1. La domenica della dedicazione del Duomo, chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani
Fa memoria, ogni anno, delle varie dedicazioni succedutesi nei secoli del Duomo di Milano che è la Chiesa Cattedrale per i fedeli della diocesi ambrosiana e Chiesa madre per tutti i fedeli che, pur appartenendo ad altre diocesi, seguono per antica consuetudine la Liturgia ambrosiana Questa domenica inaugura, nel più ampio contesto del Tempo “dopo Pentecoste”, una serie si domeniche e settimane dette “dopo la dedicazione” destinate a concludere l’Anno liturgico con la solennità di Cristo Re dell’universo.
Il Lezionario prevede i seguenti brani biblici: Lettura: Baruc 3,24-38 oppure Apocalisse 1,10;21,2-5; Salmo 86; Epistola: 2 Timoteo 2,19-22; Vangelo: Matteo 21.10-18. Il Vangelo della Risurrezione da proclamare nella Messa vigiliare del sabato è preso da Giovanni 20,24-29.
2. Vangelo secondo Matteo 21,10-17
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù 10entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea». 12Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 13e disse loro: «Sta scritto:
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.
Voi invece ne fate un covo di ladri».
14Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. 15Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, 16e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto:
Dalla bocca di bambini a e di lattanti
hai tratto per te una lode?».
17Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.
3. Commento liturgico-pastorale
L’odierno brano evangelico si presenta composto dai versetti conclusivi (10-11) del racconto fatto dall’evangelista Matteo dell’ingresso “messianico” di Gesù in Gerusalemme e da quelli riguardanti la “purificazione” del Tempio (vv. 12-17).
In particolare nei versetti 10-11 leggiamo la reazione all’ingresso trionfale in Gerusalemme di “tutta la città” e dunque dei suoi abitanti che si pongono la domanda: «Chi è costui?» (v. 10) alla quale risponde la folla che lo aveva accompagnato nel cammino di avvicinamento e di ingresso in città: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea», alludendo forse alla realizzazione della promessa fatta da Dio a Israele di mandare “un profeta” pari a Mosè (Deuteronomio 18,15).
Gesù, dunque, fa il suo ingresso nel Tempio e, proprio nella sua veste di Profeta, ovvero di Messia, compie il gesto sorprendentemente violento descritto al v. 12 cacciando fuori «tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano» dando spiegazione del suo gesto con il ricorso ad alcuni passi della Scrittura come Isaia 56,7: «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera» e Geremia 7,11 che aveva parlato già del Tempio ridotto «a un covo di ladri».
Il v. 14 registra un altro gesto rivelatore della messianicità di Gesù: «Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì».
La novità non è certo nelle guarigioni, da sempre operate da Gesù, ma nel luogo dove queste ora si compiono: nel Tempio.
Tutto ciò sembra entrare in contrasto con le disposizioni fatte risalire al re Davide che vietavano proprio al “cieco” e allo “zoppo” di entrare nella casa del Signore (cfr. 2 Samuele 5,8).
Possiamo dire al riguardo che in Gesù viene abbattuta ogni barriera, ogni ostacolo per accedere a Dio. Con i malati anche i pagani non potevano accedere al Tempio. Con il suo gesto Gesù ci rivela che in lui, Tempio di Dio non costruito dalla mano dell’uomo, tutti senza eccezione, a cominciare dai malati nel corpo e nello spirito, possono trovare “guarigione” e salvezza e in lui, vera Casa di Dio, far salire la loro preghiera fino al suo trono.
Il v. 15 riporta la reazione ostile dei «capi dei sacerdoti e gli scribi» suscitata, si badi bene, dalle “meraviglie” compiute da Gesù.
Come capi e guide del popolo, esperti dottori della Legge e dei Profeti, avrebbero almeno dovuto porsi degli interrogativi come quello iniziale degli abitanti di Gerusalemme: «Chi è costui?» (v. 10) che fa cose che la Scrittura attribuisce all’Inviato di Dio. La loro indignazione riguarda specialmente l’acclamazione entusiastica rivolta dai “fanciulli” a Gesù proprio nel Tempio: «Osanna al figlio di Davide».
