11 novembre 2012

11 novembre 2012 – Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

 

È la domenica conclusiva dell’anno liturgico della nostra Chiesa Ambrosiana che, con i Vespri di sabato prossimo, darà inizio, con la prima domenica di Avvento, al nuovo anno liturgico.

 

Il Lezionario

 

Prevede la proclamazione dei seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 49,1-7; Salmo 21 (22); Epistola: Filippesi 2,5-11; Vangelo: Luca 23,36-43.

Luca 24,1-8 viene letto, quale Vangelo della Risurrezione, alla Messa vigiliare del sabato. (Le orazioni e i canti della Messa sono propri della Solennità del Messale Ambrosiano). Con questa domenica si conclude l’utilizzo del Libro III del Lezionario Ambrosiano intitolato “Mistero della Pentecoste”.

 

Lettura del profeta Isaia (49,1-7)

 

1Ascoltatemi, o isole, / udite attentamente, nazioni lontane; / il Signore dal seno materno mi ha chiamato, / fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. / 2Ha reso la mia bocca come spada affilata, / mi ha nascosto all’ombra della sua mano, / mi ha reso freccia appuntita, / mi ha riposto nella sua faretra. / 3Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, / sul quale manifesterò la mia gloria». / 4Io ho risposto: «Invano ho faticato, / per nulla e invano ho consumato le mie forze. / Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, / la mia ricompensa presso il mio Dio». / 5Ora ha parlato il Signore, / che mi ha plasmato suo servo dal seno materno / per ricondurre a lui Giacobbe / e a lui riunire Israele / – poiché ero stato onorato dal Signore / e Dio era stato la mia forza – / 6e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo / per restaurare le tribù di Giacobbe / e ricondurre i superstiti d’Israele. / Io ti renderò luce delle nazioni, / perché porti la mia salvezza / fino all’estremità della terra». / 7Così dice il Signore, / il redentore d’Israele, il suo Santo, / a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, / schiavo dei potenti: / «I re vedranno e si alzeranno in piedi, / i prìncipi si prostreranno, / a causa del Signore che è fedele, / del Santo d’Israele che ti ha scelto».

Il brano riporta il secondo canto del Servo di Dio nel quale il lettore cristiano riconosce il Signore Gesù. I vv. 1-4, riportano il racconto che il Servo fa della sua vocazione e il suo lamento per il fallimento della missione ricevuta. Questa è rilanciata dal Signore con l’invio del Servo non più al solo Israele, ma a tutti i popoli fino «all’estremità della terra» (vv. 5-6). Una missione, questa, che il Servo porterà a compimento passando per il disprezzo e il rifiuto delle nazioni (v. 7), ossia attraverso le sofferenze che ricadranno su di lui e che, nell’interpretazione cristiana, alludono alla passione del Signore Gesù.

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (2,5-11)

 

Fratelli, / 5abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: / 6egli, pur essendo nella condizione di Dio, / non ritenne un privilegio / l’essere come Dio, / 7ma svuotò se stesso / assumendo una condizione di servo, / diventando simile agli uomini. / Dall’aspetto riconosciuto come uomo, / 8umiliò se stesso / facendosi obbediente fino alla morte / e a una morte di croce. / 9Per questo Dio lo esaltò / e gli donò il nome / che è al di sopra di ogni nome, / 10perché nel nome di Gesù / ogni ginocchio si pieghi / nei cieli, sulla terra e sotto terra, / 11e ogni lingua proclami: / «Gesù Cristo è Signore!», / a gloria di Dio Padre.

 

Il brano si apre al v. 5 con l’esortazione dell’Apostolo a prendere Gesù come modello di vita. Ad esso fa seguito il celebre inno cristologico, che si presenta diviso in due parti: vv. 6-8 e vv. 9-11. Nella prima parte viene posta in luce l’auto-umiliazione e l’auto-abbassamento del Signore a partire dall’assunzione della natura umana nel mistero dell’incarnazione (vv. 6-7) fino allo svuotamento totale della sua «condizione di Dio» rappresentato dalla morte infamante «di croce». Tutto ciò in obbedienza filiale ai disegni del Padre (v. 8). Nella seconda parte (vv. 9-11) viene cantata la risposta del Padre all’obbedienza del Figlio. Si tratta della risurrezione da morte coronata con l’esaltazione o ascensione nei cieli del Crocifisso-Risorto, al quale Dio ha conferito il potere e il nome divino reso con il termine Kyrios = Dio! (vv. 9-10). Dicendo perciò «Gesù Cristo è Signore!» viene proclamata la divinità del Figlio di Dio, disceso dal cielo, morto e risorto ed esaltato al di sopra di ogni realtà e potenza.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (23,36-43)

