25 marzo 2012 – V domenica di Quaresima

È la domenica “di Lazzaro” così detta a motivo della lettura evangelica che la caratterizza e che  nella risurrezione dell’ “amico” di Gesù, chiama tutti ad aderire con fede a lui, il Signore della Vita!

 

Il Lezionario

 

Prevede i seguenti brani biblici: Lettura: Deuteronomio 6,4a.20-25; Salmo 104 (105); Epistola: Efesini 5,15-20; Vangelo: Giovanni 11,1-53. La lettura vigiliare per la messa vespertina del sabato è  presa da Matteo 12,38-40.

 

Lettura del Deuteronomio (6,4a.20-25)

 

In quei giorni. Mosè disse: 4a«Ascolta, Israele: 20Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: “Che cosa significano queste istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore, nostro Dio, vi ha dato?”, 21tu risponderai a tuo figlio: “Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. 22Il Signore operò sotto i nostri occhi segni e prodigi grandi e terribili contro l’Egitto, contro il faraone e contro tutta la sua casa. 23Ci fece uscire di là per condurci nella terra che aveva giurato ai nostri padri di darci. 24Allora il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, temendo il Signore, nostro Dio, così da essere sempre felici ed essere conservati in vita, come appunto siamo oggi. 25La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore, nostro Dio, come ci ha ordinato”».

 

Il v. 20 si riallaccia alle prescrizioni e ai precetti dati da Dio al suo popolo (Deuteronomio 6,1-19) e che sono riassunti nel precetto dell’amore per lui che è l’“unico” (vv. 4-5a). Egli ha diritto di dare tali norme perché, come riferiscono i vv. 21-23 è Dio ad aver dato origine ad Israele come popolo facendolo uscire dall’Egitto, operando meraviglie, e donandogli una terra. I vv. 24-25 motivano perciò la felicità del popolo e la sua rettitudine nell’osservanza dei precetti divini.

 

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (5,15-20)

 

Fratelli, 15fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, 16facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. 17Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. 18E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, 19intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, 20rendendo continuamente grazie per cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

 

In questa parte della sua lettera l’Apostolo passa a dare concrete istruzioni ai fedeli di Efeso conformi alla loro fede in Cristo. Di qui l’esortazione a fare un buon uso del tempo cercando in esso di scorgere la volontà di Dio e ricercando il dono pieno dello Spirito (vv. 16-18) che guida e tiene unita la comunità nella preghiera e nel rendimento di grazie (vv. 19-20).

 

Vangelo secondo Giovanni 11,1-53

 

In quel tempo. 1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli:  «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!«». 16Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 I Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». 38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra.

39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore; è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra: Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero  in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

 

Il brano evangelico ampio e impegnativo può essere così suddiviso: i vv. 1-6 preparano il successivo racconto e ne presentano i personaggi; i vv. 7-16 riportano il dialogo tra Gesù e i discepoli incentrato sul suo ritorno in Giudea.

I vv. 17-32 collocano la scena presso il sepolcro di Lazzaro e riferiscono dell’incontro di Gesù con Marta e Maria sorelle del morto. I vv. 33-40a sono caratterizzati dalla profonda commozione e dal pianto del Signore davanti al sepolcro di Lazzaro suo amico.

Il racconto del miracolo vero e proprio occupa i vv. 40b-44 a cui fanno seguito i vv. 45-53 con la reazione dei testimoni dell’evento prodigioso e il raduno del Sinedrio per decidere di uccidere Gesù.

 

Commento liturgico-pastorale

 

Il miracolo della risurrezione di Lazzaro rappresenta il culmine del progressivo cammino di fede proposto dalla Quaresima a quanti si preparano a prendere parte, nei sacramenti, alla Pasqua del Signore e a tutti i fedeli invitati a riattivare il dono di grazia già ricevuto. Al testo evangelico, pertanto, va data una speciale attenzione a partire da ciò che il Signore afferma a proposito della malattia di Lazzaro considerata come occasione per la manifestazione della gloria di Dio, ovvero del suo disegno di salvezza che dovrà rivelarsi appieno nella glorificazione del Figlio (vv.1-6). Glorificazione che per l’evangelista coincide con l’“ora” della Croce!

Gesù perciò spiega ai suoi discepoli, refrattari ad andare con lui in Giudea dove aveva già rischiato di essere ucciso (cfr. Gv 8,59; 10,31), il senso di ciò che si appresta a fare recandosi da Lazzaro oramai morto (vv.7-16). Il “risveglio” di Lazzaro, infatti, manifesterà il disegno di Dio che si compirà anche nel suo Figlio crocifisso, e spronerà ancora una volta i discepoli a credere in lui e a seguirlo.

Nel successivo incontro con Marta, sorella di Lazzaro (vv. 20-27), che professa la fede nella risurrezione «nell’ultimo giorno» e nel Maestro capace di liberare dalla morte il fratello con la sola sua presenza Gesù risponde con la solenne autorivelazione: «Io sono la risurrezione e la vita» (v. 25). Essa riguarda la potenza personale di Gesù di riportare in vita i morti come “segno” del suo potere di liberare dalla morte eterna, ossia dalla dannazione, coloro che credono in lui!

