21 Novembre 2010 - II Domenica di Avvento


1. I figli del Regno

La seconda domenica di Avvento vuole proclamare il carattere universale della salvezza ovvero: tutti gli uomini sono chiamati, nel Figlio di Dio venuto nel mondo, a diventare “figli del Regno”. Vengono perciò oggi letti i seguenti brani biblici: Lettura: Baruc 4,36-5,9; Salmo 99; Epistola: Romani 15,1-13; Vangelo: Luca 3,1-18. Il Vangelo della risurrezione da leggere nella Messa vigiliare del sabato è preso da Luca 24,1-8.    


2. Vangelo secondo Luca 3,1-18
     

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:    
«Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri! / 5Ogni burrone sarà riempito, / ogni monte e ogni colle sarà abbassato; / le vie tortuose diverranno dritte / e quelle impervie, spianate.  / 6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».    
7Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli di Abramo. 9Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».    
10Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».    
15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». 18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
   


3. Commento liturgico-pastorale
     

Il brano evangelico odierno segue immediatamente i primi due capitoli del racconto di Luca altrimenti detti il Vangelo dell’infanzia del Signore. Il brano può essere così suddiviso: vv 1-6 narrano la chiamata di Giovanni come precursore del Messia; i vv 7-14 riportano il ruolo essenziale della sua predicazione, mentre i vv 15-18 tratteggiano la figura del Messia che sta per venire con i tratti di colui che viene per il “giudizio”.

    Al cuore del messaggio di questa II domenica di Avvento è posta la manifestazione del mirabile disegno divino che nel suo Figlio, inviato in questo mondo come vero uomo, chiama tutte le genti della terra ad accogliere la salvezza che consiste nella trasformazione di tutti gli uomini in autentici figli di Dio, candidati a entrare nel suo Regno. Si tratta di  una grandiosa prospettiva che dice il senso nascosto dell’incarnazione e della venuta nel mondo del Figlio di Dio e che il canto “All’ingresso” liricamente così esprime: «Il suo frutto si innalzerà come il cedro del Libano. Il Signore sarà benedetto per sempre, davanti al sole ascenderà il suo nome; in lui saranno benedette tutte le genti della terra».

    Tale prospettiva cozza contro la mentalità mondana deformata dal peccato e, perciò, votata alla divisione, alla contrapposizione tra gli uomini. A essa L’Apostolo reagisce predicando l’accoglienza e la reciproca carità «perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Epistola: Romani 15,6).

    Anche la parola profetica parla di un ritorno e di un raduno di tutti i figli d’Israele nella città di Gerusalemme che Dio vuole fare brillare di splendore davanti «a ogni creatura sotto il cielo» come luogo, cioè, di attrazione per tutte le genti e dove si manifesta la «pace di giustizia» e la «gloria di pietà» (Lettura: Baruc 5,4) di Dio per tutti.

    Gerusalemme, in questo caso, diventa un annunzio profetico della Città celeste, del Regno “della misericordia e della giustizia” (Baruc 5,9) che è storicamente apparso in questo mondo in Gesù e che è destinato a rivelarsi in pienezza e definitivamente nella “parusia”, nel ritorno glorioso del Signore alla fine dei tempi come ci ricordava la prima domenica di Avvento.

    Di qui l’appello rivolto indistintamente a tutti a entrare nel Regno assumendo, mediante la conversione del cuore e l’immersione battesimale nel fuoco trasformante dello Spirito Santo (Luca 3,16), la nuova condizione di “figli” in tutto simili all’unico Figlio di Dio che è il Signore Gesù, nato a Betlemme da Maria, morto sulla croce, risorto per donare il suo Spirito.

    Il Battista aveva già indicato percorsi concreti di conversione di cui tutti siamo bisognosi così come lo erano le “folle”, i “pubblicani” e i “soldati” che accorrevano a lui (cfr. Luca 3,10-14). Si tratta, a ben guardare, di un concreto cambiamento di vita essenzialmente nei riguardi del nostro prossimo.

    Ci viene chiesto dal Precursore un atteggiamento di condivisione, di rettitudine, di rispetto che prelude a quella che Paolo chiama “accoglienza”, ovvero disponibilità nei confronti dell’altro, chiunque esso sia, sull’esempio di Cristo che «accolse anche voi per la gloria di Dio» (Romani 15,7).

    In tale capacità di “accoglienza” che in realtà è un dono divino (cfr. Romani 15,5) si rende a tutti evidente la concretezza del progetto divino di chiamare tutte le genti, nel suo Figlio, a fare parte come “figli” del suo Regno.

    “Accoglienza” e anelito incessante al Regno sono doni ricevuti alla mensa eucaristica imbandita dall’amore del Signore. Così, infatti, preghiamo nell’orazione “Dopo la Comunione”: «La forza ricevuta nei tuoi misteri, o Dio onnipotente, ci aiuti a vincere il nostro egoismo e ci confermi nel desiderio del tuo regno».

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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