Capi dei sacerdoti e scribi sanno molto bene che si tratta di un’acclamazione che riconosce in Gesù il compimento della regalità senza fine fatta da Dio a Davide e alla sua discendenza.
Gesù quindi quale Re-Messia! A essi, ancora una volta, Gesù risponde con la citazione scritturistica del Salmo 8,3: «Con la bocca di bambini e di lattanti: hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli».
Il brano si chiude al v. 17 con l’“uscita” di Gesù da Gerusalemme. Egli si reca a Betania, verosimilmente a casa di Maria, Marta e Lazzaro. Nella città santa aveva trovato gente pronta a riconoscerlo come il Messia di Dio: le folle, i malati, i bambini così come gente perplessa davanti a lui, come gli abitanti di Gerusalemme, o addirittura ostili come i capi dei sacerdoti e gli scribi. Ostilità che preannunzia come Gesù, il Messia, avrebbe operato la salvezza e la “guarigione” del mondo come “servo sofferente” del Signore.
Proclamato in questa domenica della dedicazione del Duomo il testo evangelico ci dice di andare oltre ciò che i nostri occhi vedono per scorgere nella grande, meravigliosa costruzione il “mistero” che esso racchiude ed esprime. Il “mistero” di Cristo quale nuovo e definitivo Tempio e Casa di Dio e il “mistero” della Chiesa che in esso si raduna.
Il Duomo ci dice che in Cristo e da Cristo che associa a sé la sua Chiesa salgono a Dio le preghiere e le suppliche per il popolo santo dei fedeli ma anche per l’intera umanità. Il Duomo ci dice che in Cristo tutti trovano accesso a Dio senza distinzioni o preclusioni di sorta. In esso è offerto a Dio il culto spirituale che dà a Dio la lode a lui gradita e che ottiene da lui salvezza e “guarigione” per il mondo intero.
Il Duomo ci dice che il popolo che in esso si raduna è segno del raduno di tutte le genti in Cristo che è in verità la «grande casa di Dio» (Lettura: Baruc 3,24), la “sapienza” vivente di Dio che «è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini» (v. 38) per rivelare e attuare il mirabile disegno divino di universale salvezza.
Il Duomo con la sua mole possente ci dice che la Chiesa è stata fondata da Dio su solide fondamenta (cfr. Epistola: 2 Timoteo 2,19) vale a dire sul sacrificio pasquale del suo Figlio e con le meraviglie che esso racchiude ci esorta a essere tutti «come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona» (v. 21), lontani ed estranei, perciò, ad ogni “iniquità” (v. 19) ma dediti alla «giustizia, la fede, la carità e la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro» (v. 22). In adorazione davanti alla “sapienza” divina che ha voluto porre la sua dimora tra gli uomini nella persona stessa del suo Figlio Gesù attivo e presente nella Chiesa, suo Corpo, sua Sposa, contempliamo nel Duomo, nostra Chiesa madre, il “mistero” che tutti ci coinvolge quello di formare, ognuno per la nostra parte, la Casa di Dio tra gli uomini.
Ci viene incontro, per questo, la preghiera liturgica espressa nel Prefazio:
«Il Signore Gesù ha reso partecipe la sua Chiesa della sovranità sul mondo che tu gli hai donato e l’ha elevata alla dignità di sposa e di regina. Alla sua arcana grandezza si inchina l’universo perché ogni suo giudizio terreno è confermato nel cielo. La Chiesa è la madre di tutti i viventi, sempre più gloriosa di figli generati ogni giorno a te, o Padre, per virtù dello Spirito Santo. È la vite feconda che in tutta la terra prolunga i suoi tralci e, appoggiata all’albero della croce, si innalza al tuo regno. È la città posta sulla cima dei monti, splendida agli occhi di tutti, dove per sempre vive il suo Fondatore».
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