12 agosto 2012 – XI domenica dopo Pentecoste


Presenta la figura di Elia, il più grande dei profeti, che ricapitola in sé la lunga serie di “servi” inviati da Dio al suo popolo Israele. In lui viene annunciata e preparata la venuta nel mondo non più di un profeta, ma del Figlio stesso di Dio, il Signore Gesù.


Il Lezionario

Fa proclamare i seguenti passi biblici: Lettura: 1Re 18,16b-40a; Salmo 15 (16); Epistola: Romani 11,1-15; Vangelo: Matteo 21,33-46. Nella Messa vespertina del sabato il Vangelo della Risurrezione è preso da Giovanni 20,24-29. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della XIX domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano).


Lettura del primo libro dei Re (18,16b-40a)

In quei giorni. 16Acab si diresse verso Elia. 17Appena lo vide, Acab disse a Elia: «Sei tu colui che manda in rovina Israele?». 18Egli rispose: «Non io mando in rovina Israele, ma piuttosto tu e la tua casa, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito i Baal. 19Perciò fa’ radunare tutto Israele presso di me sul monte Carmelo, insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele». 20Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. 21Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. 22Elia disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. 23Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. 24Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!». 25Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». 26Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. 27Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». 28Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. 29Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione. 30Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. 31Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». 32Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. 33Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. 34Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. 35L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. 36Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. 37Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!». 38Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. 39A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». 40Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!».

Il brano riferisce della sfida posta dal profeta Elia ai profeti di Baal protetti dalla regina Gezabele, moglie di Acab, re d’Israele distintosi nell’opera di demolizione presso il suo popolo della fedeltà all’alleanza con Dio. I vv. 16-19 ambientano la scena successiva con l’incontro tra il profeta e il re Acab che lo accusa di «mandare in rovina Israele». I vv. 20-24 descrivono i preparativi della sfida lanciata da Elia ai quattrocentocinquanta profeti di Baal per indurre tutto il popolo, radunato sul monte Carmelo, a scegliere se «seguire Dio o Baal». I vv. 25-29 vedono protagonisti i profeti di Baal che «dal mattino fino a mezzogiorno» invocano invano la loro inconsistente divinità a dimostrare la sua potenza «rispondendo con il fuoco» capace di incenerire il giovenco offerto in sacrificio. Il profeta Elia prepara a sua volta l’animale per il sacrificio facendo versare ripetutamente acqua su di esso e sulla legna sulla quale era posto (vv. 30-35) ed eleva a Dio, «Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele», la sua preghiera (vv. 36-37) prontamente esaudita al punto che il fuoco del Signore consumò, con l’olocausto, persino le pietre dell’altare (v. 38). Il v. 39 registra infine la confessione di fede di tutto il popolo nei confronti di Dio.


Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (11,1-15)

Fratelli, 1io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. 2«Dio non ha ripudiato il suo popolo», che egli ha scelto fin da principio. Non sapete ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele? 3Signore, «hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita». 4Che cosa gli risponde però la voce divina? «Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». 5Così anche nel tempo presente vi è un resto, secondo una scelta fatta per grazia. 6E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. 7Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti. Gli altri invece sono stati resi ostinati, 8come sta scritto: / «Dio ha dato loro uno spirito di torpore, / occhi per non vedere / e orecchi per non sentire, / fino al giorno d’oggi». / 9E Davide dice: / «Diventi la loro mensa un laccio, un tranello, / un inciampo e un giusto castigo! / 10Siano accecati i loro occhi in modo che non vedano / e fa’ loro curvare la schiena per sempre!» 11Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia. 12Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità! 13A voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, 14nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?

L’Apostolo riflette sulla fedeltà di Dio al suo popolo Israele. Una fedeltà che non viene meno nonostante il rifiuto di Israele, eccetto “un resto”, di accogliere in Cristo la sua grazia (vv. 1-6). Con il ricorso a diverse citazioni bibliche, Paolo descrive la condizione di incredulità del popolo ad eccezione di alcuni eletti che testimoniano, di conseguenza, che Dio non ha ripudiato il suo popolo (vv. 7-10), anzi annunzia che la caduta di Israele non è per sempre e diviene causa del fatto che la «salvezza è giunta alle genti», ossia ai pagani (v. 11-15).


Lettura del Vangelo secondo Matteo (21,33-46)

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: / “La pietra che i costruttori hanno scartato / è diventata la pietra d’angolo; / questo è stato fatto dal Signore / ed è una meraviglia ai nostri occhi”? 43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. 44Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». 45Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. 46Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Si tratta della parabola chiamata “dei vignaioli ribelli e omicidi”, pronunziata da Gesù nell’area del Tempio di Gerusalemme con spiccato accento polemico contro le autorità giudaiche a lui ostili e che lo condurranno alla morte. La parabola è introdotta da un invito iniziale di Gesù ad ascoltare, che funge da raccordo con la parabola precedente dei due figli invitati dal padre a lavorare nella vigna (21,28-32). Si presenta divisa in due parti: i vv. 33b-39 sviluppano il racconto della violenta reazione dei vignaioli ai tre tentativi del padrone di inviare a essi suoi rappresentanti; vv. 40-44 presentano, mediante il dialogo tra Gesù e gli uditori, l’applicazione della parabola.

