20 Novembre 2011 – II domenica di Avvento

Questa seconda domenica sviluppa il senso più profondo della venuta del Signore concepita in vista dell’universale salvezza e per impiantare in questo mondo il Regno, del quale tutti gli uomini sono chiamati a diventare figli.

 

Il Lezionario

 

Sviluppa la peculiare tematica appena accennata proponendo i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 51,7-12a; Salmo 47 (48); Epistola: Romani 15,15-21; Vangelo: Matteo 3,1-12.

Alla messa vigiliare del sabato viene proclamato Luca 24,1-8, quale Vangelo della Risurrezione.

 

Lettura del profeta Isaia (51,7-12a)

 

Così dice il Signore Dio: «7Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l’insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni; 8poiché le tarme li roderanno come una veste e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione. 9Svegliati, svegliati, rivestiti di forza, o braccio del Signore. Svegliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate. Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, che hai trafitto il drago? 10Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, e hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti? 11Ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con esultanza; felicità perenne sarà sul loro capo, giubilo e felicità li seguiranno, svaniranno afflizioni e sospiri. 12Io, io sono il vostro consolatore».

 

Il brano fa parte di una serie di capitoli (40-55) che riflettono la situazione del popolo d’Israele deportato a Babilonia dopo la distruzione di Gerusalemme (587 a.C.) al quale Dio, per bocca dei profeti, annunzia il prossimo ritorno in patria, a Gerusalemme, che sarà riedificata ancora più splendida. In particolare nei vv. 7-8 il Popolo viene esortato a non temere nessun nemico perché Dio ha deciso di garantirgli «salvezza di generazione in generazione». Essa viene tradotta ai vv. 9-11 con la decisione divina di rinnovare le antiche gesta prodigiose per riportare in patria il suo popolo. Il v. 12, infine, contiene la mirabile autorivelazione di Dio come Dio di consolazione.

 

Epistola: Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (15,15-21)

 

Fratelli, 15su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio 16per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. 17Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. 18Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, 19con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. 20Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo per non costruire su un fondamento altrui, 21ma, come sta scritto: «Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».

 

Il brano è preso dall’epilogo dell’importante lettera ai Romani, nel quale l’Apostolo tiene a precisare lo specifico mandato missionario che lo contraddistingue dagli altri, che è la predicazione del Vangelo ai pagani perché anch’essi diventino «un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo» (v. 16). In ciò l’Apostolo si dichiara strumento di Cristo, che agisce in lui «con la potenza di segni e  di prodigi» (v. 19). Paolo tiene inoltre a precisare che ha scelto come campo di apostolato quello non evangelizzato da altri perché nessuno rimanga privo dell’annuncio del «nome di Cristo» (vv. 20-21).

 

Vangelo: Lettura del Vangelo secondo Matteo (3,1-12)

 

1In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».

3Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».

4E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.

5Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

7Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8Fate dunque un frutto degno della conversione, 9e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

 

Il brano evangelico può essere così suddiviso: i vv. 1-2 presentano il Battista, il luogo della sua attività e il contenuto essenziale della sua predicazione riguardante l’avvicinarsi del regno dei cieli, che esige da parte dell’uomo la conversione, ossia un cambiamento profondo della mente e della prospettiva di fondo della vita. È lo stesso essenziale messaggio che troviamo sulla bocca di Gesù all’inizio della sua attività missionaria (Matteo 4,17).

Il v. 3 applica al Battista il testo profetico di Isaia 40,3 relativo al “precursore” che deve precedere l’arrivo del Messia.

I vv. 4-5 presentano rispettivamente la figura del Battista, il cui abbigliamento e la cui dieta corrispondono a quella dei profeti, e l’enorme ripercussione tra il popolo della sua predicazione che suscitava il pentimento dei peccati, significato esteriormente dall’immersione nell’acqua del Giordano.

I vv. 7-10 espongono la predicazione del Battista volta alla conversione dei cuori, che si caratterizza per la veemenza del dire, volta ad annullare ogni presunzione e per l’annunzio minaccioso dell’ira di Dio che incombe su ogni essere umano a causa del peccato. All’ira di Dio si sfugge con la conversione del cuore e con una condotta di vita contrassegnata da comportamenti paragonati ai buoni frutti di un albero.

