12 maggio 2013 – Domenica dopo l’Ascensione


È la VII Domenica di Pasqua, incaricata di porre in evidenza che, con l’Ascensione, cessa la presenza fisica del Signore nella sua Chiesa. Presenza che, pertanto, andrà cercata e contemplata nei divini misteri.

 

Il Lezionario

 

Presenta i seguenti brani biblici: Lettura: Atti 7,48-57; Salmo 26 (27); Epistola: Efesini 1,17-23; Vangelo: Giovanni 17,1b.20-26. Il Vangelo della Risurrezione da leggere nella Messa vigiliare è preso da Giovanni 20,1-8. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli del giovedì della VI settimana di Pasqua nel Messale ambrosiano).

 

Lettura degli Atti degli Apostoli (7,48-57)

 

In quei giorni. Stefano disse: «48L’Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il profeta: / 49 “Il cielo è il mio trono / e la terra sgabello dei miei piedi. /
Quale casa potrete costruirmi, dice il Signore, / o quale sarà il luogo del mio riposo?/
50Non è forse la mia mano che ha creato tutte queste cose?”.

51 Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. 52 Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, 53voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata».

54 All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.
55Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio 56e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio.»57Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui.»

 

Il brano riporta i versetti conclusivi del discorso di Stefano davanti al Sinedrio (vv. 48-53), concernenti la presenza di Dio tra il suo popolo che egli, mediante il ricorso a Isaia 66,1-2a, cerca di svincolare da una concezione materiale e localistica a favore di una concezione spirituale e universale (vv. 49-50). Segue un’invettiva contro la durezza di cuore e la persecuzione scatenata contro i profeti annunziatori del “giusto”, ovvero  di Gesù, anch’egli perseguitato e ucciso (vv. 51-53). Il v. 54 annota la reazione furibonda dei presenti contro Stefano già in contemplazione delle realtà celesti e, in particolare della gloria di Gesù «che sta alla destra di Dio» (vv. 55-56). Il v. 57 , infine, introduce il racconto del martirio di Stefano (vv. 58-60).

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (1,17-23)

 

Fratelli, 17il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; 18illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi 19e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.20Egli la manifestò in Cristo, /   quando lo risuscitò dai morti /  e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, / 21al di sopra di ogni Principato e Potenza, / al di sopra di ogni Forza e Dominazione / e di ogni nome che viene nominato / non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. / 22«Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi» / e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: / 23essa è il corpo di lui, / la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

 

Il brano riporta alcuni passi della preghiera di ringraziamento e di lode per la comunità di Efeso. In essa, l’Apostolo, chiede a Dio per i fedeli «una profonda conoscenza» di ciò che egli ha operato in Cristo in loro favore, dispiegando la sua potenza salvifica (vv. 17-19). Potenza riscontrabile  nella risurrezione e nella esaltazione di Cristo alla destra di Dio, costituito Signore su ogni realtà creata, comprese quelle celesti (vv. 20-21). Nei vv. 22-23, infine, l’Apostolo precisa che il Signore Risorto è il «capo della Chiesa» la quale, pertanto, è il «corpo di lui».

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (17,1b.20-26)

 

In quel tempo. Il Signore Gesù, 1balzati gli occhi al cielo, disse: «20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

22E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.

24Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.

25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

 

Il brano evangelico riporta il versetto iniziale (1b) e la parte finale (20-26) di quello che viene identificato come l’ultimo dialogo tra Gesù, il Figlio, e il Padre. Qui il Signore Gesù chiede al Padre di custodire «in unità» quanti, a seguito della predicazione del Vangelo, crederanno in lui (vv. 20-23). Costoro devono formare «una sola cosa» esattamente come lui, il Figlio, e il Padre, sono «una sola cosa» (vv. 21; 22; 23). Il permanere dei discepoli nell’unità che, procedendo da quella tra le Persone Divine non è una semplice unione morale, è decisiva nella propagazione al mondo della fede in Gesù come l’Inviato di Dio per estendere ai credenti l’amore stesso con il quale il Padre ama lui, il Figlio (v. 23)! Il v. 24 contiene quella che possiamo chiamare l’ultima volontà di Gesù, che chiede al Padre di far partecipi i suoi discepoli, giunti definitivamente presso di lui, di quella condizione gloriosa propria del Figlio amato. I versetti conclusivi (25-26), riportano la constatazione del Signore circa la fede profonda dei discepoli in lui, come «mandato dal Padre» e la sua promessa di far loro conoscere il nome del Padre, vale a dire di portarli a sperimentare il suo amore che è lo stesso sperimentato dal Figlio.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Il testo evangelico ci trasporta nel cenacolo di Gerusalemme dove il Signore Gesù, consapevole che è giunta la sua “ora”, si rivolge al Padre con un dialogo filiale che è allo stesso tempo una preghiera nella quale coinvolge i suoi discepoli di allora e quelli di tutti i tempi.

