20 gennaio 2013 – II domenica dopo l’Epifania

Questa seconda domenica “dopo l’Epifania” pone in rilievo il terzo evento che la tradizione liturgica, anche ambrosiana, vede come momento della “manifestazione” del Figlio di Dio venuto nel mondo e della sua missione.

 

Il Lezionario

 

Propone i seguenti brani biblici: Lettura: Ester 5,1-1c.2-5; Salmo 44; Epistola: Efesini 1,3-14; Vangelo: Giovanni 2,1-11 che viene letto ogni anno. Alla Messa vigiliare del sabato si legge Luca 24,1-8 quale Vangelo della Risurrezione. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli della II domenica del Tempo «per annum» del Messale Ambrosiano).

 

Lettura del libro di Ester (5,1-1c.2-5)

 

1Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, Ester si tolse gli abiti servili e si rivestì di quelli sontuosi.

Fattasi splendida, invocò quel Dio che su tutti veglia e tutti salva, e prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva sollevando il manto di lei. Era rosea nel fiore della sua bellezza: il suo viso era lieto, come ispirato a benevolenza, ma il suo cuore era oppresso dalla paura. Attraversate tutte le porte, si fermò davanti al re. Egli stava seduto sul suo trono regale e rivestiva i suoi ornamenti ufficiali: era tutto splendente di oro e di pietre preziose e aveva un aspetto che incuteva paura.

2Alzato lo scettro d’oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: «Parlami!».

Gli disse: «Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore è rimasto sconvolto per timore della tua gloria: tu sei ammirevole, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto». Mentre parlava, cadde svenuta; il re si turbò e tutti i suoi servi cercavano di rincuorarla.

3Allora il re le disse: «Che cosa  vuoi, Ester, e qual è la tua richiesta? Fosse pure metà del mio regno, sarà tua». 4Ester rispose: «Oggi è un giorno speciale per me: se così piace al re venga egli con Amàn al banchetto che oggi io darò». 5Disse il re: «Fate venire presto Amàn, per compiere quello che Ester ha detto». E ambedue vennero al banchetto di cui aveva parlato Ester.

 

Il brano fa seguito al racconto dei giorni di digiuno e di preghiera a cui si sottopose la regina Ester una volta avvertita della trama di un potente ministro del Re Artaserse di votare allo sterminio gli Ebrei deportati nelle varie regioni dell’impero persiano dopo la distruzione di Gerusalemme. Qui sono descritti i preparativi di Ester (vv. 1-1b) per comparire davanti al re, descritto al v. 1c in tutto il suo regale splendore. Viene poi detto come il re, ponendo il suo scettro sul collo di Ester le permette di stare alla sua presenza (v. 2) e vengono riferite le parole della regina che suscitano la compiacenza di Artaserse nei suoi confronti e la sua disponibilità a partecipare a un banchetto durante il quale la regina smaschererà il complotto del ministro infedele (vv. 3-5).

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (1,3-14)

 

Fratelli, 3benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, / che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.

4In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo / per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, / 5predestinandoci a essere per lui figli adottivi / mediante Gesù Cristo, / secondo il disegno d’amore della sua volontà, / 6a lode dello splendore della sua grazia, / di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. / 7In lui, mediante il suo sangue, / abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, / secondo la ricchezza della sua grazia. / 8Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi / con ogni sapienza e intelligenza, /9facendoci conoscere il mistero della sua volontà, / secondo la benevolenza che in lui si era proposto / 10per il governo della pienezza dei tempi: / ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. / 11In lui siamo stati fatti anche eredi, / predestinati – secondo il progetto di colui / che tutto opera secondo la sua volontà  – / a essere lode della sua gloria, / noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

13In lui anche voi, / dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, / e avere in esso creduto, / avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso / 14il quale è caparra della nostra eredità, / in attesa della completa redenzione / di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

 

Il brano oggi proclamato inaugura la parte dottrinale della lettera, nella quale l’Apostolo colloca come fondamento della Chiesa il disegno divino rivelato in Cristo Gesù. Si tratta, in realtà, di una lunga preghiera di benedizione, di lode e di ringraziamento a Dio per quanto egli ha fatto e continua a fare per gli uomini tramite il suo Figlio: «Ci ha scelti prima della creazione del mondo» (v. 4), ci ha predestinati a «essere per lui figli adottivi» (v. 5). Nel sangue del suo Figlio “abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe” (v. 7); in lui ci ha svelato i suoi disegni: «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose» (v. 10). I vv. 12-13 mettono in luce come la benevolenza divina in Cristo riguarda sia i credenti di origine ebraica, sia quelli di origine pagana. Tutti infatti hanno ricevuto «il sigillo dello Spirito Santo» come anticipo (“caparra”) dell’eredità che si riceverà una volta che la redenzione abbia raggiunto anche il corpo (v. 14).

