23 dicembre 2012


Domenica dell’Incarnazione o della divina Maternità 

Nella sesta e ultima domenica di Avvento la tradizione liturgica della Chiesa Ambrosiana celebra la solennità dell’Incarnazione del Signore nel seno della Vergine Maria, acclamata, perciò, come Madre di Dio.

 

Il Lezionario

 

Propone, ogni anno, i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 62,10-63,3b; Salmo: 71 (72); Epistola: Filippesi 4,4-9; Vangelo: Luca 1,26-38a. Nella Messa vigiliare del sabato si legge Giovanni 20,11-18 quale Vangelo della Risurrezione. (Le orazioni e i canti della Messa sono quelli propri della Solennità del Messale Ambrosiano).

 

Lettura del profeta Isaia (62,10-63,3b)

 

In quei giorni. Isaia disse: 10«Passate, passate per le porte, / sgombrate la via al popolo, / spianate, spianate la strada, / liberatela dalle pietre, / innalzate un vessillo per i popoli».

11Ecco ciò che il Signore fa sentire / all’estremità della terra: / «Dite alla figlia di Sion: / “Ecco, arriva il tuo salvatore; / ecco, egli ha con sé il premio / e la sua ricompensa lo precede”. / 12Li chiameranno “Popolo santo”, / “Redenti del Signore”. / E tu sarai chiamata Ricercata, / “Città non abbandonata”».

1«Chi è costui che viene da Edom, / da Bosra con le vesti tinte di rosso, / splendido nella sua veste, / che avanza nella pienezza della sua forza?». / «Sono io, che parlo con giustizia, / e sono grande nel salvare». / 2«Perché rossa è la tua veste / e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». / 3«Nel tino ho pigiato da solo / e del mio popolo nessuno era con me».

 

I vv. 10-12 del capitolo 62 celebrano la città di Sion (= Gerusalemme) ritornata fedele al suo Signore e, perciò, divenuta polo di attrazione (= vessillo) per i popoli (v. 10). A essa il Profeta annuncia la venuta del salvatore per la redenzione del popolo e per darle un nome nuovo (cfr. Isaia 62,2) che esprima la sua nuova condizione di città amata da Dio. Seguono, a questi, i primi tre versetti che introducono anzitutto il misterioso personaggio «che viene da Edom», «con le vesti tinte di rosso» (v. 1), dotato di una forza irresistibile e che, in realtà, si rivela essere Dio stesso che rivendica di aver “da solo” schiacciato i nemici del suo popolo, simbolicamente racchiusi nel popolo di Edom (vv.2-3).

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (4,4-9)

 

Fratelli, 4siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. 5La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! 6Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. 7E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

8In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. 9Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

 

Il brano è preso dal capitolo conclusivo della lettera, dove l’Apostolo rivolge ai fedeli di Filippi le ultime esortazioni insieme ai suoi ringraziamenti. Il v. 4 presenta ancora una volta l’invito alla gioia che è una nota tipica dell’esistenza del credente. Seguono alcune esortazioni rette dall’affermazione «Il Signore è vicino», che induce a essere amabili con tutti (v. 5), a confidare in Dio nelle angustie della vita (v. 6) e a vivere nella pace (v. 7). I vv. 8-9, a detta degli esperti, rappresentano il “manifesto dell’umanesimo cristiano”, che si apre ad accogliere tutto ciò che di buono, giusto, puro... viene anche dal mondo.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca (1,26-38a)

 

In quel tempo. 26L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

 

Il brano evangelico va letto alla luce dei racconti vetero-testamentari di annunciazione, di concepimenti e di nascite del tutto singolari come, ad esempio, quella di Sansone (Giudici 13,1-7) e, in parallelo, con l’annuncio a Zaccaria, padre del Battista (Luca 1,5-25). Nei versetti iniziali (26-27) l’evangelista, mentre ambienta il suo racconto a livello temporale e spaziale, è particolarmente interessato a mettere in evidenza la condizione di Maria a cui è inviato Gabriele: «una vergine», quasi a voler preparare  l’annunzio della sua singolare maternità fatta risalire direttamente all’intervento di Dio. I vv. 28-33 riportano il contenuto dell’annuncio. Maria viene salutata come «piena di grazia» (v. 28), a indicare il favore divino del tutto sorprendente e gratuito che guarda proprio a lei, una donna, una vergine non appartenente certo alle classi sociali più elevate. Il v. 29 registra il turbamento, anzi, il forte spavento avvertito inizialmente da Maria e che viene fugato dalle successive parole dell’angelo, finalmente rivelatrici dei disegni divini su di lei (vv. 30-33.35-37). Esse parlano della sua imminente maternità, quella di un figlio che dovrà essere chiamato Gesù (= Dio salva): nome indicativo della sua missione nel mondo quale «figlio dell’Altissimo» ed erede del trono di Davide secondo l’antica promessa: «Io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno... io renderò stabile il trono del suo regno per sempre» (2Samuele 7,12-13). Il v. 34 registra un secondo intervento di Maria riguardante la sua condizione di vergine, al quale fa seguito la nuova risposta dell’angelo (vv. 35-37), che rivela come l’annunciata maternità non sarà ascrivibile a un intervento umano, ma soltanto all’intervento divino mediante l’azione dello Spirito Santo. Le successive parole angeliche (v. 35b) segnano il culmine della rivelazione riguardante il figlio concepito dalla Vergine: non solo «figlio dell’Altissimo», non solo «figlio di Davide» e, dunque il re, il Messia, ma: «Sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» in senso proprio ed esclusivo. Gesù, dunque, è il Figlio di Dio ed è il figlio di Maria, la vergine. Ciò è possibile solo a Dio per il quale «nulla è impossibile» come, ad esempio, rendere madre Elisabetta, una parente di Maria che, nella sua vecchiaia, ha concepito anch’essa un figlio (v. 36). Il racconto si conclude al v. 38 con il “sì” di Maria che la pone nel numero dei “servi del Signore”, vale a dire di coloro che si consegnano con decisione fedele e irrevocabile alla volontà di Dio.