Dialogo e preghiera nella quale, come dicono i versetti evangelici oggi proclamati, Egli porta tutti coloro che, credendo in lui, diventeranno i “suoi” e che, in vista della conversione del mondo, devono aspirare a vivere in quella unità che fa di essi «una sola cosa» come il Padre e il Figlio (Cfr. Vangelo: Giovanni, 17, 20-21). Si tratta di una prima formidabile “consegna” del Signore ai discepoli del cenacolo e ai discepoli di tutti i tempi tra i quali, a seguito del suo ritorno al Padre, egli non sarà più fisicamente presente.

Tale consegna è legata alla missione dei discepoli, quella di condurre l’intera umanità a credere che Gesù è l’Inviato dal Padre per rivelare a tutti la sua misericordiosa bontà nella quale è possibile trovare salvezza. E sarà proprio l’unità di fede e di amore tra i discepoli qui in terra, riproduzione dell’indicibile unità delle divine Persone, il segreto dell’efficacia della loro missione nel mondo (v.21).

È una consegna, quella della “perfezione nell’unità” (v. 23), sulla quale occorre fondare la nostra vita e soprattutto la vita delle nostre comunità ecclesiali, certi che la preghiera del Signore Gesù è infallibilmente esaudita dal Padre. Occorre, pertanto, guardarsi dal ricadere sotto la schiavitù del peccato che spezza il vincolo d’amore con il Padre e il Figlio e, di conseguenza, porta la “divisione” tra i credenti e nelle comunità ecclesiali.

A tale proposito conviene riflettere sul perché tante nostre comunità non sono più in grado di testimoniare la fede nel Signore Gesù e di contagiare in essa gli altri? Il motivo è che, queste, sono attraversate dal demone della divisione e della discordia che non rende credibile l’annuncio evangelico del disegno d’amore al quale il Padre convoca, per mezzo del suo Figlio, quanti ascoltano la sua parola.

Occorre pertanto attivare continuamente in noi il dono della “perfetta unità” che riceviamo nei divini misteri dalla grazia dello Spirito Santo domandando senza sosta a Dio di continuare a prendersi cura dei suoi fedeli , di sostenerli e di rianimarli «con la certezza del suo affetto di Padre» (Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica). L’unità tra i suoi discepoli, così ricercata, implorata, donata e vissuta, è l’indispensabile premessa per la seconda richiesta di Gesù al Padre: «Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io» (v. 24).

È la richiesta tesa alla partecipazione dei discepoli a quella “gloria”, ossia a quella condizione in cui contempliamo il Signore Risorto che il Padre «fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione» (Epistola: Efesini 1,20).

A tale riguardo l’Apostolo domanda a Dio di far comprendere ai fedeli di Efeso e, in essi, anche a noi «a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (v.18). Si tratta, se ben comprendiamo, della partecipazione della nostra persona, già da questa vita terrena, a quella condizione che, ora, possiamo contemplare nel solo suo Figlio asceso al cielo.

È la visione che meritò di avere il primo martire santo Stefano che, dopo aver reso testimonianza al Signore con la sua parola, gli rese testimonianza con il suo sangue: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio» (Lettura: Atti degli Apostoli 7,56). In Stefano viene così esaudita la volontà del Signore (cfr. Giovanni 17,24), così come è continuamente esaudita nell’infinita schiera di martiri, di testimoni e di discepoli che si succedono, lungo i secoli.

A noi che viviamo in questa condizione di vita fugace, ci doni il Signore di cominciare a sperimentare con fede certa la nostra partecipazione alla sua “gloria” di Figlio che contempliamo “faccia a faccia” nella celebrazione del mistero del suo amore che è l’Eucaristia. In essa deve brillare in tutta verità la perfezione di quella unità che ci lega in unum con il Padre per mezzo del Figlio perché il mondo creda. È ciò che ci ricorda il canto Al Vangelo: «Tutti siano una sola cosa, dice il Signore, e il mondo creda che tu mi hai mandato» (cfr. Giovanni 17,21).




9 Maggio 2013 – Ascensione del Signore

 

 

La recente riforma del Calendario liturgico della nostra Chiesa ambrosiana (2008) ha  sapientemente riportato questa grande solennità nel “quarantesimo giorno”,  segnato dalla gioia della presenza del Risorto tra i suoi ai quali promette, una volta tornato al Padre, di mandare lo Spirito Santo per tener viva la sua Parola e l’efficacia della sua Pasqua fino alla consumazione dei tempi.