 

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (2,1-11)

 

In quel tempo. 1Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

 

Il brano evangelico si premura di collocare il racconto nel «terzo giorno» che succede ai primi due caratterizzati dalla chiamata dei primi discepoli (vv. 35-51) e di ambientarlo in una «festa di nozze» nella città di Cana in Galilea, senza trascurare di nominare tra gli invitati la madre di Gesù, Gesù stesso e i suoi discepoli (vv. 1-2). I vv. 3-5 sottolineano il protagonismo della madre di Gesù che sollecita da lui un intervento a motivo dell’improvvisa mancanza di vino. L’apparente risposta negativa di Gesù che si rivolge alla madre con l’appellativo “donna”, da lui ripreso nel  momento della sua morte (cfr. Giovanni 19,26), è motivata dal fatto che «non è ancora giunta la mia ora» (v. 4). L’“ora” di Gesù è quella della sua “glorificazione” sulla Croce con il conseguente ritorno al Padre. Di fatto Gesù interviene ordinando di riempire di acqua le anfore, di cui viene precisato il numero, sei, e la capienza, «da ottanta a centoventi litri l’una» (v. 6). Segue la constatazione da parte del direttore del banchetto della bontà del vino fatta notare allo sposo (vv. 9-10). L’evangelista non trascura di sottolineare che colui che dirigeva il banchetto «non sapeva da dove venisse» quel vino: un non sapere, una non conoscenza che dice la necessità di aprire il cuore alla fede in Gesù, il rivelatore unico di Dio. Il v. 11 precisa che questo «fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù»,  appunto per rivelare la sua identità e per sollecitare a credere in lui come hanno prontamente fatto i suoi discepoli.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Questa seconda domenica pone in primo piano il terzo degli eventi che la tradizione liturgica, anche ambrosiana, propone insieme a quello dell’accorrere dei Magi a Betlemme e del Battesimo al Giordano come epifania del mistero del Figlio di Dio nel mondo.

Si tratta dell’acqua mutata in vino alle nozze di Cana, che l’evangelista descrive come «l’inizio dei segni» (Vangelo: Giovanni 2,11) compiuti da  Gesù e con i quali manifestò la sua gloria, ovvero la sua provenienza dall’“alto”, da Dio, e questo al fine di suscitare la fede in lui come, di fatto, avviene per i primi discepoli chiamati a seguirlo (v. 11).

Ed è altamente espressivo il fatto che Gesù dia inizio alla sua attività di “rivelatore del Padre” nel contesto della festa per eccellenza, quella di nozze, nella quale è lecito vedere l’annuncio che in lui si stabilirà quella nuova e definitiva alleanza tra Dio e il suo popolo preannunziata dai profeti, ossia quella comunione d’amore che, in realtà, dovrà essere estesa fino ad abbracciare quegli uomini che, sino alla fine dei tempi, crederanno  in lui.

Con altre parole l’epistola paolina afferma la stessa cosa lodando e magnificando l’inesprimibile grandezza dei disegni di Dio che, mandando il suo Figlio, ha «benedetto con ogni benedizione» l’intera umanità (Epistola: Efesini 1,3). La benedizione di Dio in Cristo, mentre esprime concretamente la benevolenza divina per il mondo, consiste non solo nella «redenzione e nel perdono delle colpe» (v. 7), ma nel chiamare gli uomini alla grazia della vita di figli e nel «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (v.10).

In Gesù, pertanto, Dio ci ha «fatto conoscere il mistero della sua volontà», per noi di per sé inaccessibile, quella cioè di riversare la «ricchezza della sua grazia» e della sua «benevolenza» (cfr. Efesini 1,7-8) sull’intera umanità.

Cosa questa ben recepita dalla preghiera liturgica del Prefazio che ci fa rivolgere così a Dio, il Padre: «Tu per alleviarci le fatiche della vita ci hai confortato con l’esuberanza dei tuoi doni e per richiamarci alla felicità primitiva ci hai mandato dal cielo Gesù Cristo tuo Figlio e Signore nostro». Non ci resta, pertanto, che guardare al Signore Gesù che è il segno insuperabile della volontà salvifica di Dio e che nell’acqua mutata in vino alle nozze di Cana ci invita ad accostarci con fede alla pienezza della rivelazione dell’amore di Dio per noi, che avrà il suo momento più alto nell’“ora” della sua Croce! (cfr. Giovanni 2,4)

“Ora” che ci vede radunati, nel giorno di domenica, nel banchetto di nozze dell’Agnello il quale, nel vino eucaristico, ci offre la sua stessa vita divina alla quale ci lega con vincolo di amore indissolubile.

Per questo Maria, la madre di Gesù, con la sua fede esemplare per tutti coloro che in ogni tempo crederanno in lui, lo ha spinto ad anticipare l’“ora” della gioia pasquale portatrice di salvezza. Ella, con intuito di fede, sa che il suo Figlio è venuto nel mondo per mutare la sorte del mondo stesso, per convocarlo al banchetto eterno della salvezza e, nel domandare il suo intervento a favore dei due giovani sposi nel giorno delle loro nozze (cfr. v. 3), diviene l’immagine e il modello della Chiesa chiamata a intercedere sul mondo la «ricchezza della grazia» (cfr. Efesini 1,7). In Maria e, quindi, nella Chiesa, trova compimento ciò che era prefigurato nella regina Ester che non esita a mettere a repentaglio la sua stessa vita per salvare il suo popolo votato allo sterminio (cfr. Lettura: Ester 5,1-2). In realtà, non un popolo soltanto, ma l’intera umanità corre in ogni tempo il pericolo mortale di essere annientata dall’insidia di un potente “nemico”. La Chiesa, modellandosi a immagine della Madre di Gesù, intercede perché il Signore attualizzi la sua “ora” nella quale il dono della sua vita, significato nella coppa eucaristica del suo Sangue, abbatte l’opera devastatrice del male, comunica la gioia indicibile della comunione perenne con il Padre e la “caparra” dell’eredità che attende quanti, avendo creduto nel suo Unico Figlio, diventano, in lui, “figli”.

 

 

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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