30 gennaio 2010 – Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
1. L'ultima domenica di Gennaio
È riservata, nella nostra tradizione liturgica ambrosiana, alla celebrazione della festa della Santa Famiglia di Nazaret.
Il Lezionario prevede le seguenti lezioni bibliche: Lettura: Siracide 7,27-30.32-36; Salmo 127; Epistola: Colossesi 3,12-21; Vangelo: Luca 2,22-33. Alla Messa vespertina del sabato viene proclamato Giovanni 20,11-18 quale Vangelo della risurrezione.
2. Vangelo secondo Luca 2,22-33
In quel tempo. 22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23com’è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
31preparata da te davanti a tutti i popoli:
32luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
3. Commento liturgico-pastorale
Il brano evangelico, inserito nel racconto della natività e dell’infanzia di Gesù, in un primo momento (vv. 22-24) riferisce i passi compiuti da Maria e da Giuseppe in ottemperanza alla “Legge di Mosè” che prescrivono riti di “purificazione” dopo il parto riguardanti la madre (cfr. Levitico 12,2-5) e l’offerta a Dio di Gesù, il loro figlio “primogenito” (cfr. Esodo 13,2). Riti che si compiono nel tempio di Gerusalemme che è il luogo eletto da Dio per significare la sua presenza in mezzo al suo popolo.
Segue l’incontro con Simeone del quale viene prima tracciato un profilo (vv. 25-26) come «uomo giusto e timorato di Dio» che aspettava “il conforto di Israele” ossia aperto e disponibile ad accogliere la visita di Dio a beneficio del suo popolo. Egli è soprattutto un “profeta” come insinua l’espressione: «lo Spirito Santo era su di lui» e porta nel cuore la rivelazione dell’imminente venuta del Messia.
I vv. 27-32 riportano i gesti e le parole pronunziate da Simeone in un contesto di “benedizione” del Signore e mentre teneva tra le sue braccia il bambino Gesù che riconosce come la “salvezza” personificata e come “luce” destinata a far uscire tutte le genti della terra dall’oscurità dell’incredulità e dell’idolatria e come “gloria”, ossia rivelazione di Dio al popolo di Israele.
Il v. 33, infine, registra la reazione “stupita” di Maria e di Giuseppe davanti a ciò che hanno visto e ascoltato.
Collocata nel peculiare contesto del tempo dopo l’Epifania la presente festività liturgica vuole certamente mettere in luce il carattere di esemplarità che la Famiglia di Nazaret riveste per tutte le nostre famiglie, ma sottolinea ancora una volta l’epifania del Figlio di Dio fatto uomo.
Egli, «svuotandosi della sua gloria divina», si fa in tutto uno di noi a cominciare dal mettersi totalmente nelle mani di un papà e di una mamma come avviene per ognuno di noi. I suoi primi giorni sono contrassegnati da un totale abbandono alla volontà di Dio, inizialmente manifestata nella “Legge di Mosè” e che contraddistinguerà tutta la sua esistenza fino alla fine, fino alla sua morte di croce.
Lui, che è il Figlio dell’Altissimo, viene “riscattato” con una «coppia di tortore o due giovani colombe», perché i suoi genitori non sono in grado di offrire un “agnello di un anno” come prescrive il libro del Levitico 12,6. Tutto ciò rinnova nella Chiesa la grazia del Natale come apparizione nel mondo della “salvezza”, della “luce”, della “gloria” e della “consolazione” di Dio donata a tutti gli uomini.
Dalla Famiglia di Nazaret, inoltre, nella quale Dio ha «collocato le arcane primizie della redenzione del mondo» (Prefazio) impariamo a fondare le nostre famiglie sull’accoglienza e sull’obbedienza alla Legge del Signore che è tutta riassunta nel precetto della carità così declinata dall’apostolo Paolo: «rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro» (Epistola, Colossesi, 3,12-13).
Tale precetto esige naturalmente l’osservanza di ciò che è stabilito da Dio nel cuore di tutti i figli verso i loro genitori: «Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare le doglie di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato: che cosa darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?» (Lettura Siracide, 7,27-28).
Sappiamo bene che tale visione sulla famiglia fatica a conservarsi anche nelle nostre comunità ecclesiali. La tentazione di sganciare la famiglia dai disegni fondativi di Dio e dalla sua volontà su di essa fa breccia anche tra di noi. Occorre guardare, perciò, alla Famiglia di Nazaret, penetrare nel suo “segreto” e fare di tutto per rimanere fondati e fermi sulla divina volontà.
Per questo così preghiamo all’inizio dell’Assemblea Liturgica: «O Dio onnipotente, che hai mandato tra noi il tuo unico e dilettissimo Figlio a santificare i dolci affetti della famiglia umana e a donare, con la sua immacolata condotta e con le virtù di Maria e di Giuseppe, un modello sublime di vita familiare, ascolta la preghiera della tua Chiesa: concedi ai coniugi le grazie della loro missione di sposi e di educatori e insegna ai figli l’obbedienza che nasce dall’amore».
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