 

Commento liturgico-pastorale

 

La tradizione liturgica della nostra Chiesa Ambrosiana dedica l’ultima domenica dell’Avvento alla celebrazione dell’Incarnazione del Signore nel seno della Vergine Maria.

Si vuole, in tal modo, condurre i fedeli a riconoscere, nel Bambino di Betlemme, il «Figlio dell’Altissimo», generato, come vero uomo, nel seno della Vergine, per opera dello Spirito Santo (cfr. Vangelo: Luca 1,31-35). La presente domenica, perciò, vuole aprire i nostri cuori alla grandezza e alla stupenda bellezza dei disegni di Dio che tutti ci riguardano e che comportano la venuta salvifica nel mondo del suo Figlio Unigenito che noi, con fede integra, confessiamo «vero Dio e vero Uomo».

Il canto Alla Comunione esprime liricamente il contenuto della nostra fede: «O scambio di doni mirabile! Il Creatore del genere umano, nascendo dalla Vergine intatta per opera di Spirito Santo, riceve una carne mortale e ci elargisce una vita divina».

In realtà i testi biblici e le preghiere del Messale non indugiano più di tanto nell’indagare il mistero insondabile, qual è l’Incarnazione del Verbo di Dio. Esso esige infatti di risalire e di penetrare nella vita trinitaria di Dio e reclama, in chi ascolta, la consegna libera e intelligente, sull’esempio della Vergine Santa, al volere divino al quale «nulla è impossibile» (cfr. vv. 37-38).

L’attenzione, pertanto, è rivolta maggiormente alla dimensione salvifica di tale mistero, considerato anzitutto come l’avverarsi delle promesse di Dio a Davide in ordine al ristabilimento del suo trono e del suo regno (vv. 32-33) e al riscatto del suo popolo così annunziato: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore» (Lettura: Isaia 62,11). Riscatto che trasforma un popolo umiliato e oppresso in «Popolo santo», un popolo di «Redenti del Signore» (v. 12).

Con ciò, a partire dal riscatto di Israele, si comprende come nell’Incarnazione del Figlio che assume in sé l’umanità intera, Dio in realtà dispone il riscatto e la redenzione dell’intera famiglia umana per farne il suo “Popolo santo”. È quanto viene profeticamente annunziato nella Lettura, dove si parla di un personaggio misterioso: «che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza» (Isaia 63,1) e nel quale riconosciamo il Signore Gesù che, con la sua Incarnazione, avvia quell’opera di salvezza e di liberazione dell’uomo che porterà a compimento nella sua Pasqua di morte e di risurrezione.

Dal mistero del Verbo Incarnato lo sguardo di fede e di stupore può ora rivolgersi al mistero della Vergine Madre che l’angelo saluta come «piena di grazia» e ricolma della presenza dello Spirito Santo (Luca 1,28.30.35) e così cantata All’Ingresso: «Elisabetta dice a Maria; “Perché a me sei venuta, Madre del mio Signore? Se l’avessi saputo, sarei uscita a te incontro. Tu porti in grembo il Re dell’universo, io solamente un profeta; tu colui che dà la legge, io colui che la osserva; tu la Parola che salva, io la voce che ne proclama l’avvento».

Il primo dei due Prefazi proposti per l’odierna solennità, cogliendo il senso pieno della pagina evangelica oggi proclamata, esprime così il mistero della Vergine-Madre Maria: «Accogliendo con fede illibata l’annunzio dell’angelo, concepì il tuo Verbo, rivestendolo di carne mortale; nell’esiguità del suo grembo racchiuse il Signore dei cieli e il Salvatore del mondo e per noi lo diede alla luce, serbando intatta l’integrità verginale».

Tutte le preghiere e i canti della Messa, in realtà, testimoniano la fede stupiuta e ammirata della Chiesa di fronte al mistero di questa «serva del Signore» (Luca 1,38) che la benevolenza e la potenza divina, non senza il suo sì, ha reso capace di ridonare «il Dio vivo onde il genere umano sorge libero dall’antica oppressione» (Prefazio II).

Possiamo a ragione affermare che da questa donna «comincia l’opera di salvezza» (Prefazio II) che il suo Figlio ha portato a termine nell’ora della Croce.

Tutto ciò fonda e stabilisce nella Chiesa, e in tutti noi, quella “gioia” del tutto diversa da quella effimera di questo mondo, perchè frutto della “ricchezza” ridonataci dal Figlio di Maria. A ragione, perciò, l’Apostolo ci esorta: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Epistola: Filippesi 4,4).

Una gioia e una letizia che, nel raduno eucaristico, ci viene data per Maria dalla cui «fecondità è germinato colui che ci sazia con angelico pane» (Prefazio II).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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