L’importanza dell’odierna solennità, nella nostra tradizione liturgica, è riscontrabile nella proposta di una Lettura vigiliare per la Messa vespertina della Vigilia e dai due formulari eucologici per la stessa Messa “della Vigilia” e per la Messa “nel giorno”.

 

Il Lezionario

 

Presenta il seguente ordinamento di lezioni bibliche: Lettura: Atti degli Apostoli 1, 1-11, alla Messa “della vigilia” e Atti degli Apostoli 1,6-13a alla Messa “nel giorno”; Salmo 46(47); Epistola: Efesini 4,7-13; Vangelo: Luca 24, 36b-53. (Le orazioni e i canti della Messa “della vigilia” e “nel giorno”, sono quelli propri della solennità nel Messale ambrosiano).

 

Messa “della Vigilia”: Lettura degli Atti degli Apostoli (1,1-11)

 

1Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi 2fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. 3Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. 4Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: 5Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». 6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». 7Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, 8ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». 9Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. 10Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro 11e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Il brano si apre con la presentazione da parte di Luca del suo nuovo libro che fa seguito al «primo racconto», ossia al Vangelo riguardante ciò che Gesù «fece e insegnò» nella sua vita terrena culminata, dopo la sua passione e risurrezione, nel giorno «in cui fu assunto in cielo» (vv. 1-5). I vv. 6-8 riportano l’ultimo dialogo tra Gesù e i suoi discepoli nel quale viene loro annunciato il dono dello Spirito Santo che li trasformerà in suoi testimoni «fino ai confini della terra». Il brano si conclude con il racconto dell’ascensione e con l’annunzio ai discepoli fatto da «due uomini in bianche vesti» riguardante il ritorno del Signore dal cielo nel giorno della Parusia, alla fine dei tempi (vv. 9-11).

 

Messa “nel giorno”: Lettura degli Atti degli Apostoli (1,6-13)

 

In quei giorni. 6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». 7Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, 8ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». 9Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. 10Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro 11e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». 12Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. 13Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi.

 

Riporta parte della Lettura vigiliare (vv. 6-11) che completa dicendo che gli Apostoli, testimoni dell’elevazione «in alto» del loro Maestro e Signore, una volta tornati a Gerusalemme, «salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi» (v. 13). Si tratta di un particolare di grande importanza perché il loro essere riuniti insieme forma visibilmente la Chiesa, quella del Signore, sulla quale egli ha promesso di far scendere «la forza dello Spirito Santo» (v. 8)  che la abilita a dare testimonianza a Gesù ovunque e fino al suo ritorno glorioso dal Cielo.

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (4,7-13)

 

Fratelli, 7a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. 8Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini.

9Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? 10Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.

11Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, 12per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, 13finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo».

 

L’Apostolo riflettendo sul mistero dell’Ascensione al Cielo del Signore afferma, con riferimento al Salmo 68,19, citato al v. 8, che egli «asceso in alto ha portato con sé prigionieri». Si tratta dell’intera umanità da lui liberata, nel mistero della sua Pasqua, dalla schiavitù del male, del peccato e della morte. In pari tempo, il Signore una volta asceso al Cielo «ha distribuito doni agli uomini», allusione, forse, ai doni carismatici con i quali lo Spirito Santo abilita alcuni a svolgere quei ministeri idonei a «edificare il corpo di Cristo» (v.12), ossia la Chiesa, e a far sì che tutti gli uomini arrivino «all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio» (v.13).

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (24,36b-53)

 

In quel tempo. 36BIl Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma . 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40  Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione  di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.

44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nel Profeti e nei Salmi».45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo. 52Ed essi di prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Il brano segue immediatamente quello dei due discepoli di Emmaus. Esso appare diviso in tre parti: nella prima: vv. 36-43 viene narrata l’apparizione del Signore agli Undici e ai discepoli radunati insieme e con la quale si dà a conoscere nella verità di Crocifisso/Risorto, il Vivente. Nella seconda parte (vv. 44-49), rifacendosi a quanto aveva già fatto con i discepoli di Emmaus, Gesù «aprì loro la mente per comprendere le Scritture» mostrando come esse concordano nell’annunziare che il Cristo, ossia il Messia, «patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno» secondo l’ineffabile disegno di Dio di universale salvezza. Questo dovrà essere «predicato a tutti i popoli» e «testimoniato» dai discepoli sui quali promette l’invio dello Spirito Santo. Nei versetti finali (50-53), l’evangelista riferisce l’evento dell’Ascensione del Signore che produce nel cuore dei discepoli grande gioia e lode a Dio.

