29 gennaio 2012


29 Gennaio 2012 – Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe


Nel calendario liturgico ambrosiano la festa odierna è fissata all’ultima domenica di gennaio. Quest’anno tiene il posto della IV domenica dopo l’Epifania. Il Lezionario riporta le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Isaia 45,14-17; Salmo 83 (84); Epistola: Ebrei 2,11-17; Vangelo: Luca 2,41-52. Nella messa vigiliare del sabato viene letto Giovanni 20,11-18 come Vangelo della Risurrezione.


Lettura del profeta Isaia (45,14-17)

14Così dice il Signore: «Le ricchezze d’Egitto e le merci dell’Etiopia e i Sebei dall’alta statura passeranno a te, saranno tuoi; ti seguiranno in catene, si prostreranno davanti a te, ti diranno supplicanti: “Solo in te è Dio; non c’è n’è altri, non esisteranno altri dei”». 15Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore. 16Saranno confusi e svergognati quanti s’infuriano contro di lui; se ne andranno con vergogna quelli che fabbricano idoli. 17Israele sarà salvato dal Signore con salvezza eterna. Non sarete confusi né svergognati nei secoli, per sempre. Il brano fa parte del cosiddetto “libro delle consolazioni”, comprendente i capitoli dal 40 al 55, nei quali viene annunziato il ritorno in patria degli esiliati in Babilonia e la ricostruzione di Gerusalemme, che al v. 14 viene cantata come luogo dove dovranno convenire e radunarsi tutte le nazioni della terra che giungeranno a riconoscere che solo in essa vi è Dio! Di lui, però, il v. 15 confessa la trascendenza che non gli impedisce di intervenire concretamente nella storia per umiliare gli idolatri e salvare il suo popolo Israele (vv. 16-17).


Lettera agli Ebrei (2,11-17)

11Fratelli, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, 12dicendo: «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi»; 13e ancora: «Io metterò la mia fiducia in lui»; e inoltre: «Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato». 14Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, 15e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. 16Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. 17Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.

Il brano insiste sulla superiorità di Gesù Cristo, uomo-Dio, già sviluppata nel primo capitolo, nei precedenti vv. 1-10 e di cui si afferma la stretta comunione di lui, «che santifica» con coloro che «sono santificati» e che giustamente sono dichiarati «fratelli» (v. 11).

Fratellanza che viene sviluppata ai vv. 12-13 con il commento al salmo 22,23 e il riferimento a Isaia 8,17. Anche i vv. 14 e 15 insistono sulla stretta comunione con i santificati avendo egli assunto «il sangue e la carne» ossia la natura umana in tutta la sua portata in vista della liberazione dell’umanità soggetta al potere diabolico e al terrore della morte.


Lettura del Vangelo secondo Luca (2,41-52)

41In quel tempo i genitori del Signore Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo?Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua mare custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Il brano conclude i racconti lucani dell’infanzia di Gesù ed è ambientato nell’annuale viaggio che Maria e Giuseppe compivano a Gerusalemme per le feste di pasqua (v. 41) con la precisazione dell’età di Gesù, dodici anni, con la quale l’adolescente assumeva gli obblighi dell’adulto quanto all’osservanza della Legge (v. 42).

I vv. 43-45 riferiscono della volontaria permanenza di Gesù a Gerusalemme oltre i tre giorni della solennità pasquale, dell’angosciosa ricerca che di lui fanno Maria e Giuseppe, i quali decidono di ritornare a Gerusalemme. Il v. 46 parla del ritrovamento di Gesù che comincia a svolgere la sua missione di insegnare, qui addirittura ai maestri della Legge, suscitando, come precisa il v. 47, lo stupore e l’ammirazione di quanti erano testimoni di quella scena non certo usuale.

I vv. 48-49 riportano il dialogo di Gesù «con i suoi genitori», in realtà con Maria che gli manifesta tutta l’angoscia provata a causa della sua scomparsa provocando una risposta di non facile interpretazione. In essa, per la prima volta, Gesù afferma di avere Dio come Padre e di intrattenere con lui un rapporto che supera quello che lo lega alla sua famiglia terrena.