 

In quel tempo. 36Anche i soldati deridevano il Signore Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

Il testo fa parte del racconto della Crocifissione e della morte del Signore del quale coglie il gesto di derisione compiuto dai soldati che presidiano il luogo dell’esecuzione di Gesù a motivo della sua presunta regalità sul popolo dei Giudei (vv. 36-38) e le parole di uno dei malfattori che inveisce, invece, contro la sua pretesa messianica che si rivela incapace di liberarlo dalla croce (v. 39). A lui risponde l’altro malfattore che riconosce l’innocenza di Gesù (vv. 40-41) e che compie la sua professione di fede in Lui consegnandogli la supplica di essere ammesso nel suo regno confessando, in tal modo, la messianicità regale del Signore (v. 42). Il v. 43 riporta le parole con le quali il Signore esaudisce la supplica del malfattore aldilà di ogni attesa: egli condividerà in tutto la sua sorte entrando con lui nella dimora dei giusti e dei santi, nel paradiso.

 

Commento liturgico-pastorale

 

In questa, che è l’ultima domenica del corrente anno liturgico, le divine Scritture ci propongono, nella considerazione del Signore Gesù quale Re dell’universo, una visione sintetica dell’intera storia della salvezza, che è tutta protesa verso l’ora suprema della Pasqua di morte e di risurrezione del Figlio amato di Dio fatto uomo.

Una storia che ripercorriamo ogni anno nei diversi tempi liturgici i quali, però, non fanno altro che presentarci il mistero del Figlio che, pur essendo nella condizione divina, si svuota di essa per assumere la nostra condizione umana che è quella della precarietà, della fragilità, della mortalità (cfr. Epistola: Filippesi 2,6-7).

In tal modo il mistero dell’Incarnazione del Signore e della sua Natività a cui ci dispone nel suo inizio il nuovo anno liturgico, è già, a tutti gli effetti, il dispiegamento del mistero pasquale. L’Incarnazione e la Natività del Signore «secondo la carne», ovvero nella nostra condizione umana, rappresenta effettivamente quell’abbassamento, quell’autospogliazione e umiliazione del Figlio di Dio che ha il suo punto estremo nella sua morte, e morte di croce, la più infamante e obbrobriosa.

Essa è accettata dal Figlio unigenito in totale obbedienza ai disegni per noi inimmaginabili e incomprensibili di Dio che, inspiegabilmente, intende fare del Crocifisso la “luce” non solo per Israele, ma di tutte le “nazioni”, ossia il portatore della salvezza divina «fino all’estremità della terra» (Lettura: Isaia 49,6).

Nell’ora della Croce, perciò, il Figlio obbediente è presentato al mondo nella sua regalità universale. Lui, infatti, ha nelle sue mani lo stesso potere salvifico di Dio che ha a cuore i destini del suo popolo, di tutte le genti e che Gesù comincia a esercitare sovranamente con le solenni parole rivolte al malfattore crocifisso accanto a lui e che gli si rivolge con umana partecipazione e con fede (Luca 23,42): «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (v. 43).

Ed è proprio la Croce, accolta con obbedienza filiale, a spingere il Padre a esaltare il Figlio “donandogli” il suo stesso nome divino: Gesù è il Signore: il Kyrios! Nome che esprime l’onnipotenza salvifica davanti alla quale nulla e nessuno può ergersi «nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Filippesi 2,10).

La comunità ecclesiale, che ascolta e aderisce con fede alla Parola, viene sospinta dallo Spirito a consegnarsi totalmente al potere regale di Cristo Crocifisso e impara a diffidare e a guardarsi da ogni altro potere mondano. Questo, com’è noto, viene esercitato con il dominio, l’ingiustizia e la sopraffazione specialmente degli umili e dei poveri. Cristo Signore, invece, esercita il suo potere regale stando in continuità nella condizione di “servo” di Dio sofferente (cfr. Isaia 49, 7), di Figlio obbediente e disponibile al volere salvifico del Padre che vuole, con Giacobbe e Israele (cfr. Isaia 49, 5), ricondurre al suo cuore di Padre e riunire «tutte le nazioni» nella sua casa, nel suo popolo, nel suo Regno.

Una volontà che si fa evidente nel malfattore crocifisso che fa il suo ingresso con Gesù nel paradiso, che consiste nella perfetta comunione d’amore filiale con il Padre.

In questo mondo che, dal suo inizio fino alla sua fine, è attratto ed è alla ricerca spasmodica del potere e di un “trono”, la Chiesa dall’inizio alla fine del tempo, dall’Avvento, a questa grande domenica non può che ripetere: «Dal legno della Croce regna il Signore» (Ritornello al Salmo 21).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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