 

Commento liturgico-pastorale

 

L’evento salvifico dell’Ascensione si colloca al “quarantesimo giorno” della presenza del Signore Risorto tra i suoi discepoli. In questi giorni, con le sue apparizioni, Gesù ha inteso irrobustire la fede dei suoi nella veridicità della sua risurrezione addirittura mangiando con loro (Vangelo: Luca 24,40-41). Una fede che va riposta in lui quale Figlio obbediente al volere del Padre il quale non lo ha abbandonato nella rete tenebrosa della morte, ma lo ha risuscitato e, ora, nell’Ascensione, lo innalza «al di sopra di tutti i cieli per essere pienezza di tutte le cose» (Epistola: Efesini 4,10).

In questi giorni, inoltre, il Signore Risorto ha dato le sue ultime istruzioni ai suoi in vista del raduno dei futuri credenti nella sua Chiesa e, soprattutto, ha promesso di mandare, una volta tornato al Padre, lo Spirito Santo per tenere viva tra di essi la sua parola e le sue azioni destinate alla salvezza del mondo intero.

Parola e gesti salvifici dei quali Gesù costituisce testimoni i suoi apostoli i quali dovranno recare «fino ai confini della terra» (Lettura: Atti 1,8); e «a tutti i popoli» (Luca 24,47), l’annunzio che la salvezza è in Cristo Crocifisso e Risorto.

Al fine di compiere una tale impresa, impari alle forze umane, Gesù promette ai suoi il «battesimo nello Spirito Santo», ovvero di immergerli nell’infuocata divina potenza che viene «dall’alto» (Luca 24,49) e che li abiliterà alla missione destinata ad abbracciare indistintamente, a partire da Gerusalemme, e da «tutta la Giudea e la Samaria» (Atti 1,8), tutte le genti.

Lo Spirito, inoltre, abiliterà gli apostoli a «compiere il ministero» in qualche modo già significato nel loro stare radunati insieme, vale a dire quello di «edificare il corpo di Cristo» (Efesini 4,12), facendo pervenire, attraverso la predicazione e la riproposizione dei gesti salvifici del Signore, «all’unità della fede» quanti credono e, questo, «fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (v.13).

I testi della preghiera liturgica, dal canto loro, amplificano la grazia propria racchiusa nel mistero pasquale che, nell’Ascensione, porta a compimento il disegno salvifico del Padre: quello che nel Figlio fatto uomo e che sale al di sopra dei cieli, in realtà, viene «restituito al genere umano lo splendore dei doni divini» e, in tal modo, viene «vinto e umiliato il demonio» che, inducendolo al peccato, ha fatto cadere l’uomo nell’abisso dell’umiliazione e della morte, annunzio della rovina eterna (cfr. Prefazio della Messa della vigilia).

Anche la preghiera A Conclusione della Liturgia della Parola della Messa “nel giorno” celebra la dignità alla quale, «nel Cristo asceso al Cielo è stato oggi elevato l’uomo», mentre quella Dopo la Comunione della stessa Messa, afferma che «nello slancio della sua ascensione all’alto dei cieli» il Signore Gesù «ha potentemente tratto con sé anche noi, liberandoci dalla schiavitù del peccato». Si tratta di realtà che fanno nascere nel cuore dei fedeli un’attenzione stupita e ammirata.

Mentre viviamo nella condizione provvisoria di questa vita terrena, la preghiera della Chiesa ci dice, infatti, che siamo in qualche modo già elevati alle altezze divine, diventati abitanti di quella Casa celeste nella quale il Signore ci ha preceduti per prepararci un posto così da stare per sempre dove lui è (cfr. Canto Allo Spezzare del Pane della Messa “nel giorno”). Sicché l’Ascensione del Signore rivela anche a noi, suoi fedeli, ciò che ci è preparato dalla bontà e dalla potenza divina per il nostro “oggi” eterno, a partire da questo nostro “oggi” provvisorio.

La celebrazione eucaristica è il luogo nel quale, accostandoci al Corpo e al Sangue del Signore, possiamo già sperimentare, le inesauribili ricchezze che sgorgano per noi e per ogni uomo dalla sua Pasqua.

Se ne fa efficace interprete l’orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica della Messa “nel giorno”: «Con la parola del tuo vangelo tu insegni alla tua Chiesa, o Dio, a gustare le realtà sublimi ed eterne cui oggi è asceso il salvatore del mondo; donaci di contemplare nell’intelligenza della fede la gloria di Cristo risorto perché al suo ritorno possiamo conseguire le ricchezze sperate».

 

 


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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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