolta nella fede, con il suo stesso Corpo e il suo Sangue. Nessuno si “scandalizzi” di fronte a ciò, nessuno abbandoni il Signore, ma supplichiamo il Padre, perché con la grazia dello Spirito ci attiri irresistibilmente verso il suo Figlio Gesù “il santo di Dio”, l’unico a possedere e a donare al mondo “parole di vita eterna”.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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