16 dicembre 2012 – V domenica di Avvento


Pone in rilievo la figura di Giovanni Battista quale precursore del Signore, di cui annunzia l’imminente venuta. Questa domenica, inoltre, inaugura la settimana di preparazione immediata al Natale i cui giorni sono tradizionalmente chiamati «dell’Accolto», in riferimento al Signore che viene.

 

Il Lezionario

 

Fa proclamare come Lettura: Isaia 30,18-26b e il Salmo 145 (146). L’Epistola è presa da 2 Corinzi 4,1-6 e il Vangelo da Giovanni 3,23-32a. Nella Messa vigiliare del sabato il Vangelo della Risurrezione è preso da Giovanni 21,1-14. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli propri della V Domenica di Avvento del Messale Ambrosiano).

 

Lettura del profeta Isaia (30,18-26b)

 

In quei giorni. Isaia disse: «18Il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, / per questo sorge per avere pietà di voi, / perché un Dio giusto è il Signore; / beati coloro che sperano in lui. / 19Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, / tu non dovrai più piangere. / A un tuo grido di supplica ti farà grazia; / appena udrà, ti darà risposta. / 20Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione / e l’acqua della tribolazione, / non si terrà più nascosto il tuo maestro; / i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, / 21i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: / “Questa è la strada, percorretela”, / caso mai andiate a destra o a sinistra.

22Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento; / i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo. / «Fuori!», tu dirai loro. / 23Allora egli concederà la pioggia per il seme / che avrai seminato nel terreno, / e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; / in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato.
24I buoi e gli asini che lavorano la terra / mangeranno biada saporita, / ventilata con la pala e con il vaglio. / 25Su ogni monte e su ogni colle elevato / scorreranno canali e torrenti d’acqua / nel giorno della grande strage, / quando cadranno le torri. / 26La luce della luna sarà come la luce del sole / e la luce del sole sarà sette volte di più, / come la luce di sette giorni, / quando il Signore curerà la piaga del suo popolo».

 

La Lettura riporta le parole di biasimo che il profeta rivolge a nome di Dio contro Israele che, di fronte alla minaccia costituita dalla potenza degli Assiri (702 a.C.), invece di confidare nel suo aiuto, si rivolge, invano, all’Egitto. Nei versetti qui riportati viene ribadita la fedele disponibilità di Dio a fare grazia e ad avere pietà del suo popolo (vv. 18-19) anche se, per sua salutare correzione, dovrà ricorrere, per un poco, al “pane dell’afflizione” e all’“acqua della tribolazione” (vv. 20-21). Segue un perentorio invito a disfarsi delle pratiche idolatriche (v. 22) per poter godere dei favori divini (vv. 23-26).

 

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (4,1-6)

 

Fratelli, 1avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. 2Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio.

3E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: 4in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. 5Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. 6E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.

 

Nella sezione della Lettera di cui fa parte il brano odierno, l’Apostolo esalta la grandezza del ministero apostolico affidato anche a lui e che gli impedisce di perdersi d’animo di fronte alle difficoltà riscontrate nella comunità di Corinto (cfr. v. 1). Il v. 2 riporta le parole con cui Paolo proclama la fedeltà della sua predicazione apostolica alla verità del Vangelo la quale, però, rimane inaccessibile e oscura agli increduli posti in balia del “dio di questo mondo” ovvero del demonio (vv. 3-4). Paolo, infine, rivendica con forza di aver sempre annunciato Cristo Gesù Signore e di averlo fatto sapendosi servitore dei Corinzi «a causa di Gesù» (v. 5). Concetto ribadito al v. 6 dove la parola di Dio creatore che fa brillare «la luce dalle tenebre» (cfr. Genesi 1,3) è brillata anche nel cuore dell’apostolo mediante il Vangelo che rivela Dio in Cristo.

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (3,23-32a)

 

In quel tempo. 23Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. 24Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione.
25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire».
31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito.

 

Il brano si riferisce all’attività svolta da Gesù in Giudea prima del suo ritorno in Galilea (3,22) e riporta l’ultima testimonianza a lui offerta da Giovanni qui colto nella sua attività di battezzatore (v. 23). I vv. 25-26 parlano di una disputa sorta sul valore del battesimo dato da Gesù e quello dato dato da Giovanni, che viene interessato al caso. Segue ai vv. 27-30 la risposta del Battista il quale riconosce, anzitutto, che il successo dell’attività di Gesù viene da Dio (v. 27) e ribadisce ai suoi discepoli di essere stato mandato a preparare la venuta del Messia (v. 28), dichiarando, inoltre, di essere semplicemente l’«amico dello sposo», ossia di Gesù. La sua presenza riempie di gioia il Battista (v. 29) che, in tal modo, esaurisce la sua missione espressa con la lapidaria affermazione: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (v. 30). I vv. 31-32a insistono nell’affermare la superiorità di Gesù sul Battista insinuando la sua origine divina.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Nell’imminenza della festa natalizia la tradizione liturgica della nostra Chiesa Ambrosiana pone in rilievo la figura di Giovanni il Battista nella sua missione di immediato precursore e di testimone del Signore che viene.

