È caratterizzata, nella nostra tradizione liturgica ambrosiana, per la proclamazione evangelica del miracolo della moltiplicazione dei pani inteso come segno epifanico del mistero di Cristo.
Il Lezionario
Prevede: Lettura: Numeri 11,4-7.16a.18-20.31-32a; Salmo 104 (105); Epistola: 1 Corinzi 10,1-11b; Vangelo: Matteo 14,13b-21. Il brano di Marco 16,1-8a viene proclamato nella messa vigiliare del sabato come Vangelo della Risurrezione.
Lettura del libro dei Numeri (11,4-7.16a.18-20.31-32a)
In quei giorni. 4La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? 5Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. 6Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». 7La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. 16aIl Signore disse a Mosè: 18«Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. 19Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, 20ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?». 31Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro, intorno all’accampamento, e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. 32aIl popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie.
Il brano si riferisce al dono della manna (Esodo 16,2-31) che ogni notte cadeva sull’accampamento del popolo di Israele in marcia nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto e l’alleanza al Sinai. I vv. 4-7 riportano le lamentele del popolo che brama di avere carne da mangiare al punto da rimpiangere la precedente condizione di schiavitù in terra egiziana.
Nei vv. 18-20 si ode il rammarico di Dio nei riguardi del suo popolo che lo ha respinto e al quale, comunque, promette che mangerà la carne tanto desiderata. I vv. 31-32a infatti descrivono il prodigio dell’arrivo sull’accampamento di un numero incalcolabile di quaglie che il popolo si affrettò a raccogliere con ingordigia «tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo», come se diffidasse della prodigalità di Dio più volte sperimentata.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (10,1-11b)
1Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, 2tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, 3tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, 4tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. 5Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. 6Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. 7Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. 8Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. 9Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. 10Non mormorate, come mormorano alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. 11Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento.
Nei primi quattro versetti l’Apostolo evoca i prodigi operati da Dio in favore del suo popolo liberato dalla schiavitù d’Egitto: la nube che li accompagnava nella loro marcia nel deserto (Esodo 13,21; 14,24) era il segno della sua presenza protettrice; il passaggio del Mar Rosso (Esodo capitoli 14 e 15); il cibo miracoloso donato da Dio: manna e quaglie (Esodo 16) così come l’acqua dalla roccia (Esodo 17 e Numeri 20) identificata dall’Apostolo nella persona di Cristo.
Il v. 5 mostra come purtroppo il popolo, pur in presenza di prodigi così grandi, non si è mantenuto fedele a Dio meritando giusta punizione. Di qui l’esortazione dell’Apostolo a non cadere negli stessi errori del popolo d’Israele andando così incontro alla punizione divina (vv. 6-11b).
Lettura del Vangelo secondo Matteo (14,13b-21)
In quel tempo. 13bIl Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. 15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Il brano si apre al v. 13 con la partenza di Gesù, via lago, verso «un luogo deserto» dopo aver saputo dell’uccisione di Giovanni Battista da parte del re Erode Antipa (vv. 1-12) e dove le folle tuttavia lo raggiungono. Il v. 14 mette in luce la compassione di Gesù verso la gente che lo segue che si concretizza nella guarigione dei loro malati.
Il v. 15 avvia il racconto della prima moltiplicazione dei pani ricordata dall’evangelista Matteo (cfr. 15,32-38) con il dialogo tra i discepoli e Gesù che li invita a sfamare loro stessi la folla (v. 16) e si fa portare i cinque pani e i due pesci (vv. 17-18).
La loro moltiplicazione è scandita da alcuni gesti del Signore che ritroviamo nella preghiera eucaristica: prese i cinque pani e i due pesci; alzò gli occhi al cielo; recitò la benedizione; spezzò i pani e li diede ai suoi discepoli e questi alla folla.
Il racconto si conclude ai vv. 20-21 con la constatazione dell’eccezionale numero della gente sfamata e della sovrabbondanza del gesto di Gesù: «Tutti mangiarono a sazietà»; con i pezzi avanzati vengono riempite «dodici ceste piene», numero, questo, dell’abbondanza, della completezza e della definitività del dono divino.
Commento liturgico-pastorale
La tradizione orante della nostra Chiesa ambrosiana ai “segni” epifanici di Cristo quali la rivelazione ai Magi, il Battesimo al Giordano, l’acqua mutata in vino alle nozze di Cana, aggiunge in modo originale quello della moltiplicazione dei pani. A questi doni sublimi allude il Prefazio quando rivolgendosi a Dio afferma: «Nessun momento mai trascorre senza i doni del tuo amore, ma in questi giorni, dopo che abbiamo rivissuto la venuta tra noi del Signore Gesù e tutti i prodigi della redenzione, si fa più chiara e viva la coscienza delle passate gioie e dei beni presenti».
Quello della moltiplicazione dei pani è un evento cristianamente interpretato come compimento del prodigio della manna fatta piovere da Dio sul suo popolo in marcia nel deserto (vedi Lettura) e ben noto all’Apostolo Paolo che lo cita tra gli eventi dell’Esodo nell’Epistola oggi proclamata. Se nel deserto, attraverso la mediazione di Mosè, Dio viene incontro alle lamentele del suo popolo donando con la manna anche le quaglie, ora è il suo Figlio che si rivela dotato degli stessi poteri di Dio e attento alle necessità anche terrene di quanti lo seguono.
Il testo evangelico parla espressamente dell’intima compassione avvertita da Gesù per la gente che lo cerca e viene loro incontro con la guarigione dei malati e soprattutto con il dono di un cibo prodigioso da lui procurato a partire dai cinque pani e i due pesci recuperati dai discepoli. Ben si addicono perciò a lui le parole riservate a Dio: «Misericordioso e pietoso è il Signore. Egli dà il cibo a chi lo teme, si ricorda sempre la sua alleanza» (Canto Al Vangelo).
Se il gesto compiuto da Gesù si riallaccia agli eventi dell’Esodo, questi risultano ora nettamente superati in quanto il cibo da lui distribuito, a ben guardare, rimanda a un cibo non materiale che egli darà e che noi sappiamo essere il suo Corpo e il suo Sangue, nutrimento di vita eterna.
A tale interpretazione eucaristica ci spingono infatti i gesti di Gesù sottolineati con i verbi: prese i pani; alzò gli occhi al cielo; recitò la benedizione; spezzò i pani e li diede ai discepoli. Sono i gesti e i verbi che accompagnano il momento culminante di quella Cena, l’ultima, nella quale il Signore, prima di consegnarsi alla morte, per tutti noi donò se stesso come cibo e bevanda di salvezza nei segni del pane e del vino.
Con la moltiplicazione dei pani e dei pesci Gesù si rivela pertanto pari del Dio dell’Esodo, il capo e la guida non di un popolo soltanto ma dell’intera umanità. Per amore o compassione di essa, infatti, è venuto a noi dal Padre, si è chinato premuroso a guarire le ferite dell’uomo con la predicazione del Vangelo e ha donato un cibo capace di sostenerlo nel cammino attraverso il deserto di questa vita terrena sino alla vita eterna ovvero alla comunione con lui e con il Padre. Un cibo che egli continua a donare con sovrabbondanza nella sua Parola e nei santo misteri che la sua Chiesa non cessa di annunziare e celebrare.
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