I vv. 11-12 riguardano la predicazione del Messia che viene e di cui il Battista riconosce la precedente superiorità e l’irresistibile forza capace di immergere il popolo nello «Spirito Santo e nel fuoco» ossia di compiere la piena e definitiva “purificazione” degli spiriti, cosa che l’acqua non è certo in grado di fare.

Il Messia che viene, infine, è il giudice supremo, che compie il giudizio come separazione tra i buoni raffigurati nel frumento e i cattivi nella pagliaI primi sono destinati alla salvezza eterna (= granaio), i secondi alla rovina eterna significata nel fuoco inestinguibile.

 


Commento liturgico-pastorale

 

In questa seconda domenica di Avvento viene posta al centro dell’annunzio evangelico e della preghiera della Chiesa la parola di esordio del ministero profetico proprio del Precursore del Signore: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

L’avvento del Signore segna dunque l’introduzione nel mondo del Regno dei cieli. È questo l’annunzio formidabile che deve risuonare dalla comunità del Signore in tutti gli ambienti di vita in questi giorni di preparazione al Natale e così formulato nel canto Dopo il Vangelo: «Sta  per venire il tempo del Salvatore, e i suoi giorni non tarderanno. Ecco: il Signore avrà misericordia, disperderà le tenebre con la sua luce». Il Bambino che ci è donato nella notte di Betlemme porta dunque in questo nostro mondo il Regno. Anzi lui stesso è il Regno dei cieli piantato come germoglio di speranza e di vita in questa nostra terra dalla sapiente «bontà misericordiosa del nostro Dio». Nel Regno che viene in Cristo occorre vedere anzitutto un chiaro segno di fiducia, di speranza e di consolazione che Dio vuole dare a tutti gli uomini che sono suoi.

Nella pagina profetica di Isaia abbiamo sentito come egli prepara per il suo popolo schiavo in Babilonia un ritorno glorioso nella loro terra, nella città di Gerusalemme e una «felicità perenne sul loro capo» (Lettura: Isaia, 51,11). Per questo egli è disposto a rinnovare i prodigi meravigliosi dell’Esodo al fine di far sperimentare al suo popolo la sua «salvezza di generazione in generazione» (v. 8). Sappiamo che in queste parole profetiche si fa già strada una dimensione sopra-nazionale della salvezza che a partire da Israele deve interessare l’intera umanità e più volte ribadita nel ritornello al Salmo: «Il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra». Nel suo avvento Gesù ha infatti realizzato l’oracolo profetico riguardante la vittoria sul “drago” trafitto da Dio (v. 9c) liberando così il mondo intero dal suo tenebroso potere e dall’insidia del male.

È dunque questo il messaggio di cui ha bisogno anche l’umanità del nostro tempo, che non è certo esclusa dalla salvezza posta da Dio nel Cristo suo Figlio. Questa umanità del nostro tempo così provata, percorsa e sottomessa da vangeli mortiferi, questa umanità sbandata, smarrita deve sentire risuonare dai figli della Chiesa la parola divina fatta carne in Cristo: «Io, Io sono il vostro consolatore» (v. 12a).

Ci spinge la parola apostolica e l’esempio di Paolo, convinto di dover annunciare alle “genti”, e soprattutto là dove ancora nessuno è arrivato, il Vangelo di Dio perché «le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo» (Epistola: Romani 15,16).

La nostra partecipazione all’Eucaristia, mentre ci dona di sperimentare attiva la salvezza che è Cristo Signore, venuto nel mondo nell’umiltà della natura umana, morto e risorto, e ci offre la grazia di essere noi stessi, uniti a lui, trasformati in un’offerta gradita a Dio, ci fa capire che noi siamo il segno riconoscibile delle cose grandi che Dio, nel suo Figlio, primizia del Regno, vuole compiere nel mondo intero affidando a tutti noi «il sacro ministero di annunciare» questa bella e buona notizia.

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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