19 dicembre 2010 - VI Domenica di Avvento


1. Domenica dell’incarnazione o della divina maternità di Maria
   

La tradizione liturgica della nostra Chiesa ambrosiana dedica l’ultima domenica dell’Avvento alla celebrazione  dell’incarnazione del Signore nel seno della Vergine Maria. Si vuole, in tal modo, condurre i fedeli a guardare al Bambino, nato a Betlemme, come il Figlio dell’Altissimo generato, come vero uomo, nel seno della Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo.

La presente domenica, perciò, vuole aprire i nostri cuori alla grandezza e alla stupenda bellezza dei disegni di Dio che tutti ci riguardano e che comportano la venuta salvifica nel mondo del suo Figlio Unigenito che noi, con fede integra, confessiamo “vero Dio e vero uomo”. Di conseguenza con stupore di fede riconosciamo  la Vergine Maria come “vera madre” del Figlio di  Dio fatto uomo!

Il Lezionario propone ogni anno i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 62,10-63,3b; Salmo 71; Epistola: Filippesi 4,4-9; Vangelo: Luca 1,26-38a. Nella Messa vigiliare del sabato si legge Giovanni 20,11-18 quale Vangelo della risurrezione.


2. Vangelo secondo Luca, 1,26-38a.

In quel tempo. 26L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27ad una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». 29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».    


3. Commento liturgico-pastorale      

Il racconto di Luca trova la sua ispirazione nelle diverse scene bibliche di “annunciazione” di concepimenti e di nascite del tutto singolari come, ad esempio, quella di Sansone, narrata nel libro dei Giudici (13,1-7). Nei versetti iniziali (26-27) l’evangelista, mentre ambienta il suo racconto a livello temporale e spaziale, è particolarmente interessato a mettere in evidenza la condizione della destinataria dell’annuncio: Maria, “una vergine”. Tale sottolineatura prepara l'annunzio della sua singolare maternità dovuta esclusivamente all’intervento di Dio.

I vv. 28-33 riportano il contenuto dell’annuncio diretto a Maria, salutata dall’angelo come «piena di grazia», a motivo del favore divino del tutto sorprendente e gratuito che guarda proprio a lei, una “donna”, una “vergine” non appartenente certo alle classi sociali più elevate.

Il v. 29 registra il “turbamento”, anzi, il forte spavento avvertito inizialmente da Maria e che viene fugato dalle successive parole dell’angelo, finalmente rivelatrici dei disegni divini su di lei (vv. 30-33.35-37). Esse annunziano la sua imminente maternità, quella di “un figlio” che porterà il nome di Gesù (=Dio salva), indicativo della sua missione nel mondo quale “figlio dell'Altissimo”, nel quale si realizza l’antica promessa fatta da Dio al re Davide: «io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno... io renderò stabile il trono del suo regno per sempre» (2Samuele 7,12-13).

Con queste parole viene annunziata la funzione regale di Gesù. Egli “regnerà per sempre”, non solo “sulla casa di Giacobbe” (v. 33) ma sull’intera famiglia umana, una volta liberata dai suoi nemici e mortali oppressori nell’ora della croce. È quanto viene profeticamente annunziato nella Lettura dove si parla di un personaggio misterioso: «che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza» (Isaia 63,1) e nel quale riconosciamo il Signore Gesù che, con la sua incarnazione, avvia quell’opera di salvezza e di liberazione dell’uomo che porterà a compimento nella sua Pasqua di morte e di risurrezione.

Il v. 34 registra un secondo intervento di Maria riguardante la sua condizione di “vergine”, al quale fa seguito la nuova risposta dell’angelo (vv. 35-37) che rivela come l’annunciata maternità non sarà ascrivibile a un intervento umano, ma soltanto all’intervento divino mediante l’azione dello Spirito Santo. Le successive parole angeliche (v. 35b) segnano il culmine della rivelazione riguardante il figlio concepito dalla Vergine: non solo “figlio dell’Altissimo”, non solo “figlio di Davide” e, dunque il re, il Messia, ma: «sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» in senso proprio ed esclusivo.

Gesù, dunque, è il Figlio di Dio ed è il figlio di Maria, la “vergine”. Ciò è possibile solo a Dio, per il quale «nulla è impossibile» come, ad esempio,  rendere madre Elisabetta una parente di Maria che, nella sua vecchiaia, ha concepito anch’essa un figlio (v. 36).    
Il racconto si conclude al v. 38 con il “sì” di Maria che la pone nel numero dei “servi del Signore”, vale a dire di coloro che si consegnano con decisione fedele e irrevocabile alla volontà di Dio. Questo “sì” di Maria, che “avvicina il Signore” a ogni uomo, è il motivo della gioia evangelica a cui ci invita l’Apostolo: «Fratelli, siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Epistola: Filippesi 4,4) e che viene così motivato nella preghiera liturgica: «O scambio di doni mirabile! Il creatore del genere umano, nascendo dalla Vergine intatta per opera dello Spirito Santo, riceve una carne mortale e ci elargisce una vita divina» (Alla Comunione).

La stessa preghiera liturgica ci consegna, nel cuore della celebrazione, una sintesi davvero mirabile del “mistero” della Vergine-Madre annunciato nelle Scritture. Ella: «accogliendo con fede illibata l’annunzio dell’angelo, concepì il tuo Verbo rivestendolo di carne mortale; nell’esiguità del suo grembo racchiuse il Signore dei cieli e il Salvatore del mondo e per noi lo diede alla luce, serbando intatta l’integrità verginale» (Prefazio I).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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