NATALE DEL SIGNORE
La solennità del Natale ha inizio con la Liturgia vigiliare vespertina, ovvero con la Messa della Vigilia, nelle ore pomeridiane e serali del 24 dicembre. Con quella celebrazione prende avvio anche il Tempo liturgico di Natale, che si conclude la sera della domenica del Battesimo del Signore. Nella tradizione liturgica ambrosiana la solennità natalizia, prevede, come è stato appena ricordato, la celebrazione della Messa della Vigilia da collocare, possibilmente, nel contesto della Liturgia vigiliare vespertina, strutturata sul modello della veglia pasquale, a partire da un prolungato ascolto delle Divine Scritture così distribuite: Letture: Genesi 15,1-7; 1 Samuele 1,7c-17; Isaia 7,10-16; Giudici 13,2-9a; Epistola: Ebrei 10-37-39; Vangelo: Matteo 1,18-25. A essa si devono aggiungere le tre celebrazioni con formulari completi di lezioni bibliche e testi eucologici, denominate rispettivamente: “nella notte” (Lettura: Isaia 2,1-15; Epistola: Galati 4,4-6; Vangelo: Luca 2,15-20); “all’aurora” (Lettura: Isaia 52,7-9; Epistola: 1Corinzi 9,19b-22a; Vangelo: Luca 2,15-20) e “nel giorno”, che nella nostra tradizione liturgica è la celebrazione caratterizzata da una maggiore solennità e della quale, qui di seguito, proponiamo un commento ai testi biblici ed eucologici in essa proclamati.
Il Lezionario della Messa “nel giorno”
Propone i seguenti brani biblici: Lettura: Isaia 8,23b-9,6a; Epistola: Ebrei 1,1-8a; Vangelo: Luca 2,1-14.
Lettura del profeta Isaia (8,23b-9,6a)
23bIn passato il Signore Dio umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. 1Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando di miete e come si esulta quando si divide la preda. 3Perchè tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. 4Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. 5Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. 6Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Il brano profetico è inserito nella sezione denominata “Il libro dell’Emmanuele”, di cui occupa i capitoli 6-12. In particolare il v. 23 parla di un futuro glorioso capace di riscattare le regioni del nord della Palestina (Zàbulon e Nèftali) da un’esperienza di oppressione e di umiliazione. Segue, con il capitolo 9, un oracolo con il quale tale riscatto è annunziato con l’apparizione di una grande luce che provoca gioia ed esultanza nel popolo (v. 2). Si tratta, in realtà, dell’intervento liberatore di Dio per porre fine all’oppressione che grava sul popolo (v. 3) e soprattutto alla violenza della guerra (v. 4). I vv. 5-6 proclamano, con accenti solenni, la nascita di un bambino al quale sarà dato ogni potere insieme al trono e al regno di Davide destinato, con lui, a durare per sempre.
Lettera agli Ebrei (1,1-8a)
Fratelli, 1Dio che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, 2ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. 3Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, 4divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. 5Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? E ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? 6Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio». 7Mentre degli angeli dice: «Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco», 8al Figlio invece dice: «Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli».
Il brano riporta, quasi per intero, il prologo della lettera e si apre con la solenne affermazione dei vv. 1-2 riguardante il fatto che Dio, dal momento della venuta nel mondo del suo Figlio, “parla”, ovvero, si rivela agli uomini per mezzo di lui. Il v. 3 contiene la solenne dichiarazione circa l’identità divina del Figlio: «Irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza», e dice, in sintesi, l’opera salvifica da lui compiuta a favore degli uomini e che si conclude con la sua intronizzazione «alla destra della Maestà nell’alto dei cieli». I vv. 5-8, infine, attraverso continui ricorsi a citazioni scritturistiche veterotestamentarie (Salmo 2,7; 2Samuele 7,14a; 1Cronache 17,13a; Deuteronomio 32,43b; Salmo 96,7; Salmo 103,4), evidenziano, rispetto agli angeli, l’unicità del Cristo che è il Figlio, il Primogenito. A Lui il Padre consegna il trono «nei secoli dei secoli» ovvero la sovranità sugli angeli e su ogni creatura.
Lettura del Vangelo secondo Luca (2,1-14)
1In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme; egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 8 C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore ai presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama».
Nei vv.1-3 l’evangelista offre alcune coordinate storico-geografiche nelle quali colloca il racconto della natività del Signore. Il censimento deciso dall’imperatore romano obbliga Giuseppe a recarsi con Maria sua sposa a Betlemme, la città che ha dato i natali a Davide dal quale egli discende. In tal modo la nascita del Signore è collocata nell’alveo delle promesse fatte da Dio a Davide e alla sua “casa” (vv. 4-5) e delle quali è compimento. Il racconto vero e proprio della nascita del Signore, in verità assai stringato, occupa i vv. 6-7 e ne sottolinea l’estrema povertà. I vv. 8-12 riportano l’apparizione nella notte dell’angelo del Signore ai pastori, ai quali viene dato per primi l’annuncio del vangelo, vale a dire della buona e lieta notizia riguardante la nascita di un bambino (cfr. Lettura: Isaia 9,5-6), qualificato come Salvatore, Cristo, cioè Messia, e Signore. Il racconto si conclude ai vv. 13-14 con l’apparizione ai pastori di una «moltitudine dell’esercito celeste» che proclamano la glorificazione di Dio e la pace per gli uomini (cfr. Zaccaria 1,79) oggetto della benevolenza divina visibile e tangibile proprio nella natività del suo Unico Figlio.