Di qui la non comprensione da parte di Maria e Giuseppe di quanto era accaduto e delle parole di Gesù (v. 50), quasi a sottolineare che anche per le persone più vicine egli resta come un enigma che si risolve nel progressivo cammino di fede in lui e nella sua parola. È quanto avviene in Maria che «custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (v. 51).

Il v. 51 ci dice ancora che Gesù dopo ciò fa ritorno a Nazaret e, come ogni bimbo di questo mondo, sta sottomesso ai suoi genitori e compie la sua formazione sotto ogni aspetto: «sapienza, età e grazia» (v. 52). Commento liturgico-pastorale Collocata nel tempo liturgico “Dopo l’Epifania”, la festività odierna illumina ulteriormente il mistero dell’incarnazione del Figlio unico di Dio evidenziandone la realtà e la concretezza. Egli infatti «venendo ad assumere la nostra condizione di uomini, volle far parte di una famiglia per esaltare la bellezza dell’ordine» creato all’inizio da Dio e «riportare la vita famigliare alla dignità alta e pura delle sue origini» (Prefazio).

Della famiglia di Gesù va messa in luce l’unicità e l’esemplarità rispetto alle nostre famiglie. L’unicità è data anzitutto dal fatto che Dio, in essa ha «collocato le arcane primizie della redenzione del mondo» (Prefazio). Essa infatti rientra nei piani divini che contemplano la venuta nel mondo del Figlio Unigenito come realizzatore delle promesse fatte a Davide di stabilire per sempre il suo trono e il suo regno ovvero di portare salvezza all’intera umanità. L’Unigenito di Dio doveva così venire nel mondo come vero uomo nascendo da una donna, la vergine Maria e, per il tramite di Giuseppe, fare parte della stirpe e della casa di Davide!

L’Epistola, assegnando a Gesù l’opera di redenzione e di liberazione degli uomini che Dio ritiene come figli, motiva l’incarnazione dell’Unigenito del Padre con la necessità di «rendersi in tutto simile ai fratelli» (Ebrei 2,17) che doveva liberare. Chiara allusione alla sua Pasqua di morte e di risurrezione e che, a ben guardare, fa da sfondo al brano evangelico oggi proclamato. Da esso risulta che tutti i componenti della famiglia di Nazaret accettano consapevolmente il volere di Dio su di essi.

Gesù in perfetta totale adesione alle “cose del Padre suo” (Luca 2,49), Maria e Giuseppe con un sì e un’obbedienza senza riserve, anche se non sempre e non subito hanno compreso ciò che Gesù «aveva detto loro» (Luca 2,50). Di qui l’esemplarità della Santa Famiglia per tutte le famiglie, così declinata nel Prefazio: «Nella casa di Nazaret regna l’amore coniugale intenso e casto; rifulge la docile obbedienza del Figlio di Dio alla Vergine Madre e a Giuseppe, l’uomo giusto a lei sposo; e la concordia dei reciproci affetti accompagna la vicenda di giorni operosi e sereni».

Potremmo dire che il segreto della Santa Famiglia è, di conseguenza, l’obbedienza alla volontà di Dio. È proprio l’accettazione della volontà di Dio e dei suoi grandiosi progetti sulla famiglia e sui suoi singoli componenti a far sì che tutte le famiglie si regolino al loro interno e nelle più ampie relazioni avendo come norma suprema «la legge dell’amore evangelico» (Orazione Dopo la Comunione).

È la legge che evidenzia la speciale vocazione della famiglia e le consente di sperimentare quei «dolci affetti» che sostengono nel non facile cammino della vita e che rendono più agevole da parte dei coniugi compiere «la loro missione di sposi e di educatori» e che inducono i figli a prestare loro quell’obbedienza che, appunto, «nasce dall’amore» (Orazione All’inizio dell’Assemblea liturgica).

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In queste pagine potete trovare il commento alla liturgia domenicale e festiva secondo il RITO AMBROSIANO, curata da don Alberto Fusi.

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