27 marzo 2011 – III domenica di Quaresima


1. La domenica “di Abramo”
     

E' così denominata perché nel brano evangelico viene presentato Abramo come padre e prototipo dei “credenti” in Cristo. Il Lezionario propone: Lettura: Esodo 34,1-10; Salmo 105; Epistola: Galati 3,6-14; Vangelo: Giovanni 8,31-59.  All’inizio della Messa vespertina del sabato viene letto: Luca 9,28b-36 quale Lettura vigiliare che, in Quaresima, sostituisce il Vangelo della risurrezione.  


2. Vangelo secondo Giovanni 8,31-59      

In quel tempo. Il Signore 31Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora:  «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio».    
48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono un indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei un indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “è nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno;  lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.    


3. Commento liturgico-pastorale      

Il brano evangelico è preso dal capitolo 8 che riporta l’insegnamento di Gesù nel tempio di Gerusalemme e destinato sostanzialmente a rivelare la sua più piena identità di Figlio di Dio, partecipe cioè della natura divina del Padre. Insegnamento che suscita la reazione dei Farisei ma anche un’iniziale adesione di fede da parte di “molti” che lo seguivano e lo ascoltavano. Occorre, inoltre, ricordare che tutto il capitolo è come contrassegnato dal continuo riferimento ad Abramo come “padre” del popolo d'Israele.

Il testo, per comodità di lettura, lo dividiamo in due sezioni. La prima vv. 31-45 è incentrata sulla necessità di “credere” e la seconda sezione (vv. 46-59) sulla necessità di credere alla persona di Gesù. In particolare i vv. 31-36 riportano le parole di Gesù «a quei Giudei che gli avevano creduto» almeno inizialmente e che ruotano attorno all’opposizione “libertà/schiavitù”, s’intende, del peccato. La “libertà” è garantita a coloro che “rimangono” nella Parola di Gesù.

I vv. 37-40 introducono il tema di Abramo come Padre del quale, però, quelli che con orgoglio si proclamano “figli”, non compiono le opere, vale a dire non si pongono in quella disponibilità di fede  propria di Abramo! Per questo essi non possono proclamarsi addirittura “figli” di Dio rifiutando di credere in colui che è “uscito” da Dio ed è stato da lui “inviato”, ma, con tale rifiuto, dimostrano, in verità, di essere figli del diavolo (vv. 41-45).     Nei vv. 46-50 si insiste sul fatto che Gesù “dice la verità”, reca cioè  con la sua Parola l’autentica e piena rivelazione di Dio al contrario dei suoi interlocutori che rifiutando la sua parola di “verità” preferiscono seguire la menzogna.

Di qui la solenne proclamazione del v. 51: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno», che costituisce un estremo appello rivolto da Gesù ai suoi interlocutori perché si aprano all’ascolto e all’osservanza fedele della sua parola che garantisce di sfuggire alla “morte”. Modello di un simile ascolto obbediente è Gesù che, essendo il Figlio, “conosce” Dio, accoglie e osserva la sua volontà (v. 55).

Il brano si chiude con la parola di autorivelazione che Gesù pronuncia a riguardo di sé stesso: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono». Con ciò il Signore afferma che Dio, che è l’Unico, può essere trovato e riconosciuto nel Figlio e, di conseguenza, è trovato e riconosciuto come Padre! A questa rivelazione “anelava” Abramo che, a motivo della sua fede, poté “vedere” e gioire del Figlio rivelatore di Dio Padre!

Il v. 59 registra infine la reazione violenta dei giudei che chiudendosi ostilmente al Figlio rivelatore del Padre, determinano il suo “nascondersi” ai loro occhi e la sua “uscita” dal tempio.

Tenendo conto del contesto liturgico quaresimale e, letto, simultaneamente con le altre lezioni bibliche oggi proclamate, il brano evangelico ha come fulcro la figura di Abramo che Gesù stesso presenta come prototipo e padre di tutti coloro che accolgono la sua Parola e, perciò, compiono anch’essi l’ “opera” propria di Abramo: la fede!

L’Epistola al riguardo afferma che «figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede» ed ereditano così quella “benedizione” con la quale fu “benedetto” da Dio (cfr. Galati, 3,7-9) e che fluisce su coloro che credono attraverso Cristo crocifisso.

È lui, infatti, che con la sua croce ci libera dalla “maledizione” dovuta all’incredulità e al peccato. Nell’ora della croce il Signore Gesù ha offerto sé stesso a Dio come intercessore a favore degli uomini sui quali, come già su Israele pur liberato dall’Egitto, grava l’“ira” di Dio (Lettura: Esodo 32,10). La sua intercessione, però, diversamente da quella di Mosè in favore del solo popolo d’Israele (Esodo 32,11-13) riguarda l’intera umanità che ieri, come oggi, purtroppo, non tarda “ad allontanarsi dalla via” indicata da Dio (Esodo 32,8).

La Quaresima, pertanto, chiede a tutti noi di riattivare il dono battesimale della “fede” che si poggia esclusivamente su ciò che il Signore Gesù ha compiuto, perché su tutti noi passasse la “benedizione di Abramo” e ricevessimo la promessa dello Spirito, che ci fa “figli” di Dio e ci raduna in quella «moltitudine di popoli, preannunziati al patriarca come sua discendenza» che noi chiamiamo Chiesa (Prefazio I).

Per questo veniamo esortati a fare le “opere” di Abramo che consistono in un reale “ascolto” della Parola, in una sua cordiale “accoglienza” capace di tradursi in una fedele “osservanza” e obbedienza. L’Eucaristia domenicale è il luogo privilegiato per una simile esperienza che, attende, però, di essere prolungata concretamente nella vita di ogni giorno.

È quanto umilmente e fiduciosamente  chiediamo: «O Dio,che per la forza dello Spirito Santo iscrivi indelebilmente nel cuore dei credenti la santità della tua legge, donaci di crescere nella fede, nella speranza e nell’amore perché, conformandoci sempre al tuo volere, ci sia dato di conseguire un giorno la terra della tua promessa» (All’inizio dell’Assemblea Liturgica 2).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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