Commento liturgico-pastorale
La natività del Signore è, per noi credenti, anzitutto un mistero, ovvero un evento della storia della salvezza che procede dal disegno divino gradualmente rivelato nelle Scritture. Tale disegno, che un tempo veniva attuato nelle gesta mirabili di Dio a favore del suo popolo Israele (cfr. Lettura: Isaia 9,3), trova il suo compimento nel «bambino nato per noi», nel figlio che «ci è stato dato» (cfr. v. 5), ossia in Gesù, nato a Betlemme dalla Vergine Maria e da lei, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia (Vangelo: Luca 2,7). Egli, pertanto, stando alle parole che un angelo del Signore rivolge ai pastori, gli ultimi nella considerazione sociale del tempo, è il Salvatore, il Messia atteso e invocato e il Signore (v.11), ossia Dio, essendo egli «irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Epistola: Ebrei 1,3).
Proprio perché Figlio, egli ha sulle «sue spalle il potere» (Isaia 9,5), quello di spezzare finalmente il giogo, la sbarra e il bastone che grava su ogni uomo (cfr. v.3). È il giogo oppressivo del potere del male che trascina l’umanità sulle sue vie perverse, lontano da Dio e, perciò, votata alla rovina eterna.
Il «bambino che ci è nato», dunque, viene per vincere il sanguinario aguzzino dell’uomo e per compiere, nel suo sangue, «la purificazione dei peccati» (Ebrei 1,3b), riconciliando in tal modo in sé l’umanità intera con Dio, il Padre.
La preghiera liturgica, a partire dai testi della Scrittura nei quali ode la voce stessa del Figlio, parola vivente di Dio, ne amplia e ne approfondisce il senso più profondo. Nella preghiera Dopo la Comunione domandiamo a Dio di poter intuire con fede più penetrante la «bellezza salvifica» del mistero della natività del Signore «e di possederne la grazia con amore più vivo».
Sono proprio i testi del Messale, capaci di cogliere in maniera insuperabile il contenuto dei brani biblici oggi proclamati e a trasformarli in preghiera, a darci l’opportunità di intuire con l’intelligenza della fede il mistero salvifico oggi celebrato.
Dal momento della sua Incarnazione nel seno della Vergine, il Figlio di Dio accetta, infatti, di condividere con noi la condizione di uomo permettendo in tal modo all’uomo di diventare «partecipe della vita divina» (Orazione A Conclusione della Liturgia della Parola).
Tutto ciò va sperimentato «con amore più vivo» proprio a partire dall’esperienza liturgica del mistero. In essa, infatti, accostandoci al pane e al vino eucaristici, diveniamo sempre più «partecipi della vita divina» in Cristo, più conformi a lui nella relazione filiale con il Padre e, dunque, suoi familiari e «degni dell’eredità promessa» (cfr.Orazione All’Inizio Dell’Assemblea Liturgica).
Che cosa comporti tutto ciò nella vita concreta di ogni uomo è facile intuirlo. Il Natale è anzitutto fondamento della dignità dell’uomo, della sua sacralità e inviolabilità. Questo perché il Verbo divenendo “carne”, «ha innalzato l’uomo accanto a sé nella gloria» (Orazione Sui Doni). Il Natale, di conseguenza, è fondamento del nostro indistruttibile legame con il Figlio di Dio fatto uomo. Lui e noi: una cosa sola!
A lui, attraverso la Vergine santa, abbiamo dato la nostra umanità, lui ci ha dato la sua divinità! Il Natale è fondamento perciò della nostra condizione di figli su cui si poggia e cresce la convinzione di poter prendere parte un giorno alla comunione di vita con il Padre, con Dio! Il Natale, inoltre, è fondamento della fraternità umana. Tutti figli nel Figlio e, perciò, tutti fratelli in Cristo Signore.
Esemplare nell’intuizione di fede del mistero e nel vivere la grazia che da esso proviene è la Vergine Maria che «credette alla parola dell’angelo e concepì il Verbo in cui aveva creduto» (Prefazio). A lei, la Madre, diciamo con l’esultanza del cuore: «Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei l’esultanza degli angeli, sei la Vergine madre, la gioia dei profeti! Tu, per l’annuncio dell’angelo, generasti la gioia del mondo, il tuo Creatore e Signore. Gioisci perché fosti degna di essere madre di Cristo» (Canto Alla Comunione).
Pubblicato il - Commenti (0)