La risposta di Marta è una vera e propria professione di fede nel Signore riconosciuto come il Messia, il Figlio di Dio che viene in questo mondo per portare in esso il regno di Dio. È la fede richiesta a tutti coloro che intendono seguire Gesù, diventare suoi discepoli e per mezzo del Battesimo rinascere «ad immagine della sua risurrezione» (Orazione Dopo La Comunione). È la fede  che il tempo quaresimale intende far recuperare e brillare in tutta la sua integrità nella Chiesa e in ogni singolo fedele.

L’incontro di Gesù con Maria, sopraffatta dalla tremenda realtà della morte, induce in Gesù stesso una triplice reazione così annotata: v. 33, si «commosse profondamente»; ne fu «molto turbato»; v. 35, «scoppiò in pianto». La commozione e il turbamento in Gesù dicono quanto egli avvertisse attorno a sé la terribile presenza della morte alla quale egli stesso dovrà presto andare incontro.

Le lacrime del Signore sono le lacrime di Dio davanti al potere devastante che la morte esercita sull’uomo uscito dalle sue mani, ma sono anche le lacrime di chi, come Gesù, “deve” lasciarsi avviluppare da quel potere perché si compia il disegno del Padre, quello che ora brilla nel miracolo del “risveglio” di Lazzaro che, addirittura, è morto già da quattro giorni ed è in decomposizione (v. 39).  Il gesto di alzare gli occhi (v. 41) verso l’alto mette in luce la continua comunione di vita e di amore con il Padre che sempre ascolta ed esaudisce il Figlio.

Egli, pertanto, con autorità divina grida a gran voce il nome del morto al quale ingiunge di lasciare il sepolcro e di uscire incontro a lui e ordina ai presenti di liberarlo dalle bende nelle quali, forse, va visto un’allusione alla morte che Lazzaro dovrà nuovamente affrontare. Gesù invece, come riferiscono i Vangeli, lascerà il sepolcro sciolto dalle bende in cui era stato avvolto per indicare la definitività della sua risurrezione che riguarderà anche tutti coloro che credono e perseverano nella fede in lui.

Il racconto si conclude con la reazione dei testimoni dell’accaduto (vv. 45-53). Una reazione duplice: alcuni «alla vista di ciò che egli aveva compiuto» credettero. Altri invece informarono dell’accaduto «i capi dei sacerdoti e i farisei» i quali in una apposita riunione ne decretano la morte (v. 53). Di tale riunione interessano particolarmente le parole di Caifa (v. 50) e il commento che di esse ne fa l’evangelista (51-52). Egli riconosce come “ispirate” le parole dette dal sommo sacerdote   che decreta la morte di Gesù per la salvezza della nazione, ossia di Israele.

In verità, quella morte, ha un’efficacia salvifica ben più ampia: riguarda infatti l’umanità intera  descritta come un gregge disperso e che Gesù dovrà «riunire insieme» portando così a compimento la missione per la quale il Padre lo ha inviato nel mondo.

Collocato nel contesto del cammino quaresimale verso la Pasqua il brano evangelico va letto anzitutto come un forte appello a credere nel Signore Gesù, il quale è venuto in questo mondo rivestito della stessa potenza salvifica dispiegata a suo tempo da Dio a favore del suo popolo, come testimonia la Lettura veterotestamentaria. In essa è conservata e trasmessa la professione di fede di Israele che si riconosce come popolo in quanto Dio lo ha costituito come tale operando «segni e prodigi grandi» (Deuteronomio 6,22).

Su questa fede Israele fonda l’osservanza fedele e obbediente delle norme impartite da Dio e che deve con maggior forza fondare l’osservanza della comunità cristiana (Epistola: Efesini 5,19-20) che sa di trarre origine da ciò che il Signore Gesù ha fatto per liberare i credenti dai lacci funerei del male che tiene in potere ogni uomo e lo degrada fino alla corruzione.

La preghiera liturgica evidenzia come tutto ciò si sia attuato in noi, a livello sacramentale, nell’acqua del Battesimo, dove «la grazia divina del Cristo libera noi tutti sepolti nella colpa del primo uomo, e ci rende alla vita e alla gioia senza fine» (Prefazio I). «Vita e gioia senza fine» indicano la condizione di risurrezione e di vita nuova e immortale nella quale già da ora vive il credente.

Condizione che va mantenuta nella partecipazione al sacramento eucaristico del Corpo e del Sangue del Signore «che ci è dato per liberarci dalla schiavitù della colpa» nella quale possiamo ricadere a motivo dell’umana fragilità. Domandiamo perciò senza sosta e con umile fede che il Signore, nei suoi divini misteri, «purifichi i nostri cuori e, a immagine della risurrezione, ci riscatti da ogni antica decadenza» (Orazione dopo la Comunione).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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