Si noti, a tale riguardo, come la pagina evangelica riporta la lucida testimonianza offerta a parole dal Battista prima di essere gettato in prigione da Erode, dove avrebbe reso la testimonianza a Cristo con il suo sangue.

In questa domenica è indispensabile accogliere e fare nostro il suo insegnamento, che ci dispone a celebrare convenientemente il mistero dell’Incarnazione e della Natività del Signore. Tale mistero va anzitutto celebrato riconoscendo con fede la provenienza “dall’alto”, “dal cielo” (Vangelo: Giovanni 3,31), ossia da Dio, del bambino di Betlemme. Per questa sua origine divina, Gesù «è al di sopra di tutti» (v. 31) ed è perciò in grado di rivelare «ciò che ha visto e udito» (v. 32) presso Dio dal quale egli viene.

La fede nell’origine divina del Signore Gesù e, di conseguenza, nel suo essere il rivelatore unico e definitivo di Dio, è la disposizione essenziale per una degna celebrazione del suo Natale.

Nella sua testimonianza il Battista esclude anzitutto di essere lui il Cristo (v. 28) e parla di Gesù come dello sposo a cui appartiene la sposa e la cui voce riempie di gioia i suoi amici, tra i quali si pone lui stesso. Assumendo, come tutti noi, la condizione umana, Gesù ha unito inseparabilmente a sé, alla sua condizione divina, l’umanità, alla maniera dello sposo che si unisce alla sua sposa e con lei forma «una sola carne» (cfr. Genesi 2,24).

Si tratta di un’immagine biblica di rara bellezza che ci aiuta a penetrare e a ricercare in profondità il significato del Natale: manifestare al mondo la divina Carità! Quella del Padre, anzitutto, e quella del suo Figlio nato da Maria per opera dello Spirito Santo.

Di un intervento benevolo di Dio hanno parlato anche i profeti con i tipici accenti legati alla prosperità della terra, alla fecondità del bestiame, all’abbondanza di acqua e al sereno alternarsi dei giorni e delle stagioni che però, a ben guardare, segnalano l’agire misericordioso di Dio verso il suo popolo di cui cura la “piaga” (Lettura: Isaia 30,26). Si prospetta, così, l’opera salvifica a cui Dio ha dato principio negli eventi vetero-testamentari a favore del suo popolo Israele e che ora, nella natività del suo Figlio, conduce “ a compimento” a beneficio del mondo intero (cfr. Orazione All’Inizio dell’Assemblea Liturgica). In particolare, nella “piaga” che Dio risana, è facile riconoscere quella “ferita” che porta ogni uomo che viene in questo mondo e dalla quale deriva ogni sorta di male e di peccato, primo fra tutti l’incredulità e l’idolatria di sé che lo tiene sotto il potere umiliante delle tenebre. Quella piaga Dio l’ha effettivamente curata con il dono d’amore del suo Figlio testimoniato dalle “piaghe” che hanno segnato il suo corpo mortale. Perciò, nell’imminenza del Natale, riconosciamo con sempre nuovo e più grande stupore che «la nostra redenzione è vicina, l’antica speranza è compiuta; appare la liberazione promessa e spunta la luce e la gioia dei santi» (Prefazio)

La grandezza e la bellezza di questa testimonianza, come un tempo toccò proclamarla al Battista, ora spetta alla Chiesa e a ogni fedele. Nell’adempiere a questa missione essa impara da Giovanni a “diminuire” davanti a Gesù perché lui solo deve “crescere” (v. 30) e sfolgorare con lo splendore del suo Vangelo nel cuore della storia e in quello di ogni uomo.

Di tale atteggiamento devono rivestirsi soprattutto quanti nella Chiesa hanno un compito di guida, ma anche ogni fedele, a cui incombe il dovere di dare testimonianza a Gesù sempre e dovunque. Nessuno pensi di mettersi al posto di Cristo, di oscurare il Signore o di servirsi di lui per cercare di attirare a sé!

Ci conforta in tutto ciò l’insegnamento di Paolo che in tutta verità può dire: «Noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore» (Epistola: 2 Corinzi 4,5). E se il Battista è ben consapevole di essere stato «mandato avanti a lui» (Giovanni 3,28) come immediato precursore del Messia promesso, l’Apostolo Paolo si dichiara servitore dei cristiani di Corinto «a causa di Gesù» (2 Corinzi 4,5).

È questa la strada che hanno percorso i profeti, il Battista, gli Apostoli e che la Chiesa deve percorrere, senza sbandare «a destra o a sinistra» (Isaia 30,21), per essere in grado di annunciare in tutta verità che, in Gesù, Dio ha davvero fatto grazia e ha avuto pietà di tutti (v. 18).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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