I vv. finali: 45-46 riferiscono della reazione ancora una volta ostile dei capi dei sacerdoti e dei farisei. In particolare nella prima parte risulta in primo piano la vigna oggetto della cura del padrone, nel quale si può pensare di vedere la premura di Dio per il suo popolo (vigna), dal quale si attende dei frutti come l’obbedienza e la fedeltà al suo volere (vv. 33-34). Per ottenerli vengono inviati dal padrone i suoi servi, ossia i profeti. Il v. 35 parla della reazione dei contadini che via via bastonano, uccidono e lapidano gli inviati del padrone. Segue un nuovo invio di servi con eguale esito (v. 36) e, come ultimo, l’invio del proprio figlio, vale a dire di Gesù, contro il quale si scatena la trama omicida dei contadini nei quali sono raffigurati i capi del popolo (vv. 37-39).

Nella seconda parte (vv. 40-42), costruita come un dialogo di Gesù con gli ascoltatori, viene annunciato il passaggio del regno di Dio «a un popolo che ne produca i frutti» (v. 43). Si tratta di un popolo composto da quanti, ebrei o pagani, si convertono al Vangelo e riconoscono Gesù come «la pietra d’angolo» (v. 42) su cui si edifica il popolo di Dio.


Commento liturgico-pastorale

In questa domenica viene presentato il profeta Elia, il più grande tra i profeti inviati da Dio al suo popolo, specialmente nell’epoca triste della divisione in due regni e di cui riferiscono il primo e il secondo libro dei Re fino alla tragedia immane della distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C. e poi nella stagione dell’esilio a Babilonia e del successivo ritorno nella terra dei Padri. Elia, rapito al termine della sua vita su un carro di fuoco, nel comune sentire della gente al tempo di Gesù sarebbe ritornato all’epoca dell’arrivo del Messia tanto atteso.

Nella Lettura egli appare come l’implacabile avversario di quanti, come il re Acab e la sua perfida moglie Gezabele, ingannano il popolo irretendolo nella perversione dell’idolatria. In pari tempo, Elia non risparmierà le sue forze al fine di riportare a Dio il suo popolo sempre tentato di «saltare da una parte all’altra», ovvero tra la fedeltà al Signore e la degenerazione idolatrica (Lettura: 1Re 18, 21). Egli sa che proprio la caduta nell’idolatria dei popoli vicini, e l’abbandono dei comandi del Signore è ciò che manda in rovina Israele, cosa puntualmente verificatasi prima nell’annientamento del regno del Nord (2 Re 17) e poi in quello già citato di Giuda e Gerusalemme.

Per questo non esita, con la sfida lanciata ai falsi profeti di Baal (vv. 23-24), all’estremo tentativo di condurre il popolo a riconoscere, davanti al prodigio del fuoco del Signore, capace di consumare letteralmente «l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere» (v. 38), che «il Signore è Dio! Il Signore è Dio» (v. 39). Nella sua vita e nella sua attività Elia preannunzia l’arrivo nella «vigna di Dio che è la casa di Israele» e, a partire da essa, nell’intera umanità, non più e non soltanto di un “servo” di Dio quali sono stati i profeti e, in misura eminente, lui stesso, ma «il suo proprio figlio» (Vangelo: Matteo 21,37).

La venuta di Gesù nel mondo, che è la “vigna” amata da Dio e nella quale è posto il germoglio autentico del Regno, è il segno più grande del suo amore per l’umanità e della sua volontà di salvarla dalla rovina a cui va inevitabilmente incontro a motivo dell’incredulità che è idolatria! Al pari dei “servi”, al pari di Elia, anche il “figlio” andrà incontro alla durezza dei cuori, all’incapacità di vederlo e di ascoltarlo come portatore della salvezza, indistintamente offerta a ogni uomo. Anzi è lui, in verità, il figlio «cacciato fuori dalla vigna e ucciso» (v. 39).

Eppure il rifiuto violento opposto a Gesù specialmente da parte dei “contadini”, ovvero dei capi del popolo, non impedisce alla grazia di Dio di eleggere e chiamare alla salvezza “un resto” (Epistola: Romani 11,5) tra questo popolo, come primizia di un popolo preso tra tutti i popoli della terra che è costruito sul Signore Gesù quale pietra d’angolo (Matteo 21,42; cfr. Salmo 118,22). Noi che abbiamo avuto la grazia di essere chiamati, per la fede e il battesimo, a far parte di questo popolo fondato sul Signore Gesù e al quale è stato affidato la cura e l’espansione del Regno di Dio nel mondo, facciamo bene attenzione.

L’essere stati chiamati alla salvezza in Cristo Signore è un dono del tutto gratuito di Dio, il quale si attende di «raccogliere i frutti» (Matteo 21,34), che consistono anzitutto in un’adesione ferma e non “saltellante” (cfr. 1Re 18,21) a lui e alla sua Parola e in un’osservanza amorevole di essa. È ciò che chiediamo all’unisono nell’orazione Dopo la Comunione: «O Dio, che ci hai reso partecipi dell’unico Pane e dell’unico Calice, fa’ che portiamo frutti di vita eterna per la salvezza del mondo, poi che ci concedi la gioia di essere una sola cosa in Cristo Signore».

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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